[27/11/2009] News

Masullo (Greenaccord) risponde a Gotti Tedeschi: «Oggi non si generano più "nuovi bambini", ma "nuovi consumatori"»

VITERBO. In un suo intervento di prima pagina sul "Sole 24 ore" di mercoledì, il neo-presidente dell'Istituto opere di religione (Ior), Ettore Gotti Tedeschi, sostiene di avere con troppa frequenza «letto o ascoltato, negli ultimi tempi, considerazioni di chi, per spiegare fenomeni economici o climatici, mette in discussione l'utilità della vita umana». L'articolo di Gotti Tedeschi, che è stato nominato nel settembre scorso alla presidenza della banca del Vaticano, salta con grande disinvoltura da considerazioni di spessore (ad esempio quando ricorda giustamente che è la ricerca tecnologica a migliorare, se ben indirizzata, la qualità della vita, e che «questa ricerca si può sostenere se la ricchezza cresce», il che è come dire che solo nella quantità si può avere la qualità) ad altre che lasciano invece molto perplessi: a parte le considerazioni di impronta vagamente clima-scettica, si ha l'impressione che secondo Gotti Tedeschi il dibattito sulla sostenibilità veda da una parte coloro che danno valore alla vita umana, e dall'altra coloro che, impregnati di un neo-malthusianesimo morboso, non solo pensano ad un futuro in cui la finitezza delle risorse potrebbe imporre politiche di pianificazione della popolazione, ma addirittura auspicano questo futuro perchè considerano, in buona sostanza, l'uomo come «il nemico da sconfiggere per salvare la terra».

Insomma, le sconfitte teorie neo-Malthusiane degli anni '70 del secolo scorso, secondo il presidente della banca del Vaticano, sono ancora vive e vegete, e anzi le prospettive di scontro devastante tra crescita della popolazione e finitezza delle risorse che alcuni analisti ancora oggi "osano" ipotizzare per il futuro sarebbero in ultima analisi dei deliri filosofici di chi non comprende il valore della vita umana.

Considerazioni, queste, che speravamo fossero state sconfitte dall'evidenza dell'insostenibilità del paradigma economico, produttivo e sociale ancora oggi predominante. Poichè, pur con mille distinguo, non si può non considerare che le posizioni di Gotti Tedeschi sono comunque radicate (anche) in alcuni settori particolarmente ideologizzati del mondo cattolico, abbiamo pensato di chiedere al direttore scientifico di Greenaccord, Andrea Masullo, il suo parere a riguardo. L'associazione che in questi giorni si riunisce a Viterbo è infatti, in un certo senso, un punto di incontro tra il mondo cristiano e quello del dibattito sulla sostenibilità, e ha quindi decisamente voce in capitolo riguardo alla questione citata.

Secondo Masullo, «quelle di Gotti Tedeschi sono tesi abbastanza sorprendenti. Lui cita delle opere di economia sì abbastanza recenti, ma in pratica obsolete davanti all'evoluzione che si è avuta negli ultimi anni nell'ambito del dibattito. Parla di una terra con 3,5-4 miliardi di abitanti, quindi l'equazione "più popolazione = più Pil" è valida, ma solo in una situazione diversa da quella attuale: oggi la popolazione terrestre è di 6,7 miliardi circa, e Herman Daly, ex-vicepresidente della Banca mondiale, ha sostenuto che negli Stati Uniti i 2/3 del Pil sono prodotti da attività relative alla riparazione dei danni causati dall'altro terzo: smaltimento dei rifiuti, disinquinamento, cura delle malattie.

Quindi - prosegue Masullo - possiamo dire che ad aver prodotto effettivo benessere è solo 1/3 del Pil, per quanto riguarda gli Usa. Quindi oggi, l'equazione citata non è valida, perchè l'azione economica, o meglio il sistema consumistico predominante, produce più danni che benefici.

Occorre ricordare che al 1950 i paesi sviluppati provenivano da due guerre mondiali, quindi l'economia si è all'epoca incentrata sulla produzione di strutture utili per il futuro: infrastrutture, organizzazione dei sistemi sociali, eccetera. Poi, raggiunto il benessere, siamo passati dall'economia dei produttori a quella dei consumatori: anzichè "produrre futuro", cioè, abbiamo creato un'economia distruttrice che non guarda più al futuro, ma si basa sul "day by day".

E, con questo paradigma, più cresce la popolazione e più il sistema diventa distruttivo. Già allo stato attuale, se portassimo tutti i cittadini del mondo ad un livello di consumo analogo a quello che è praticato da 1/5 della popolazione, il pianeta non basterebbe. Ecco perchè trovo un po' naif la posizione espressa mercoledì da Gotti Tedeschi».

Quindi come replicherebbe alle posizioni espresse dal presidente dello Ior?

«Direi che è vero, comunque, che il problema demografico non può essere affrontato dallo Stato come avviene in Cina: ci sono degli ovvi problemi che investono sia l'etica sia la libertà della persona. Ma allora serve il radicamento di una cultura della responsabilità e della "auto-pianificazione familiare": se uno vuole 10 figli ha il diritto di procrearli ovviamente, ma che almeno sappia l'impatto che questo ha sul pianeta.

Ecco che non si possono introdurre, come fa in buona sostanza il presidente dello Ior, considerazioni etiche basate sul "crescete e moltiplicatevi" nell'analisi del contesto attuale: il principio poteva avere valore etico nell'antichità, quando c'era un pianeta da popolare. Oggi è invece tutto un altro suono: dire "crescete e moltiplicatevi" in un mondo in cui la gente muore di fame, è appunto un po' naif.

Se noi non ci poniamo il problema dell'autocontrollo, allora (come avviene in tutti gli ecosistemi limitati), quando si esce dai limiti posti la limitazione avviene per via "naturale", che per noi umani è drammatica. Mi domando: noi che ci auto-definiamo una specie "intelligente" e caratterizzata da una "etica", vogliamo arrivare in futuro ad una prospettiva così brutale? E ancora, consideriamo, le morti di massa che avvengono nei paesi più poveri non avvengono per i limiti posti dal pianeta, ma per le diseguaglianze sociali».

Quindi secondo lei, e usando una terminologia un po' cinica, possiamo dire che le morti causate dal rendiconto che il pianeta chiede per i suoi limiti "non sono ancora iniziate"?

«No, credo sia il problema sia il sistema economico vigente, che crea disuguaglianze nella distribuzione delle risorse. Non credo, invece, che il problema sia già l'assenza di risorse. Ma non sono certo che si saprà rispondere al problema anche nel 2050, quando secondo le stime saremo 9,1 miliardi di persone sul pianeta. Anzi, tutto fa pensare che sarà difficile, se non impossibile.

Questo anche perchè ancora non sappiamo la capacità di carico effettiva del pianeta: e certo non si può prescindere da questo su base ideologica o pregiudiziale, come fa invece, nel citato intervento, Gotti Tedeschi».

Ma, a suo parere, "con chi ce l'ha" il presidente dello Ior? Se la prende con nemici immaginari o reali, secondo lei? Ed è da considerarsi assurdo pensare al possibile momento futuro (decisamente temibile, e da evitarsi in ogni modo) in cui, in assenza di una evoluzione delle politiche economiche, dovesse davvero pararsi davanti all'intero mondo, e non alla sola Cina come ora, il problema della pianificazione delle nascite, davanti alla limitata disponibilità di risorse? La questione, peraltro, è stata accennata anche da Janet Larsen dell'Earth policy institute nella sua relazione di mercoledì al forum Greenaccord.

«Occorre distinguere, a questo proposito, l'analisi macroeconomica dalle questioni etiche: pensare ai limiti posti dalla realtà materiale è cosa diversa dall'avanzare considerazioni etiche. Questi studi sul controllo delle risorse sono ambiti di ricerca delicati, ma che vengono comunque affrontati perchè sono necessari all'analisi della realtà, cioè del "campo di gioco".

Ma distinguere analisi etica ed economica non significa contrapporre questi due ambiti: il discorso etico si deve innestare su una conoscenza realistica della situazione. Una cosa è fare un discorso egoistico (diciamo un discorso basato, cioè, sul "signori, non c'è più posto"), altro è fare un'analisi basata sui limiti demografici: e davanti a questa prospettiva, allora, l'egoismo "diventa" fare 10 figli e contemporaneamente fregarsene della finitezza delle risorse.

E' un argomento, questo, su cui mi piacerebbe aprire un dibattito interno alla chiesa cattolica. La mia posizione, in poche parole, sarebbe quella di domandare ai vari analisti che, all'interno del mondo cattolico, la pensano come Gotti Tedeschi qual è la loro proposta per il modello di sviluppo sociale da perseguire. Io non entro sul piano etico, ognuno ha la sua visione e io personalmente sposo quella cristiana, ma c'è un fatto di numeri: mi si dimostri il limite massimo di popolazione oltre il quale non si può più pensare "crescete e moltiplicatevi" secondo questi analisti, e a quel punto ne discutiamo.

In conclusione, io credo abbia detto bene Erik Assadourian del Worldwatch institute mercoledì corso al forum di Greenaccord: il problema è che il "crescete e moltiplicatevi" oggi è diventato la base del sistema capitalistico, e si applica non più su basi etiche, ma mercantili. Oggi non si generano più "nuovi bambini", ma "nuovi consumatori", e questo è il significato che al giorno d'oggi ha assunto il "crescete e moltiplicatevi": altro che etica».

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