[15/12/2009] News

Copenhagen: la rabbia africana scompagina agenda e calendario

LIVORNO. L'Africa ieri ha bloccato per qualche ora i lavori del più grande summit mondiale mai tenuto sui destini del Pianeta. A Copenhagen il continente dimenticato ha fatto irruzione nel recinto dei negoziati dei grandi, scompaginando agende e calendari già scritti, a cominciare dal futuro del Protocollo di Kyoto che in molti vorrebbero vedere estinto entro il 2012 e che invece Africa e G77 vogliono continui anche dopo.

Il colpo africano è stato sferrato (non si sa se per disperazione o per calcolo) proprio mentre gli aerei presidenziali della crema della leadership mondiale stavano rullando sulle piste per raggiungere la capitale danese ed anche il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon è stato preso di sorpresa, mentre si apprestava a lasciare New York per il summit finale di alto livello della Cop 15, ma la sua sorpresa è durata poco: ha subito approfittato della "rivolta" africana per chiedere ai 115 leader del mondo che saranno a Copenhagen di smetterla di tergiversare e di trovare un accordo per fermare il global warming.

Durante una conferenza stampa indetta prima di partire per il vertice Unfccc, Ban ha detto: «E' una settimana critica. Ora è il momento di agire. Raramente nella storia, una scelta è stata così chiara. Possiamo andare avanti verso un avvenire di crescita verde che sia sopportabile o possiamo continuare a discendere il pendio che porta alla rovina.  Possiamo agire, oppure lasciare ai nostri figli e nipoti un debito che non potrà mai essere rimborsato. Non è più tempo di tergiversare, di tenere la posizione o di fare delle accuse: ogni Paese deve apportare il suo contributo per concludere un accordo a Copenhagen. Mi appello particolarmente ai negoziatori che devono raddoppiare i loro sforzi questa settimana. Se lasciamo ai leader il compito di risolvere tutto all'ultimo minuto, rischiamo di avere un accordo debole, e forse nessun accordo del tutto. Si tratterebbe di un fallimento con conseguenze potenzialmente catastrofiche».

Ban Ki-moon non ce l'ha solo con i politici, ha affrontato anche il tema del cosiddetto "climategate": «Un tentativo di far deragliare il processo ha avuto luogo anche di recente, alcuni pretendono che la scienza non abbia degli argomenti forti sul cambiamento climatico. Hanno torto. La scienza è chiara e ben definita. Il cambiamento climatico é reale e noi ne siamo la causa principale, dobbiamo, qui e subito, affrontarlo. Certo, i negoziati sono difficili e complessi, ma sono tra i più ambiziosi mai intrapresi dalla comunità mondiale. Mentre i gas serra continuano ad aumentare, mentre le conseguenze  climatiche schizzano in alto, la natura non negozia. A Copenhagen, occorre quindi dar prova di uno spirito di compromesso e buon senso. Se Copenhagen è solo un inizio, deve comunque permetterci di anticipare le implicazioni finanziarie a medio e lungo termine della lotta contro il cambiamento climatico. E' essenziale che lasciamo Copenhagen con una comprensione chiara della maniera in cui risponderemo alle sfide finanziarie fino al 2020. Mentre parto per Copenhagen, sono fiducioso che un accordo equo sia alla nostra portata, un accordo che possa essere accolto da tutte le nazioni, grandi e piccole, ricche e povere».

Ban a Copenhagen troverà però una "tregua armata" tra molti Paesi industrializzati che sperano di avviare già ora un nuovo accordo politico che in Messico, nel 2010, sostituisca il Protocollo di Kyoto e i Paesi in via di sviluppo, soprattutto quelli meno responsabili delle emissioni di gas serra come l'Africa e i piccoli Stati insulari, che vogliono estendere il protocollo oltre il 2012 e coinvolgere anche i Paesi emergenti.

Ieri, dopo il blocco temporaneo dei lavori imposto dai 53 Paesi africani, il segretario esecutivo  della Framework Convention on Climate Change dell'Onu (Unfccc), Yvo de Boer, ha detto: «Credo che questo non sia solo una preoccupazione africana. Penso che la stragrande maggioranza dei Paesi in via di sviluppo qui vogliono vedere la continuazione del Protocollo di Kyoto». E gli africani qualcosa hanno strappato, visto che oggi il Protocollo di Kyoto è in cima alla lista degli argomenti delle consultazioni informali a Copenaghen. Per de Boer «I colloqui sono a metà della salita, la cui vetta è l'accordo raggiunto dai leader mondiali alla fine della riunione di due settimane di Copenaghen. Penso che siamo in coda per la funivia, ma il resto del viaggio può essere veloce, liscio e rilassante. Una delle sfide che rimangono è di come ottenere l'impegno dei Paesi, la volontà dei Paesi ad agire per un accordo finale alla fine di questa settimana».

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