[21/01/2010] News

Tutte le opere a rischio nel Cipe

GROSSETO. A febbraio è prevista una riunione del Cipe che dovrebbe definire in materia operativa, mettendo cioè a disposizione le risorse, la politica economica del governo riguardo a fondi Fas per il mezzogiorno e per il capitolo infrastrutture. Una riunione molto attesa quindi, anche per il fatto che rispetto ai 24 miliardi preventivati - 13 per i Fas e poco più di 11 per il piano Matteoli sulle infrastrutture -  potrebbero mancare risorse proprio per questo secondo capitolo.

Restano infatti da confermare, degli 11,25 miliardi del programma messo a punto dal ministero delle Infrastrutture, oltre 4,6 miliardi da cui in realtà sono già state decurtate, con la finanziaria, le risorse destinate al piano della difesa del suolo predisposto dal ministro dell'Ambiente (900 milioni), quelle per il sistema carcerario (500 milioni) e per l'agricoltura (100 milioni) e che potrebbero subire un ulteriore asciugamento per eventuali altre opere che potrebbero avere una via prioritaria rispetto a quelle previste nel piano predisposto dallo stesso ministro Matteoli.

In pratica, secondo stime di Ance riportate oggi sul Sole 24 ore, considerando che il  totale delle opere da finanziarie ammonta a 4,641 miliardi di euro e che le risorse del fondo infrastrutture ancora disponibili ammontano a 3,342 miliardi, potrebbe mancare all'appello oltre un miliardo di euro e le opere che ne verrebbero penalizzate, neanche a dirlo, sarebbero tutte o quasi interventi previsti al sud e riguardanti reti metropolitane, ferroviarie e anche quelle idriche e almeno metà del piano delle piccole opere, che Ance ha sollecitato più volte come manovra anticrisi.

A queste potrebbero aggiungersi la Salerno- Reggio Calabria e la statale jonica, infrastrutture viarie che, come messo in evidenza dalla frane di appena un anno fa che isolarono appunto la regione dal resto d'Italia, rappresentano una vera priorità per i collegamenti a sud. L'ammontare complessivo delle risorse necessarie a queste infrastrutture ( prendendo i dati del quotidiano economico) ammonta a ben più del miliardo di euro ancora in forse, ovvero raggiunge una cifra pari a 2,68 miliardi: la coperta è quindi davvero troppo corta e vi sarebbe allora la necessità di individuare quali sono le opere prioritarie da eleggere in questa lista.

Ancora meglio sarebbe rivedere le priorità nel piano infrastrutture e cominciare a depennare dalla lista quelle opere che di prioritario non hanno davvero nulla, come il ponte sullo stretto di Messina su cui si è espressa recentemente anche la Corte dei conti, che ha invitato il Governo e la società Stretto di Messina ad «operare una costante valutazione» dei profili di fattibilità tecnica dell'opera,  di attualizzare «le stime di traffico che stanno alla base del disegno progettuale del ponte», verificare la «compatibilità ambientale» dell'opera e la «completezza delle modalità di imputazione nel bilancio dello Stato delle somme, già destinate all'intervento per il ponte sullo Stretto di Messina e successivamente oggetto di riutilizzazione».

In pratica quello che era stato messo come costo del progetto preliminare è già stato rivisto al rialzo di almeno un miliardo e mezzo e la cifra potrebbe aver bisogno di ulteriori aggiornamenti da ora a quando inizieranno effettivamente i lavori, al di là delle inaugurazioni ad effetto dei cantieri a cui abbiamo sino ad ora assistito.

Un progetto che è sempre stato presentato come un'opera realizzata con fondi  privati ma che per ora ha visto come finanziamenti solo ed esclusivamente risorse pubbliche che sarebbero, senza alcun dubbio, state spese meglio per garantire almeno di arrivare a Villa San Giovanni.

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