[10/02/2010] News

Nucleare, il Cdm approva i criteri di scelta dei siti. Ma sull’autorizzazione unica qualcosa non torna

GROSSETO. La corsa con lo scadere dei termini pare riuscita al Governo che oggi al consiglio dei ministri ha definitivamente approvato il decreto legislativo che individua il percorso da seguire per riavviare il nucleare nel nostro paese. Termine ultimo per non far decadere la legge delega era infatti il 15 febbraio e nonostante i ritardi- rispetto alla tabella di marcia -con cui si è arrivati al varo del decreto legislativo che fissa i criteri necessari per poter individuare le aree idonee e alla nascita della Agenzia per la sicurezza nucleare, il percorso è definitivamente avviato. Tanto che in maniera del tutto ottimistica il ministro dello Sviluppo Claudio Scajola ha annunciato «i primi lavori  nei cantieri dal 2013 e la produzione di energia elettrica dal 2020».

Un cronoprogramma che evidentemente vuole tenere in poca considerazione i ricorsi presentati alla Corte costituzionale da 11  regioni contro l'atto legislativo che stabilisce il ritorno al nucleare imponendolo con un atto d'imperio supportato dal segreto di Stato e  che, se accolti, potrebbero buttare all'aria tutto il castello di carte.  

Come non sembra tener conto della contrarietà delle regioni ad ospitare sui propri territori impianti nucleari, resa esplicita dal parere contrario espresso dal tavolo tecnico della Conferenza Stato-Regioni, che infatti non hanno ancora dato il proprio parere definitivo. E non è certo servito ad ammorbidire le tensioni la decisione del governo di impugnare sempre dinanzi alla stessa Corte le leggi regionali di Puglia, Campania e Basilicata che impediscono l'installazione di impianti nucleari nei loro territori.

Forse per questo, e anche a seguito delle osservazioni espresse dal Consiglio di Stato nell'esprimere il proprio parere favorevole, nel decreto varato oggi si è accentuato il ruolo di partecipazione delle Regioni, degli enti locali e delle popolazioni, anche attraverso consultazioni, in merito alle procedure autorizzative, sulla realizzazione, sull'esercizio e sulla disattivazione degli impianti nucleari, così come sulle misure di protezione sanitaria dei lavoratori e della popolazione e la salvaguardia dell'ambiente.

E forse sempre con questo intento si è ampliata la fascia dei territori ( dai 20 previsti nella bozza precedente a 40 km dalla centrale e a 20 dagli impianti di produzione del combustibile) entro i quali verranno riconosciuti benefici economici per le popolazioni, le imprese e gli enti locali interessati dalla realizzazione di impianti nucleari.

Benefici che saranno a carico dei soggetti che si propongono per la costruzione e/l'esercizio degli impianti e che verranno concretizzati nella riduzione della spesa energetica dei consumatori finali del territorio interessato, della Tarsu, dell'addizionale Irpef, dell'Irpeg e dell'Ici per chi ancora lo paga. E saranno a carico degli stessi operatori anche i costi relativi allo smantellamento degli impianti a termine esercizio, che per questo dovranno attivare un apposito fondo. Lo smantellamento è affidato a Sogin, nonostante la critica su questo del Consiglio di Stato che riteneva «non opportuno» affidare sin d'ora questa attività. Nel decreto si prevede anche la creazione di un deposito nazionale delle scorie che dovrà essere realizzato in un più ampio parco tecnologico che conterrà anche un centro di ricerca sul trattamento delle scorie nucleari.

Come anticipato e previsto dalla delega, il decreto varato fissa i termini entro i quali dovranno essere individuati  i criteri generali per l'idoneità dei territori ad ospitare un impianto, da cui emergerà una mappa delle aree, proposta dell'Agenzia per la sicurezza nucleare (il cui statuto va approvato entro il 15 febbraio)all'interno delle quali le imprese interessate dovranno indicare i siti di loro interesse. Lo schema predisposto dall'agenzia è soggetto alla consultazione pubblica per 60 giorni ed entro il mese successivo viene adottato definitivamente. Da quel momento in poi, nell'arco di tre mesi, ciascun operatore interessato e in possesso dei requisiti richiesti può  avviare il procedimento di autorizzazione unica con la presentazione al Ministero dello sviluppo economico ed all'Agenzia dell'istanza per la certificazione di uno o più siti da destinare all'insediamento di un impianto nucleare che si completa entro 90 giorni.

A questo punto ci sarà un mese di tempo per raggiungere su ogni singolo sito l'intesa con la Regione interessata,  che si esprimerà avendo acquisito anche il parere del comune coinvolto.
Un percorso, quindi,  che si dovrebbe delineare in qualche mese e che prevede, consultazioni con i territori interessati; ma nel caso non si raggiunga un accordo, verrà costituito Comitato interistituzionale per definirlo  e qualora anche questo fallisse, si provvederà con decreto del presidente della Repubblica, su deliberazione del consiglio dei ministri, integrato con la partecipazione del presidente della Regione interessata a dare il via libera alla certificazione.

Solo a questo punto gli operatori potranno procedere alla richiesta di  autorizzazione per la costruzione e l'esercizio dell'impianto che sarà unica secondo quanto riferisce il comunicato del ministero dello Sviluppo. Mentre il ministro dell'ambiente Prestigiacomo  esprime «soddisfazione per la decisione di confermare la previsione di sottoporre gli impianti ad Autorizzazione integrata ambientale (Aia) e a Valutazione di impatto ambientale (Via)». Una dichiarazione che sembra mettere in discussione l'autorizzazione unica, per la quale sarà l'Agenzia per la sicurezza nucleare a provvedere all'istruttoria tecnica e a pronunciarsi  con parere vincolante entro dodici mesi.

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