[04/02/2010] News

Nigeria: la lotta per le risorse dietro le stragi etnico-religiose

LIVORNO. Le violenze settarie, che hanno sconvolto lo stato nigeriano del Plateau con una vera e propria caccia al musulmano, non avranno fine se il governo centrale della Nigeria non punirà i colpevoli e non affronterà le vere ragioni che stanno alla base di questi scontri etnico-religiosi che si trasformano nel massacro di centinaia di persone: i disordini iniziati il 17 gennaio nel Plateau si sono trasformati presto in un vero e proprio pogrom ed hanno fatto almeno 326 vittime e decine di migliaia di profughi interni. Guttschuss, che si occupa della Nigeria per  Human Rights Watch (Hrw), ha spiegato all'agenzia umanitaria dell'Onu Irin che «Le eruzioni di violenza settaria rischiano di riprodursi se il governo non prende iniziative rapide per arrestare gli autori di queste violenze e se non affronta le cause principali. Nel 2001, le fiammate di violenza che avevano fatto circa 1.000 vittime a Jos, la capitale dello Stato del Plateau, avevano avviato una serie di scontri in tutto lo Stato tra gli agricoltori cristiani e gli allevatori musulmani. Diverse centinaia di persone in più avevano trovato la morte in questi scontri».

Il governo centrale di Abuja, che si regge grazie a un sempre più difficile equilibrio tra cristiani e musulmani, sembra impotente di fronte a un conflitto endemico che vede i suoi punti caldi nel Delta del Niger petrolifero e nel cuore del Paese, dove i due grandi gruppi religiosi si incontrano e si scontrano in una "frontiera" permeabile tra islam e cristianesimo, fatta di odi etnici mai sopiti ed eterna lotta per la terra. «Diverse commissioni di inchiesta sono state create per esaminare la questione - spiega all'Irin Dan Tom, un senatore dello Stato del Plateau - Ma le loro conclusioni non hanno prodotto nessuna misura concreta, oppure non sono state nemmeno rese pubbliche. A fine  2009, un'udienza è stata organizzata per indagare su un altro episodio mortale nello Stato del Plateau, ma non ne è uscito nulla. Diversi sospetti che erano stati arrestati sono stati poi rilasciati, stabilendo così un cattivo precedente. I rapporti di queste commissione devono essere resi pubblici ed i responsabili devono essere puniti». Anche perché, a quanto pare, tra i capi dell'ultima rivolta ci sono proprio molti dei vecchi conoscenti della polizia. Ma arrestare gli assassini e chi incita al genocidio non basta, se il governo vuole davvero far cessare gli scontri deve risolvere le cause profonde che li generano e che sono dietro l'odio etnico e il fanatismo religioso. Il senatore Tom spiega: «Anche se la violenza si manifesta spesso con degli scontri tra cristiani e musulmani (la maggior parte delle vittime degli ultimi scontri erano dei musulmani), se delle moschee e delle chiese sono state bruciate, l'agitazione sociale è dovuta a delle lotte politiche per il controllo del potere e delle risorse. E' più di una questione etnica o religiosa... una lotta di potere tra i Berom, un gruppo etnico autoctono, (i cui membri sono in gran parte cristiani, ndr) e gli Hausa, (generalmente musulmani. ndr)».

Gli Hausa non sono considerati dai Berom originari del Plateau e non hanno accesso ai "privilegi" riservati agli abitanti dello Stato. E' un problema comune in questo sovraffollato gigante africano, diviso in 36 Stati ed un territorio federale, dove il colonialismo inglese (e lo spostamento di masse di esseri umani alla ricerca di un minimo benessere) ha lasciato in eredità una caotica struttura amministrativa che privilegia alcuni e sfavorisce altri e nella quale il federalismo non è riuscito a mettere ordine, causando al contrario una frantumazione di poteri e potentati etnico-religiosi.

La faglia dove entra in contatto tutto questo sembra proprio essere lo Stato del Plateau: già al tempo del governo coloniale britannico, nel 1904 a Jos esisteva già la divisione abitanti/immigrati, frutto dello sviluppo dell'industria dello stagno che aveva attirato gli Hausa e che aveva spinto i nativi, soprattutto di etnia  Berom, alla periferia della città. Secondo Adam Higazi, un ricercatore dell'università di Oxford, «E' a partire da quel momento che i gruppi cristiani hanno rivendicato dei diritti esclusivi sugli incarichi politici a livello locale e dello Stato, un potere che hanno consolidato durante gli anni».

Le tensioni sono aumentate di recente, quando delle comunità Hausa che vivono a nord di Jos hanno cercato di ottenere più potere politico in alcuni quartiere della capitale del Plateau. Per Higazi, la discriminazione avviata dal colonialismo è sempre ben presente: «Il governo dello Stato ha delle pratiche molto discriminatorie, in particolare l'esclusione di quelli che chiamano "i coloni" della politica. Così, considerano le recenti eruzioni di violenza a Jos da un punto di vista parziale, definito dell'orientamento religioso e dai pregiudizi etnici di coloro che detengono il potere».

La discriminazione etnioca è diventato un problema nazionale del più popoloso Paese africano, e il governo federale dovrebbe prendere l'iniziativa se non vuole che la Nigeria si disintegri in una guerriglia etnico-religiosa endemica. Esiste un progetto di legge per mettere fine ai privilegi di alcuni gruppi autoctoni, ma è fermo da tempo in Parlamento. Secondo  Higazi, «Il governo federale deve anche incitare le autorità degli Stati e I rappresentanti della sociétà civile a mettere in piedi una commissione di mediazione per contribuire allo stabilimento di relazioni armoniose tra i gruppi etnici.

L'Hrw chiede una commissione imparziale che indaghi sulle recenti stragi e i cui risultati e raccomandazioni siano resi pubblici. Guttschuss non perde comunque la speranza: «Sono incoraggiato dal fatto che diversi funzionari abbiano recentemente ammesso pubblicamente la necessità di colpire l'impunità. Hanno riconosciuto che l'impunità incoraggia gli scontri».

Anche il senatore Tom, è nonostante tutto ottimista: «Sono fiducioso che la situazione migliorerà nello Stato del Plateau, perché gli Hausa e i Berom non hanno un altro Paese che la Nigeria...Non possono continuare ad uccidersi ed a distruggere le nostre case».

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