[22/12/2009] News

E se il 2015 fosse l'anno della green economy reale?

LIVORNO. C'è in Italia un «disegno di legge sulla nuova politica industriale varato dal governo il 22 settembre 2006, le cui previsioni sono state recepite dalla Legge Finanziaria 2007» e che «stabilisce le linee strategiche per lo sviluppo e la competitività del sistema produttivo italiano del futuro, fondato su: un concetto di industria esteso alle nuove filiere produttive che integrano manifattura, servizi avanzati e nuove tecnologie; un'analisi degli scenari economico-produttivi futuri che attendono il nostro Paese in una prospettiva di medio-lungo periodo (il 2015)». La strategia del Governo «individua nelle reti di impresa, nella finanza innovativa e soprattutto nei Progetti di Innovazione Industriale i nuovi strumenti per garantire il riposizionamento strategico del sistema industriale italiano nell'ambito dell'economia mondiale, globalizzata e fortemente competitiva».

Si tratta di una «strategia che mira ad individuare i driver fondamentali del cambiamento in un'ottica di innovazione e ad orientare conseguentemente le scelte di politica economica. L'attuazione della strategia fa leva sulla capacità di orientare il sistema produttivo verso assetti compatibili con l'evoluzione degli scenari competitivi». Per chi non lo avesse capito stiamo parlando di Industria 2015 disegno di legge approvato dal precedente governo Prodi (qualcuno si scandalizzerà...) e tuttora vigente. Lo abbiamo ritirato fuori perché ci pare piuttosto coincidente con l'ideona di Confindustria - che guarda un po' si chiama Italia 2015 - di cui ha parlato il presidente Emma Marcegaglia e che sarà presentato in marzo. Nella pagina del Sole24Ore di sabato scrive Guido Gentili che quello che può fare la politica per Italia 2015 è: «iniettare fiducia, per il paese e per sé». Perché "saper guardare in faccia la realtà è il primo dovere della politica» e non possiamo che concordare ma, forse, la politica qualche volta ci azzecca e con Industria 2015 ci pare che lo avesse fatto. Nella stessa pagina, tra l'altro, si pubblicano vari interventi di illustri "esponenti del mondo dell'economia, della cultura, della scienza, della ricerca» a cui il quotidiano economico ha chiesto quali sono, settore per settore, «i driver da attivare per vedere un'Italia diversa» e, sorpresa, la parola chiave è "innovazione". E allora citiamo sempre quanto viene detto circa Industria 2015: «Questa capacità di orientamento si esplica da un lato nell'individuazione di aree tecnologiche produttive e di specifici obiettivi di innovazione industriale da realizzare; dall'altro nella mobilitazione intorno a tali obiettivi delle amministrazioni centrali e locali, del mondo imprenditoriale, delle università, degli enti di ricerca e del sistema finanziario».

Andiamo però oltre, perché altrimenti sembra solo un giochino. Industria 2015 è fortemente incentrato sul riorientamento dell'economia verso innovazioni ambientalmente sostenibili che stando a quanto dice oggi Andrea Moltrasio, vicepresidente di Confindustria, per l'Europa, a seguito del fallimento di Copenhagen, dovrebbero avere a cuore proprio gli industriali. Dice infatti Moltrasio di essere deluso dall'esito del summit sul clima perché occorre «credere nella capacità della nostra industria di essere efficiente, proponendo nel mondo tecnologia a più basso impatto ambientale». Ma per far questo «serve più innovazione e un legame - più stretto tra imprese, università e centri di ricerca». Ora è vero che Moltrasio ritiene che «Serve una rivoluzione copernicana che metta al centro non l' obiettivo di riduzione delle emissioni ma una soluzione del problema di tipo tecnologico e l'im­presa che deve elaborarla», cosa della quale non siamo affatto convinti, ma certamente la lotta al global warming e più in generale per la sostenibilità passa assolutamente anche dallo sviluppo tecnologico e quindi dall'industria. E questo vale a livello mondiale, a livello nazionale e a livello regionale. Tra l'altro tra i vari interventi pubblicati dal Sole almeno uno, quello di Pier Luigi Cervellatu, va proprio in questa direzione: «Per ridisegnare il territorio da oggi al 2015 dobbiamo invertire la marcia rispetto a quanto si è visto negli ultimi quindici anni, prendendo l'Alto Adige come modello. Risparmio energetico, rispetto dell'ambiente e riqualificazione ambientale hanno anche creato nuova economia. In Germania dicono che la città che cala nella sua estensione ha futuro: hanno ragione».

Ma Confindustria nazionale quali voci ascolterà? Quale strategia ha in mente? Ancora non è dato saperlo, anche se poi a livello regionale si scopre che ci sarà una Toscana 2015 e che, parole del presidente Mansi, ha tre punti basilari: competitività di sistema, riposizionamento internazionale e costi di sistema. A nostro modestissimo avviso, quindi, Industria 2015 aveva già individuato da tempo uno scenario plausibile anticipando persino la crisi. Quella di Confindustria di programma ci pare una ricopiazzata che arriva se non proprio fuori tempo massimo almeno in colpevole ritardo. Politica e industria dovrebbero assolutamente parlare di più ma senza confondere i due livelli altrimenti è un dialogo fra sordi. L'economia ecologica è l'unica vera strada che può armonizzare i due punti di vista, a patto che ci si creda veramente e su questo abbiamo ancora molti dubbi.   

Torna all'archivio