[27/11/2009] News

Pacifico: le isole paradiso rischiano l'inferno alimentare

LVORNO. Palau, Stati federati della Micronesia, Isole Marshall, Kiribati, Nauru, Papua Nuova Guinea, Figi, Isole Salomone, Vanuatu, Tuvalu, Samoa, Tonga, Niue, Isole Cook, piccoli Stati difficili da trovare perfino sulla carta geografica, spersi e frammentati nell'immensità dell'Oceano pacifico insieme a quel che rimane degli imperi francese e britannico ed agli avamposti statunitensi turistico-militari. Eppure secondo il rapporto "Climate Change and Food Security in the Pacific" della Fao in questi microscopici stati sugli atolli o sulle isole maggiori ricoperte da montagne e foreste impenetrabili, paradisi da cartolina e da ricerca etnografica e zoologica, «Il cambiamento climatico avrà pesanti ripercussioni sul settore agricolo, forestale ed ittico delle isole del Pacifico, con conseguente aumento dell'insicurezza alimentare e della malnutrizione».

Quel che i turisti non vedono nelle limpide de acque del Pacifico è insomma la frontiera del global warming che avanza, quel che non sentono venire dalle barriere coralline è il grido di allarme di chi il cambiamento climatico lo sta vivendo sulla propria pelle e presto lo sentirà anche nella sua pancia.

Secondo il documento preparato dalla Fao per presentarlo al vertice di Copenaghen «Il cambiamento climatico avrà un "effetto negativo moltiplicatore" in una regione che è già sotto una grande pressione ecologica ed economica. Le isole del Pacifico dovranno fare i conti con l'innalzamento del livello del mare, con il riscaldamento e l'acidificazione degli oceani, con alterazioni delle precipitazioni e della quantità di esposizione ai raggi solari, con modelli alterati di circolazione atmosferica ed oceanica e con una maggiore frequenza di eventi climatici estremi, quali i cicloni tropicali o prolungati periodi di siccità.

Molti di questi eventi potrebbero avere ripercussioni negative sulla resa agricola ed ittica, e dunque sulla sicurezza alimentare. Il degrado del territorio e dell'ecosistema marino, l'aumento delle temperature, l'erosione del suolo, la salinizzazione del terreno e la perdita dei nutrienti, la diffusione di malattie ed infestazioni, una maggiore frequenza di incendi boschivi, di siccità ed inondazioni, pongono a serio repentaglio la produzione alimentare di queste isole».

Presentando il rapporto, il vice direttore della Fao Alexander Müller ha sottolineato che «I contadini non devono essere lasciati soli di fronte alle minacce del cambiamento climatico. I Paesi ed i loro partner per lo sviluppo devono far sì che essi ricevano le migliori informazioni a disposizione sulle possibili varietà di colture come pure sulle possibili diverse gestioni del terreno e delle risorse idriche per meglio adattarsi al cambiamento climatico. Quelle isole del Pacifico con produzione agricola a monocoltura, dovranno considerarne la ricaduta futura sulla sicurezza alimentare, poiché sistemi agricoli diversificati sono in grado di reagire meglio a mutati scenari climatici. Sistemi integrati, che comprendano colture, alberi e possibilmente zootecnia offrono migliori opportunità per un'intensificazione sostenibile della produzione alimentare, creando al tempo stesso un ecosistema più resistente».

Ma il cambiamento climatico minaccia l'unica industria dei più piccoli Stati insulari: quella ittica, mettendo così davvero a rischio la sua sostenibilità e la stessa sicurezza alimentare di un'intera regione che «dipende fortemente dal pesce come fonte primaria di proteine e di reddito, derivante dall'affitto delle acque territoriali a flotte straniere - spiega la Fao - La pesca di sussistenza e commerciale, in particolare quella di varie specie di tonno, è il perno di molte economie delle isole del Pacifico. Un possibile cambiamento nella distribuzione e nella disponibilità di tonno nel lungo periodo avrà serie implicazioni per la redditività della pesca industriale e per la relativa industria conserviera del Pacifico occidentale. La pesca di sussistenza e commerciale dovrà diversificare la produzione, le infrastrutture e la distribuzione per riuscire ad adattarsi a bruschi cambiamenti ambientali ed industriali».

Secondo il rapporto rapporto "Climate change and food security in the Pacific" sono a rischio anche le foreste e la loro ricchissima e spesso rarissima biodiversità: «L'impatto del cambiamento climatico unito al supersfruttamento delle risorse forestali della regione, porrà un'enorme pressione sulle rimanenti foreste».

Non si tratta solo di una questione "ambientale" ma anche di risorse per l'uomo che da foreste ed alberi trae importanti alimenti di base, come dall'albero del pane, mango, agrumi e noci di cocco. In più le foreste di mangrovie sono spesso l'unica barriera contro l'erosione costiera, le mareggiate e gli tsunami, ed offrono l'habitat necessario per moltissime specie di pesci che permettono alle comunità locali di esercitare la piccola pesca.

«I governi della regione dovrebbero essere aiutati a gestire in modo sostenibile le foreste ed a promuovere sistemi agroforestali integrati - dice la Fao - Andrebbe infine riconosciuto l'importante ruolo delle foreste nel sequestro di carbonio».

Müller ne approfitta per avanzare delle richieste ai leader mondiali che andranno a Copenhagen: «I negoziati internazionali sul cambiamento climatico dovranno tenere in considerazione lo stretto legame che esiste tra sicurezza alimentare e riscaldamento globale. Le isole del Pacifico devono essere sostenute nella messa in pratica nei loro Programmi nazionali d'azione di adattamento, includendo in essi anche tutte le questioni di sicurezza alimentare. Occorre maggiore ricerca nel settore agricolo e forestale e nella pesca per identificare e promuovere l'impiego di varietà più resistenti al sale ed alla siccità. Non agire oggi potrebbe portare ad un aumento della povertà, dell'instabilità politica e dei conflitti».

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