[08/01/2010] News

Economy (green): ultima chiamata per la Politica

LIVORNO. Ultima (o quasi) chiamata per la Politica (con la P maiuscola non è un refuso): il mercato è più avanti di voi nelle scelte economiche che segneranno il domani sostenibile del pianeta, volete prenderne almeno atto e organizzarvi? La domanda è tutt'altro che retorica alla luce (l'ennesima) che arriva oggi dal Sole24Ore.

In seconda pagina Jacopo Giliberto - in un editoriale sotto l'emblematico occhiello Cambio di stagione - afferma un concetto che greenreport.it ha fatto suo da tempo: Il filo verde delle aziende indica il futuro. Di più, Giliberto afferma che: «Viene chiamata green economy, economia verde, ma tra pochi anni si chiamerà economy e basta, senza l'aggettivo. Tutto il sistema economico internazionale sta convertendo i sistemi produttivi, l'offerta di beni, la tipologia di prodotti. Oggi tocca agli anticipatori - aggiunge - ; si impegna nella green economy soprattutto chi ha fiutato ora il vento che soffierà sull'industria di domani. Ma le grandi scelte industriali internazionali sono già state prese. La decisione non si ascolta solamente dalle parole di Barack Obama. Il presidente degli Stati Uniti non è un visionario o un velleitario. Basta guardare che cosa sta accadendo in Cina».

Chi ha la pazienza (lo ringraziamo a prescindere) di leggerci sa quanto siamo convinti di questa idea (vedi link a fondo pagina) e di quello che afferma sempre Giliberto nelle conclusioni: «Questa "green economy" non rischia di svaporare come accadde con l'infatuazione della "new economy"? No. Qui si parla di un'economia fatta di cose vere. Fatta di cose che si possono toccare. Si parla di innovazioni ottenute con la fatica. Non sarà una bolla evanescente». Più di un segnale, tra l'altro, arriva anche dall'Italia "che lavora" con esempi di riconversione industriale piuttosto interessanti. Certo non tutto è sostenibile quello che è green (o che dice di esserlo), ma lo iato tra l'impegno dell'economia reale a dispetto delle azioni di governo resta notevole. A meno che non si voglia scambiare la scelta del nucleare per l'Italia come un esempio di green economy (che non è poi così scontato!).

Ed è dentro queste contraddizioni che, come nostro uso, alziamo ancora l'asticella del pensiero. La green economy non svaporerà e anzi sarà l'economy di domani perché non ha controindicazioni. Qualcuno è, infatti, in grado di dire che un'economia che non mette in pericolo le risorse del pianeta (energia e materia) possa creare un danno a qualcosa o qualcuno? Non parliamo di impatto zero, dovrebbe essere ormai chiaro a tutti che non esiste. E siamo oltremodo consapevoli che si tratta di un orizzonte soltanto immaginabile e con una buona dose di fantasia (anni fa ci spingemmo a dire che servirebbe un romanzo per descrivere un nuovo mondo sostenibile). Ma se questo modello di sviluppo ha mostrato le corde ambientalmente e socialmente trattasi di prova provata che esso non funziona. Come non funziona la decrescita tout court perché provoca milioni di disoccupati - con tutte le conseguenze del caso - ancorché una riduzione di materia e di energia.

Dunque, come far stare insieme queste cose? La risposta deve (dovrebbe) darla proprio la Politica avendolo guarda caso proprio come compito e che invece balbetta assai. Si è detto del governo italiano che investe nel nucleare o sul Ponte dello Stretto e non (se non briciole) nelle opere contro il dissesto idrogeologico (esempio tra i tanti). Ma anche l'opposizione non ha colto il "Cambio di stagione" basta vedere quello che ha detto ieri Bersani: «Negli Stati Uniti si discute di sanità e green economy - ha sottolineato - in Francia di disoccupazione e esclusione sociale, in Spagna il calendario prevede un dialogo sociale sull'occupazione. Possibile che noi discutiamo di processo breve? Qui qualcosa non gira e io propongo di inaugurare l'anno con un dibattito pubblico in Parlamento, in diretta tv a scelta su uno di questi temi: lavoro dei giovani, scuola, scarico fiscale su lavoro e imprese». Il leader del Pd - ci scusi se pesiamo le parole - segnala quindi come meritorio il fatto che in Usa si discuta di green economy però poi non la mette in agenda del dibattito in Italia...

Così l'Europa che discuterà, a quanto dice Zapatero (Repubblica), di "una vera unione economica" bisogna che fissi i paletti ma - e andiamo ancora oltre - non solo per il riscaldamento globale. Pur essendo un problema enorme - e per soprammercato il fallimento di Copenhagen misura drammaticamente l'arretratezza della politica mondiale - bisogna che sia chiaro che non è il solo ecologicamente parlando. Fissarsi solo su quello sarebbe addirittura un errore in una prospettiva di lungo raggio.

La crisi, infatti, ha messo a nudo tutto questo mettendo anche "out" l'idea della crescita infinita, ma ora non ci si può affidare agli eventi. Se si parla di qualità delle produzioni bisogna aver chiaro che si concretizza solo se c'è quantità di risorse, perché altrimenti, se non si conservano, non ci sarà né capra né cavoli. La sostenibilità è un complesso di azioni mosse da un'economia ecologica rigorosa che ha bisogno di una guida globale molto forte capace poi di radicarsi nelle varie declinazioni delle organizzazioni degli uomini. Uomini che individualmente possono fare molto a partire dalla pressione nei confronti dei governi per non rimanere strangolati nelle logiche dei mercati. Mercati che però ora sono aperti al cambiamento e perdere questa occasione, da parte della Politica, sarebbe un errore tragico.

Torna all'archivio