[27/07/2009] News

La consulta boccia il Codice ambientale su rifiuti, autorità di bacino e difesa del suolo

LIVORNO. Dal prossimo 29 luglio sarà in vigore la Legge comunitaria (pubblicata sulla gazzetta ufficiale del 14 luglio) che conferisce al Governo le deleghe per recepire norme comunitarie su diverse tematiche ambientali, in particolare qualità dell'aria (direttiva 2008/50/Ce), tutela dell'ambiente marino (2008/56/Ce) e rumore (2002/49/Ce).

Ma nella legge comunitaria si coglie anche l'opportunità di conferire una delega all'esecutivo per recepire la direttiva quadro sui rifiuti (2008/98/Ce) che si tradurrà come più volte annunciato nelle intenzioni del ministro Prestigiacomo, di riscrivere il Dlg. 152/2006, nato come Codice ambientale e su cui sono state apportate modifiche in diverse stratificazioni. Al punto che la normativa che avrebbe dovuto ridisegnare l'intero copro normativo in materia ambientale e dare riferimenti certi sia a chi opera nel settore sia a chi ha compiti di vigilanza si è trasformata, nei fatti, in una materia confusa e  tratti contraddittoria.

Poiché le deleghe concesse dalla legge comunitaria dovranno essere attuate entro il termine di recepimento delle direttive o, nel caso che questo sia già scaduto, entro il 29 ottobre prossimo, ciò comporta che il governo dovrà lavorare sodo nei prossimi mesi per rispettare le scadenze.

Un obiettivo che potrebbe essere a questo punto essere ancora più difficile da perseguire viste le recenti sentenze della Consulta che interviene su diverse disposizioni del Codice ambientale, ritenendole illegittime: ciò comporta la necessità di rivedere quelle specifiche norme che però non riguardano solo la materia dei rifiuti, ma più in generale tutte le ripartizioni delle competenze tra i vari livelli istituzionali.

Riguardo ai rifiuti, una delle materie per cui la Consulta si è espressa, per effetto della sentenza emessa viene a decadere la norma del 152/2006 che prevede  la possibilità di esercitare il potere sostitutivo da parte del ministero dell'ambiente nei casi in cui le autorità competenti (definite dalla regioni e delegate in genere alle province o alle autorità d'ambito) non realizzino gli interventi previsti dal piano regionale di gestione dei rifiuti. Un potere che dovrebbe essere, secondo la sentenza della Consulta, esercitato dalla Regioni e non dallo Stato.

Le altre disposizioni su cui la Consulta ha emesso sentenze di illegittimità riguardano  in particolare le Autorità di bacino e la difesa del suolo.

Anche in questo caso i motivi che hanno spinto la Corte costituzionale a ritenere illegittimi alcuni articoli del Dlgs 152/2006 riguardano le ripartizioni dei poteri tra le istituzioni.

L'approvazione del "codice ambientale" anche sul tema delle Autorità di bacino  ha aperto una fase caotica di abrogazioni, modifiche, ripristini transitori di una lunga serie  di riforme messe in atto  da parte delle maggioranze e dei Governi che si sono succeduti nell'ultimo triennio.

Le autorità di bacino erano state abolite dal Codice ambientale per essere sostituite dalle autorità create sulla base dei distretti idrografici, una norma che aveva fatto fortemente discutere proprio per l'eccessiva centralizzazione  dei poteri a scapito delle competenze sino ad allora esercitate dalle Regioni. Nella prima revisione del Codice ambientale, le Autorità di bacino erano state poi ripristinate nelle loro funzioni originali sino a che con il D.L. 208/2008 (convertito nella legge 13/2009), se ne proroga l'attività come enti che devono varare i piani di gestione  dei distretti idrografici, (finora disegnati solo  sulla carta), in attuazione della direttiva quadro comunitaria in materia di acque 2000/60. Anche per l'Italia, entro il termine perentorio del 22 dicembre 2009.

Infine, su iniziativa dello stesso Governo, con la delega per l'ulteriore modifica del D.Lgs 152/2006, si prevede di  "adottare, entro il 30 giugno 2010, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi" emanati nell'ultimo triennio, e rimettere così ordine in questa situazione confusa, a fronte della stesura dei piani di gestione dei distretti. 

Su questo marasma interviene quindi adesso anche la Consulta che ritiene che i piani di bacino rappresentano lo strumento fondamentale di pianificazione di difesa del suolo e delle acque e quindi riconosce  un ruolo prioritario delle regioni sul governo del territorio.

A vent'anni dalla prima pubblicazione della legge di riforma del governo del territorio, la 183/89, e con la scadenza incombente dei termini imposti dall'attuazione della Direttiva 2000/60 , dopo aver prodotto una enorme quantità di norme contraddittorie, si deve  mettere mano di nuovo alla modifica del  codice ambientale (152/2006) e rincorrere affannosamente le scadenze comunitarie. Con l'effetto di aver creato uno scollamento crescente nella necessaria cooperazione tra poteri centrali e regioni e la perdita dell'idea stessa di gestione ordinaria, unitaria e integrata delle acque e del suolo per ecosistemi di bacino.

E a farne le conseguenze, ancora una volta, è il corretto governo  del territorio e dei beni collettivi che esso esprime.

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