[04/02/2010] News

Riflessioni di “viaggio”

RIETI. Viaggiare, si sa, è un'esperienza. Anche quando si tratta di tragitti pendolari, meglio detti spostamenti. Il viaggio - abituale-  qui descritto si svolge in un'ora e 20 circa, prima in pullman poi in treno e in metropolitana. Da un piccolo paese qualunque a una metropoli qualunque. In Italia. La viaggiatrice vi accumula una quantità di frustrazioni e moniti.

1. In quei pochi minuti di attesa del pullman nel paesello, diverse auto si fermano e i conducenti scendono per andare a prendere il caffé al bar d'angolo. E che fanno?...lasciano l'auto accesa per lunghi minuti. Uno spreco piccolo ma a) diffusissimo, b) non arrecante alcun vantaggio, dunque stupido. Interpellati, non sanno rispondere. Tranne uno: "Mi fermo molte volte durante la giornata e se ogni volta devo spegnere e riaccendere, è troppo disturbo". Però! Altri invece rimangono in auto con i figli ad aspettare che arrivi il bus e non spengono il motore per non interrompere nemmeno per pochi minuti il riscaldamento da incubatrice per il pupo-pollo d'allevamento (e dire che l'abitacolo non si raffredda certo in pochi minuti). In estate, poi, nelle soste non si spegne il motore: per mantenere il fresco, anzi il freddo dell'aria condizionata. Chissà come mai in Danimarca è vietato tenere acceso il motore da fermo!

2. I ragazzi in attesa del pullman verso la scuola parlano di calcio, tecnologia di consumo e amenità anche il giorno dopo il terremoto ad Haiti. Fa parte del loro "disagio", direbbe qualcuno; ma anche della loro inerzia. E' anche troppa fatica togliersi giubbotto e sciarpa una volta saliti sul pullman; eppure l'escursione termica fra dentro e fuori è pari a circa 25 gradi. La soluzione sarebbe appassionarli a qualcosa di utile (o almeno non dannoso) e divorante, aiutarli a superare l'apatia, la mancanza di autonomia...Ma la cosa bella di questo pullman delle sette è che almeno è pieno. I servizi pubblici extraurbani viaggiano quasi sempre vuoti per molte ore al giorno. Dunque le loro emissioni di gas serra sono distribuite su poche persone...gli altri partono in auto.

3. Ed eccoci sul treno pendolari (regolarmente graffitato e sporcato). Sono pochissimi quelli che leggono o dormono o scrivono. Molti guardano vagamente fuori. Tanti parlano del più e del meno con il collega. Ma soprattutto sono attaccati al cellulare, conversano, mandano o ricevono sms. I giovani ma non solo si distinguono per il continuo incollaggio della cuffietta dell'iPod alle orecchie. Pazienza per il mondo di futuri ipoudenti che si prepara; ma quanto costa la mania della musica 20 ore al giorno, all'ambiente in termini di pile e usura dell'apparecchio da sostituire con tutti i suoi minerali e metalli, (oltre che delle orecchie)? Quanto all'equipaggiamento da viaggio, qualcuno beve alla borraccia o al thermos (magari contenente un'ottima tisana alle spezie fatta in casa)? Non si direbbe. Onnipresente è la bottiglietta di acqua imprigionata o la lattina di bibitazze. Qualcuno raccoglie e affida o affiderà al giusto contenitore per il futuro riciclo il giornale gratuito che ha sfogliato?

4.  Sulla metro nelle ore di punta, flusso indicibile di persone soprattutto dirette a uffici, visto il genere di metropoli a cui il treno è diretto. Una signora in bilico dice a un'amica: "In effetti il vero lavoro è il viaggio, una volta che siamo in ufficio stiamo tranquilli, quasi ci riposiamo". Ma allora? Tutto questo movimento di persone, l'energia utilizzata da questi mezzi seppure pubblici (per non dire di chi va in automobile)? Non sarebbe meglio introdurre massicciamente il lavoro a domicilio? E/o ridurre l'orario di lavoro a parità di prestazione? Agli inizi del secolo XX, l'economista Keynes prevedeva per la fine del secolo una giornata lavorativa di sole 15 ore la settimana, visti i guadagni di produttività assicurati dai macchinari.

5. La stazione è stata trasformata in supermercato, caldo e scintillante. Appena fuori, dormono sopra i cartoni in ordinati sacchi a pelo decine di ragazzi africani provenienti da Rosarno. Evviva le arance pulite; ma chi le conosce?

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