[05/01/2010] News

Il libro dei buoni propositi

ROMA. È il libro dei buoni propositi dopo Copenaghen. L'elenco un po' disordinato degli impegni morali unilaterali adottati da chi non ha voluto assumerne, collettivamente, di chiari e legalmente vincolanti. Insomma è la lista accessibile via internet messa su dall'UNEP, il Programma per l'Ambiente delle Nazioni Unite che ha sede a Nairobi, in Kenya. Vi sono iscritti, in via del tutto informale, i paesi che, in assenza di un impegno multilaterale, hanno deciso politiche nazionali per contrastare i cambiamenti del clima. E, in particolare, hanno almeno annunciato un programma di riduzione entro il 2020.

I paesi iscritti sono 25, più L'Unione Europea con i sui 27 stati membri. Tra questi 25 (+ 27) paesi, ben 11 hanno un economia emergente o in via di sviluppo. L'ultimo arrivato è il Brasile, che ha deciso di limitare del 40% le emissioni di gas serra previste per il 2020. È una decisione importante, perché implica il blocco totale del processo di deforestazione dell'Amazzonia. Ma è, appunto, ha decisione fondata sulle aspettative future, più che sull'inquinamento presente.

Certo, tra quegli undici paesi a economia emergente ci sono presenze politicamente significative ma quantitativamente poco influenti, come la Costa Rica e le Maldive. Ma ci sono anche tutti quelli che "pesano": Cina, India, Sud Africa, Malaysia. È interessante elencare di seguito i loro buoni propositi.

La Cina ha deciso di diminuire entro il 2020 del 40/45% l'intensità di carbonio della sua produzione rispetto ai livelli del 2005. In pratica pone limiti all'andamento delle emissioni assolute e alla crescita economica. Assicura però che la crescita economica da qui al 2020 avverrà con una maggiore efficienza energetica.

Anche l'India ha assunto una posizione analoga: entro il 2020 diminuirà del 20/25% l'intensità di carbonio rispetto ai livelli del 2005. Allo stesso modo la Malaysia promette di diminuire del 40% l'intensità di carbonio entro il 2020 rispetto al 2005.

L'ottica, come si vede, è del tutto diversa rispetto a quella del Protocollo di Kyoto, che prevede - per i soli paesi di antica industrializzazione - una riduzione delle emissioni assolute: del 5,2% entro il 2012 rispetto ai livelli del 1990.

A quest'ottica continua a fare riferimento l'Unione Europea, che ribadisce di voler tagliare del 20% del emissioni di gas serra entro il 2020 rispetto al 1990. A Copenaghen i paesi dell'Unione hanno discusso e rifiutato una riduzione unilaterale più marcata, del 30%.

Il Giappone è il grande paese che al momento si impegna a fare di più.: entro il 2020 ridurrà del 25% le sue emissioni rispetto ai livelli del 1990.

A metà strada tra l'approccio fondato sulla qualità dei paesi a economia emergente e l'approccio fondato sulla quantità che è nella lettera e nello spirito del Protocollo di Kyoto, si pongono gli Stati Uniti. Barack Obama ha promesso che il suo paese ridurrà del 17% le emissioni assolute, ma rispetto al 2005. Il che significa, in pratica, una limatura di appena il 3% rispetto al livello del 1990.

Achim Steiner (Nella foto), direttore esecutivo dell'UNEP, si dice moderatamente ottimista. Tutti questi impegni, tenuto conto di tutti i fattori ponderabili, consentiranno al mondo di contenere le emissioni globali entri i 47,5 miliardi di tonnellate di biossido di carbonio entro il 2020. Poiché gli scienziati dicono che, per contenere l'aumento della temperatura media del pianeta entro i 2 °C a fine XXI secolo, occorre che le emissioni non superino i 44 miliardi di tonnellate di biossido di carbonio entro il 2020 (per scendere a 16 miliardi entro il 2050), il gap c'è, ma è piccolo: di appena 3,5 miliardi di tonnellate.

Dando per buoni i calcoli di Steiner, restano due punti critici. Il primo è l'evidente asimmetria tra gli impegni. Alla lunga una simile disuguaglianza non può reggere: perché il Giappone, che ha un'efficienza energetica superiore a quella Usa, deve abbattere del 25% le sue emissioni egli Usa solo del 3%?  L'altro punto critico è banale: chi ci assicura, in mancanza di vincoli legali, che questi impegni per quanto labili verranno effettivamente mantenuti?

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