[13/01/2010] News toscana

De Girolamo (Cispel) sulla class action: «Reale opportunità per i cittadini, ma la norma è fumosa e vaga»

FIRENZE. «La class action, per come è stata concepita in Italia, appare un po' vaga e generica: resta sicuramente un'opportunità per i consumatori, ma non si può definirla come la panacea di tutti i mali»: è questa l'opinione di Alfredo de Girolamo, presidente di Cispel-Confservizi Toscana, (l'associazione delle aziende di servizio pubblico), riguardo alla recente introduzione della normativa sulla tutela dei diritti individuali a dimensione collettiva nella legislazione nazionale.

Come sostiene anche il responsabile di Codacons Toscana Miriam Bartolini, la normativa della class action verso le aziende di servizio pubblico è diversa da quella relativa alle azioni contro i privati: nel primo caso non sono previsti, infatti, risarcimenti economici, mentre eventuali sentenze di condanna potranno solamente imporre alle aziende di adeguare l'efficienza del servizio agli standard richiesti.

Comunque, l'ambito di azione collettiva verso le aziende di servizi è, ovviamente, piuttosto complesso, e secondo il "Sole 24 ore" del 5 gennaio scorso l'operatività delle norme in questione è ancora lontana, poiché occorre attendere la definizione degli standard per i servizi e la valutazione dell'impatto finanziario.

Riguardo a questo aspetto, De Girolamo ha ricordato che «il settore dei servizi ha già problemi di organizzazione e di natura giuridica (penso ad esempio alle variazioni nei regimi degli affidamenti), e agisce quindi in un contesto che già di per sé è caratterizzato da vuoti legislativi e da forti incertezze».

«E la class action - ha proseguito - aggiunge ulteriori incertezze e criticità: non possono, cioè, essere le aziende a pagare questa specificità tutta italiana che caratterizza la normativa. Per fare un esempio, e riferendomi anche a quanto abbiamo letto oggi sui quotidiani, si parla di una possibile class action per la restituzione dell'Iva sulla Tariffa di igiene ambientale (Tia)».

Si riferisce alla sentenza della Corte costituzionale che ha giudicato illegittimo il pagamento dell'Iva sulla Tia, proprio per la natura di "tariffa" e non di "tributo" che la caratterizza?

«Esattamente. La Corte legittima il risarcimento? Bene, non commento e chiedo anzi che la sentenza sia applicata. Ma nello stesso tempo è il legislatore a dover chiarire come ci dovremo comportare sia nell'immediato, sia nel futuro: manca cioè un provvedimento nazionale che chiarisca come stanno le cose, e chi deve effettivamente rimborsare i cittadini. Questo perché, nel caso specifico, i soldi che i cittadini hanno (ingiustamente, secondo la sentenza) sborsato sono andati all'erario, mentre i risarcimenti dovrebbero essere erogati dalle aziende stesse: non lo trovo corretto, come aziende di servizi si viene in pratica costretti a rispondere di una responsabilità non nostra. Infatti, se davvero partisse una class action per la restituzione dell'Iva, non so come andrebbe a finire». 

Anche nell'intervista a Bartolini del Codacons che si legge sulla "Nazione" di oggi si può vedere che le ipotesi di class action verso le aziende di servizio pubblico sono sostanzialmente in numero limitato.

«Questo proprio perché è una misura, così come è posta nella normativa, vaga e di incerta applicazione concreta. Quindi, è un bene che la class action sia stata introdotta nella normativa nazionale, e siamo davvero di fronte ad un'opportunità per i cittadini: ma la misura va usata con grande attenzione, soprattutto in questa prima fase. Urge cioè un quadro di certezze, in cui tutti sappiano esattamente che cosa devono fare, e ad ora non è così: anzi, si rischia solo l'intasamento delle aule dei Tribunali amministrativi regionali».

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