[28/12/2009] News

Wen Jiabao eroe del clima? La Cina cerca di convincere i Paesi in via di sviluppo

LIVORNO. Che la Cina sia in grosse difficoltà nello spiegare ai Paesi in via di sviluppo (e qualcuno dell'Ue) il suo atteggiamento al summit Onu sul clima di Copenhagen lo spiega meglio di ogni altra cosa la lunga e minuziosa ricostruzione degli incontri, spostamenti, discorsi di Wen Jiabao alla Cop 15, intitolata "Cambiamento climatico: le 60 ore del primo ministro cinese a Copenhagen", pubblicata con grande rilievo il 26 dicembre dall'agenzia ufficiale Xinhua e dal Quotidiano del Popolo.

Il reportage di 5 pagine non si limita a ricostruire le mosse dei cinesi ma evidenzia il ruolo essenziale svolto in comune accordo dal Basic (Brasile, Sudafrica, India, Cina) per salvare i negoziati di fronte ad un tentennante Barack Obama che viene descritto dai cinesi senza nessuna diplomazia, svelando anche retroscena dei colloqui che in altre occasioni sono stati tenuti segretissimi.

La stampa del Partito comunista cinese manda così a dire ai Paesi in via di sviluppo che la colpa è ancora una volta degli Usa: «Il primo ministro cinese ha pronunciato un discorso importante per riaffermare la posizione costante del governo cinese ed ha chiesto alle differenti Parti di trovare delle convergenze di vedute, di intensificare la loro cooperazione e promuovere insieme il processo storico della lotta contro il cambiamento climatico. Di fronte a questa situazione complessa tanto all'interno che all'esterno della sala delle riunioni, ha lavorato attivamente malgrado le numerose difficoltà, facendo da intermediario tra le diverse parti con la più grande volontà politica e la più grande pazienza. E, soprattutto, al momento cruciale in cui la Conferenza rischiava di terminare senza alcun risultato, ha condotto di persona numerose consultazioni difficili e sottili con le parti interessate ed ha contribuito così all'adozione finale dell'Accordo di Copenhagen. La storia renderà merito all'importante contributo del governo cinese alla Conferenza di Copenhagen».

Il Quotidiano del Popolo riporta come monito la frase di quello che si vorrebbe far passare come un novello e modesto eroe socialista della lotta al global warming: «Coloro che sono prudenti, anche se appaiono timidi all'inizio, finiranno per dar prova di coraggio», avrebbe detto Wen sulla scaletta dell'aereo che lo portava nella capitale danese per sconfiggere le trame imperialistiche.

Ma forse l'edificante quadretto si è spinto un poco oltre e precisazione chiama precisazione, tanto che ieri la solita Xinhua ospitava un'altra interessante intervista a Wen Jiabao che metteva i puntini sulle i anche per quel che riguarda gli impegni nazionali: «La Cina deve lottare per il suo diritto allo sviluppo affrontando il problema del cambiamento climatico - ha detto il premier cinese. Il fatto che lo sviluppo sia la priorità dei Paesi in via di sviluppo non deve essere ignorato».

La ribellione di molti Paesi che temono un ruolo predominante della Basic preoccupa Wen che chiede a tutti di «Riconoscere i risultati difficilmente acquisiti durante la conferenza sul cambiamento climatico a Copenhagen e a dare il proprio consenso sulle future misure da prendere di fronte al riscaldamento del pianeta. Dobbiamo guardare avanti e cooperare di fronte al cambiamento climatico. Il governo cinese manterrà la sua posizione a questo riguardo. La Cina si è sforzata di giocare un ruolo positivo e costruttivo durante la conferenza di Copenhagen. Abbiamo fatto il massimo e adempiuto ai nostri obblighi».

Un linguaggio molto accorato che è evidentemente necessario per tappare le falle di credibilità aperte dall'atteggiamento cinese alla Cop 15. I cinesi insistono sul fatto che anche se i documenti di Copenhagen non sono giuridicamente obbligatori, confermano il quadro dell'Unfccc e del Protocollo di Kyoto e che «Questo accordo chiarisce anche gli obblighi e le rispettive azioni dei Paesi sviluppati e dei Paesi in via di sviluppo, conformemente al principio delle "responsabilità comuni ma differenziate"».

Purtroppo per i cinesi, in molti cominciano a pensare che le "responsabilità comuni ma differenziate" debbano riguardare anche il Paese più inquinante del mondo e quelli emergenti del Basic che non possono più chiedere gli stessi "privilegi" dei poveri e poverissimi. La Cina è cosciente della possibile rottura con i suoi alleati "terzomondisti" che sono essenziali (anche come mercati) per garantire la sua rapida crescita, quindi Wen rilancia e chiede a tutto il mondo di capire che lo sviluppo resta la priorità dei Paesi in via di sviluppo: «Alcuni dicono che non dobbiamo perdere tempo con la storia (i Paesi industrializzati sono stati responsabili della maggior parte delle emissioni di gas serra per secoli). Ma è un fatto che non possiamo ignorare. Circa 1,6 miliardi di persone non hanno ancora accesso all'elettricità ed altri 2,3 miliardi devono bruciare del carbone o del legno per riscaldarsi o cucinare. Se ignoriamo la storia, non potremo comprendere la ragione e la ragione del divario tra ricchi e poveri, né l'importanza dello sviluppo per i Paesi in via di sviluppo».
La Cina si ripresenta quindi come campione dei poveri e se da una parte "ammette" i progressi fatti, dall'altra Wen lamenta ancora «gravi difficoltà quali la sua importante popolazione, il disequilibrio dello sviluppo tra le regioni e la povertà. La Cina non può seguire la strada dell'industrializzazione a dispetto dell'ambiente, ma dobbiamo lottare per il diritto allo sviluppo della Cina».

La pressione ed il mal di pancia internazionale deve essere molto forte se il Celeste Impero comunista ammette che la "società armoniosa" ha ancora da fare un lungo cammino, nonostante una crescita intorno al 9% in tempo di crisi internazionale.

Comunque il premier comunista conclude la sua intervista a Xinhua assicurando che «In quanto grande Paese in via di sviluppo, la Cina ha preso l'iniziativa di pubblicare il suo Piano di azione nazionale per lottare contro il cambiamento climatico. Senza alcun aiuto internazionale, la Cina ha annunciato un obiettivo di riduzione delle emissioni di anidride carbonica per unità di prodotto interno lordo dal 40 al 45% entro il 2020, in rapporto al livello del 2005. Queste azioni dimostrano che la Cina si assume le proprie responsabilità di fronte al cambiamento climatico».

Le dichiarazioni di Wen sono state accompagnate da quelle altrettanto rassicuranti di Xie Zhenhua, vice-ministro della Commissione di Stato per lo sviluppo e la riforma (il governo cinese) e capo della delegazione della Repubblica Popolare Cinese a Copenhagen : «La Cina farà sforzi incrollabili e lavorerà di concerto con la comunità internazionale per incoraggiare i negoziati sulla road map di Bali in Messico, nel 2010. La Cina svolgerà un ruolo attivo e costruttivo in favore di questi negoziati. I Paesi sviluppati che hanno ratificato il Protocollo di Kyoto devono confermare al più presto possibile la seconda fase dei loro obiettivi di riduzione delle emissioni. I Paesi sviluppati non compresi nel Protocollo dovranno però fare degli sforzi per controllare la loro emissioni ad un livello paragonabile. I Paesi sviluppati che hanno ratificato il protocollo devono rispettare i loro impegni di finanziamento a breve termine ed a lungo termine, accelerando il trasferimento di tecnologie ai Paesi in via di sviluppo».

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