[27/07/2009] News

Consiglio ambiente Ue: accelerare i negoziati sul clima. Confermato il meno 30% di emissioni

LIVORNO. I ministri dell'ambiente europei  riuniti nella città svedese Åre hanno preso un impegnativo pacchetto di decisioni e definito la road map dell'Ue riguardo ai negoziati sui cambiamenti climatici a 5 mesi dalla conferenza Onu  che si terrà a Copenhagen.  

I presidenti dei due gruppi di lavoro dell'Unfccc, Michael Zammit Cutajar, presidente dell' Ad hoc working group on long-term cooperative action (Awg-Lca) e John Ashe, presidente dell' Ad hoc working group on further commitments for Annex I Parties under the Kyoto Protocol (Awg-KP) sono intervenuti al Consiglio ambiente per illustrare quella che secondo loro è l'attuale situazione dei negoziatio climatici. L'impressione è che nell'insieme il ritmo dei negoziati ufficiali per Copenhagen sia troppo lento, ma anche che negoziati parallelli come il recente G8 o il Major Economies Forum (Mef) on energy and climate forum e gli accordi ed i contatti bilaterali possano dare un impulso al processo negoziale.

Il ministro dell'ambiente italiano, Stefania Prestigiacomo, ha relazionato sui risultati del G8 e del Mef del L'Aquila e la posizione italiana e dei ministri dei Paesi dell'est dell'Ue è sembrata ormai molto lontana dalla minaccia di veto contro il pacchetto clima-energia 20-20-20 dell'Unione europea e dalla richiesta di non procedere se gli altri Paesi, soprattutto Usa ed emergenti, non prenderanno impegni simili.

I ministri dell'ambiente hanno infatti discusso dell'importanza dell'obiettivo del non superamento dei 2 gradi di temperatura in più rispetto all'epoca pre-industriale e del rafforzamento dei negoziati in autonno.

L'obiettivo  2 gradi appare più credibile perchè tutti i paesi del Mef, compresi quindi giganti come Cina, India, Brasile, lo hanno fatto proprio ed i Paese del G8 si sono dati l'obiettivo di un taglio del 50% delle loro emissioni nel 2050, un obiettivo molto lontano ma comunque simbolicamente importante, visto che i Paesi del G8 e del Mef insieme rappresentano l'80% delle emissioni mondiali di gas serra.

Il ministro dell'ambiente della Danimarca, Connie Hedegaard, ha invece fatto un rendiconto dei  riservatissimi Greenland dialogue, la rete informale dei ministri dell'ambiente dei maggiori Paesi del mondo che si ritrovano per fare il punto della situazione lontani dalla stampa e dalle Ong.

Secondo una nota della presidenza di turno svedese dell'Ue «La discussione ha messo in evidenza l'importanza del ruolo dell'Ue nei progressi fatti al G8 ed al Mef  e l'Ue ha ricevuto un forte sostegno a opero seguire in quanto leader nel settore. L'Ue rappresenta una forma negoziatrice unica composta da 27 Paesi che hanno ciascuno le loro competenze particolari e le loro reti di contatti».

Il ministro dell'ambiente della Svezia, Andreas Carlgren (nella foto), ha spiegato che «L'Ue ha preso la testa presentando gli obiettivi più ambiziosi mai proposti da un gruppo di Paesi. À Copenhagen prenderemo il ruolo di leader al fine di far accelerare il ritmo dei negoziati. Gli altri Paesi devono seguire l'Ue facendo di più. Il fossato tra le richieste della scienza e il messaggio messo sul tavolo è davvero troppo grande. I Paesi dell'Ue utilizzeranno tutti i loro contatti per poter migliorare le possibilità di parlare con una sola voce e di pervenire a un accordo ambizioso sul clima che diminuisca sufficientemente le emissioni di gas serra e che sia sufficientemente finanziato. I Paesi industriali e i Paesi ad economie emergenti devono chiaramente diminuire le loro emissioni».

Il governo di centro-destra svedese punta quindi a azzerare ogni ritrosia e a presentarsi a Copenhagen con molta decisione.

Non a caso la discussione si è dilungata su aspetti molto concrete come i finanziamenti  e il commissario Ue all'ambiente, Stavros Dimas, ha presentato un rapporto sul tema : «A breve termine - ha detto - sono i Paesi in via di sviluppo che hanno il più grande bisogno di aiuto per fare in modo che abbiano strategie di diminuzione delle loro emissioni e perché prendano delle misure per adattarsi ai cambiamenti climatici».

Poi Dimas ha spiegato che la proposta di riduzione del 30% delle emissioni Ue rispetto al 1990 entro il 2020, punta a trovare un accordo sufficientemente ambizioso a Copenhagen, insomma l'Ue punta ad una via di mezzo rispetto alle richieste di Cina, India e Paesi in via di sviluppo che chiedono ai Paesi ricchi il 40% in meno.

«La nostra offerta non comporta alcuna condizione - continua Carlgren - Utilizzeremo il nostro passaggio dal 20 al 30% come leva per ricevere offerte sufficienti da parte degli altri Paesi - con tanti saluti alle minacce di veto italiane e dei Paesi dell'est del 2008. - L'Ue darà il suo ultimo mandato ai negoziati di Copenhagen. Abbiamo bisogno di riduzioni di emissioni sia nei Paesi industrializzati che nelle economie in rapida crescita».

Nella nota finale dell'incontro di Åre si legge: «Nel corso della riflessione sul processo di negoziazione nella prospettiva di Copenhagen, si è sottolineato il ruolo vitale che lo slancio politico riveste ai fini del conseguimento di un accordo. Nei prossimi mesi occorre che si mantenga un vero sentimento di urgenza: l'orizzonte di possibilità sia dal punto di vista politico che ambientale è limitato, e un fallimento a Copenhagen non può e non dovrebbe essere contemplato - questo, semplicemente, non è concepibile. Nonostante alcuni segnali incoraggianti, il cammino è ancora lungo per giungere ad un risultato concertato e occorrerà passare alla marcia superiore nelle negoziazioni per assicurare il successo a Copenhagen.

Nelle prossime riunioni a Bonn in agosto e a Bangkok in settembre e ottobre sarà necessario incentrarsi sulla semplificazione del testo di negoziato, identificando settori di convergenza sia in generale che per quanto riguarda le opzioni specifiche che sono state proposte dalle parti. Alcune questioni fondamentali sono ancora irrisolte sia a livello interno che esterno.

L'Ue dovrà pertanto avvalersi di un approccio parallelo che sarà di:
1. continuare ad inviare messaggi forti alle controparti di negoziato;
2. elaborare una prospettiva per l' accordo a Copenhagen;
3. mettere a punto un mandato completo ben prima della Conferenza a Copenhagen.

In questo contesto l'Ue deve rimanere unita e inviare messaggi comuni chiari. È stata sottolineata l'importanza di uno sforzo diplomatico coordinato e rafforzato dell'Ue e dei suoi Stati membri con l'insieme dei principali partner di negoziato, in particolare gli Stati Uniti e i paesi Bric».

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