[21/01/2010] News

E ora dopo Copenaghen? Ad Abu Dhabi guardando al Messico

LIVORNO. Introducendo il dibattito "What now after Copenhagen?" tenutosi al World future energy summit (Wfes 2010) di Abu Dhabi, il ministro dell'ambiente e delle acque degli Emirati Arabi Uniti, Rashid bin Fahad, ha detto che «La comunità internazionale deve trovare rapidamente un accordo a su limiti e calendari specifici per ridurre le emissioni di gas serra, se il mondo vuole essere risparmiato dal possibili conseguenze catastrofiche. Perdere tempo non è nell'interesse di nessuno».

Bin Fahad questo dovrebbe dirlo per primi ai Paesi dell'Opec di cui gli Emirati fanno parte (e in particolare all'Arabia Saudita) che a Copenhagen hanno alacremente lavorato per far fallire l'accordo.

Il dibattito è stato comunque molto interessante ed è continuato sulla falsariga di quello che avevano detto nella sessione di apertura del Wfes 2010 i leader mondiali intervenuti, ad iniziare dal presidente delle Maldive Mohamed Nasheed che ha pesantemente criticato l'accordo di Copenaghen per la sua mancanza di ambizione.

Secondo bin Fahad «Copenhagen è stato un passo avanti, anche se non un grande passo avanti. Tuttavia, la maggior parte delle trattative si sono basate su motivazioni politiche ed economiche piuttosto che su quelle scientifiche. E' necessario che grandi inquinatori, come la Cina e gli Stati Uniti, rispettivamente, in termini assoluti, il più maggiore e il secondo emettitore al mondo di gas serra, facciano di più. Gli Stati Uniti si sono impegnati a ridurre le emissioni del 17% rispetto ai livelli del 2005, una cifra piuttosto inferiore rispetto ai livelli del 1990, il limite base utilizzato da altri Paesi. La Cina, d'altro canto, ha rifiutato di aderire ad obiettivi e scadenze per le emissioni, tali contraddizioni rendono difficile raggiungere un accordo».

Non sono stati altrettanto diplomatici i rappresentanti delle Ong presenti al Wfes 2010, ad iniziare da Bianca Jagger, attivista ambientale e per i diritti umani, ex modella ed ex moglie di Mick Jagger dei Rolling Stones, che in seduta plenaria ha definito i risultati di Copenaghen «Un compromesso vergognoso».

Il presidente dell'Intergovernmental panel on climate change (Ipcc) e premio Nobel Rajendra Pachauri, ha detto che «E' di vitale importanza per concordare gli obiettivi a breve termine. Senza obiettivi per il 2020 è assolutamente inutile parlare di obiettivi per il 2050. Se il riscaldamento deve essere contenuto tra i due e i a 2,4 gradi centigradi, le emissioni globali di gas serra devono raggiungere il picco entro e non oltre il 2015»

La nuova ed ennesima "key date" di questa defatigante marcia verso un accordo, che sposta ogni volta il suo traguardo, è il 31 gennaio, il termine fissato dagli accordi perché i Paesi del mondo presentino le loro azioni e gli gli obiettivi specifici di riduzione delle emissioni. Secondo un'analisi condotta dalla International energy agency (Iea), gli attuali impegni non saranno sufficienti a garantire il raggiungimento del target dei due gradi.

Il vice-direttore dell'Iea, Richard Jones, ha spiegato ad Abu Dhabi che «Lo scenario business-as-usual porterebbe a concentrazioni di gas serra di 1.000 parti per milione per la fine del secolo, quasi tre volte superiori a quelle odierne. Tale livello comporterebbe un riscaldamento catastrofico di 6 gradi. Anche con gli impegni politici di Copenaghen, la temperatura del pianeta sarebbe ancora in aumento di 3 gradi, che molti scienziati ritengono possano causare altri danni molto gravi».

La terza giornata del Wfes 2010 si è occupata della spinosa questione di quanto davvero i Paesi industrializzati sono disposti a ridurre le loro emissioni di gas serra ed ha visto la partecipazione di leader i del business mondiale, ministri e dirigenti politici, ricercatori, Ong, banche e rappresentanti delle grandi aziende energetiche delle rinnovabili come il presidente di Ditlev Engel, global president di Vestas Wind Systems

Secondo molti delegati al Wfes 2010 il futuro di un accordo sono nelle mani della politica Usa: «Senza un qualche forte impegno da parte degli Stati Uniti, non ci sarà alcun impegno da parte di altri Paesi come la Cina», ha detto Richard Stewart, un professore di diritto della New York University.

Purtroppo l'indebolimento della già recalcitrante maggioranza democratica nel Senato statunitense non gioca a favore della definitiva approvazione della legge sul cambiamento climatico. Il senatore Usa Timothy Wirth, presidente della United Nations Foundation, ha sottolineato che «Sono al lavoro interessi estremamente potenti, dalle grandi utilities alle società energetiche, al settore dei trasporti, che vogliono vedere fallire il disegno di legge. Il presidente Obama a Copenaghen ha espresso in modo molto chiaro il suo profondo impegno personale per la questione del clima e la necessità di una guida da parte degli Stati Uniti. Ora ha davanti a sé un anno molto importante e difficile».

Per Pachauri, «E' necessario un incremento delle azioni a livello di base. Si tratta dei nostri figli e nipoti, che dovranno affrontare il peso della nostra inazione» il presidente dell'Ipcc ha sottolineato che «Le imprese e l'industria sono la metà della soluzione».

Il 19 gennaio in una conferenza stampa a margine del Wfes Pachauri aveva detto che «I Paesi potrebbero raggiungere un accordo vincolante sul cambiamento climatico quest'anno a Città del Messico, dopo non essere riusciti a farlo a Copenaghen. Penso che abbiamo un periodo di tempo molto breve in cui il mondo possa riuscire ad agire insieme. E se questo accade, allora certamente il Messico potrebbe produrre un accordo vincolante. E' una prospettiva difficile, ma certamente fattibile».

Ma per arrivare ad un accordo vincolante al summit climatico del Messico «Ci sono alcuni fattori critici che avrebbe bisogno di uno sforzo sovrumano - ha detto Pachauri - Uno di questi è l'impegno degli Stati Uniti. I Paesi avrebbero anche bisogno di prendere misure, come un accordo su un quadro istituzionale per i finanziamenti alle nazioni in via di sviluppo che potrebbero essere efficacemente utilizzati per affrontare i cambiamenti climatici».

Il ministro degli esteri della Norvegia, Jonas Gahr Støre, ha detto che «Copenaghen è stata lontana dal soddisfare tutte le nostre aspettative, ma dobbiamo vederla come un inizio. Un accordo vincolante a Città del Messico è a portata di mano. Sono d'accordo con Pachauri. E fattibile, ma vorrei aggiungere, è difficile. E dobbiamo costruire su ogni positiva esperienza fatta a Copenaghen, e dobbiamo fare di tutto per limitare le esperienze negative di Copenhagen. Le sfide poste dai cambiamenti climatici non saranno risolte molto presto. Noi che siamo i responsabili politici si occuperemo di cambiamento climatico ogni giorno per il resto della nostra vita politica. Dobbiamo smettere di pensare che questa è una cosa che risolveremo in occasione della prossima conferenza ... E' parte di un processo in corso».

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