[21/12/2009] News

Copenhagen...c'è del marcio in Danimarca (e non solo lì)

LIVORNO. L'accordicchio di Copenhagen chiude un "green anno" che per lunghi tratti ci aveva fatto sperare in una svolta epocale che per ora non c'è stata. A Babbo natale non ci crediamo più da un pezzo e anche che durante le feste si è tutti più buoni è un luogo comune smentito dai fatti. Al di là delle battute si è capito che gli interessi dei singoli Stati sono ancora troppo forti rispetto al bene comune rappresentato dalle risorse del pianeta. Così come nulla è cambiato in finanza dopo il crack mondiale, così nulla ancora è cambiato sul clima nonostante le evidenze scientifiche. Una constatazione per molti banale e scontata ma terribile nelle sue conseguenze. L'ognun per sé non ha mai dato alcun frutto e la cosa devastante è che lo schiaffo più forte l'ha preso l'Europa. L'Europa che fu avanguardia sul clima (e non solo) e che ora si ritrova a fare la comparsa o quasi in un pessimo film di serie B e che ora spera di riavere un ruolo a Bonn tra circa sei mesi.

L'illusione che il nuovo presidente degli Stati Uniti riuscisse dove nessun altro era riuscito prima è rimasta tale e anzi, il Cop15 ha offuscato assai la figura di Barack Obama. Qualche giustificata motivazione ce l'ha e la colpa del fallimento non la si può dare solo a lui, ma troppe dichiarazioni si è dovuto rimangiare e pure nell'arco di pochissime ore a dimostrazione di una leadership assai evanescente.  Il climategate ha fatto più notizia dei disaster movie e forse anche qui c'è da ricercare le motivazioni del flop.

Drammatico più del resto il messaggio che una battaglia globale contro il cambiamento climatico sia nella sostanza un'occasione da non cogliere al volo per rilanciare uno sviluppo sostenibile, bensì un impedimento alla crescita economica dei singoli Stati. Un messaggio che vanifica uno scenario faticosamente costruito sulla scia di una crisi economico-ecologica-sociale e alimentare che, nella sua complessità e gravità, aveva smosso gli interessi persino delle multinazionali.

Restiamo tuttavia convinti che molti aspetti della necessità di uno sviluppo sostenibile non verranno spazzati via dal summit sul cui esito negativo, va detto, nessuno è rimasto del tutto sorpreso, ma di certo un accordo avrebbe dato linfa vitale a tutto il movimento. Così l'ottimismo della volontà ci fa ancora credere che se anche si è persa una battaglia importantissima la guerra non sia affatto finita e che anzi ora più che mai bisogna tener duro e proporsi in modo costruttivo in funzione dei prossimi tentativi di accordo globale. D'altronde che in Danimarca ci fosse "del marcio" ce lo aveva già detto persino William Shakespeare...

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