[10/02/2010] News

Produzione industriale: nel 2009 calo del 17,4%

LIVORNO. L'indice grezzo della produzione industriale ha registrato una diminuzione del 2,3 per cento rispetto a dicembre 2008, mentre nella media del 2009 ha segnato un calo del 17,4 per cento rispetto all'anno precedente. Lo rileva oggi l'Istat. L'indice della produzione industriale misura la variazione nel tempo del volume fisico della produzione effettuata dall'industria in senso stretto (ovvero dell'industria con esclusione delle costruzioni).

L'indice della produzione industriale corretto per gli effetti di calendario nel confronto con dicembre 2008 ha segnato, spiega sempre l'Istat, «diminuzioni in tutti i raggruppamenti principali di industrie: meno 10 per cento per i beni strumentali, meno 8,3 per cento per i beni intermedi, meno 3,8 per cento per l'energia e meno 0,3 per cento per i beni di consumo (meno 9,7 per cento i beni durevoli, più 1,6 per cento i beni non durevoli)».

Inoltre, anche nel confronto tra la media del 2009 e quella dell'anno precedente, le variazioni sono risultate tutte negative: «meno 24,9 per cento per i beni intermedi, meno 21,2 per cento per i beni strumentali, meno 8,9 per cento per l'energia e meno 6,9 per cento per i beni di consumo (meno 17,8 per cento per i beni durevoli, meno 4,3 per cento per i beni non durevoli)».

Nel mese di dicembre 2009 «l'indice della produzione industriale corretto per gli effetti di calendario ha segnato, rispetto allo stesso mese dell'anno precedente, variazioni positive nei settori dei prodotti chimici (più 7,8 per cento), dell'attività estrattiva (più 5,6 per cento), delle industrie alimentari (più 3,6 per cento) e dei prodotti farmaceutici (più 3,2 per cento). Le diminuzioni maggiori si sono registrate per la fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (meno 14,5 per cento), per i macchinari e attrezzature n.c.a (meno 14,4 per cento), per la metallurgia e prodotti in metallo (meno 13,7 per cento).

Nel confronto tra la media dell'intero anno 2009 e quella del 2008, l'unica variazione positiva ha riguardato i prodotti farmaceutici (più 2,8 per cento). Le variazioni negative più marcate si sono registrate nei settori della metallurgia e prodotti in metallo (meno 29,1 per cento), dei macchinari e attrezzature (meno 28,7 per cento) e delle apparecchiature elettriche e per uso domestico non elettriche (meno 26,8 per cento)».

Che razza di impatto questi dati abbiano sull'andamento generale dell'economia e sull'occupazione in particolare è notorio, mentre sull'ambiente bisognerebbe avere degli indici ugualmente condivisi e pertinenti. Se infatti una lettura superficiale potrebbe far pensare ad una riduzione del prelievo delle risorse e quindi un impatto positivo per l'ambiente, in realtà sappiamo bene che così non è. E che per poter trarre conclusioni sarebbe necessario analizzare tutte le dinamiche deii flussi di materia, incrociando quindi anche ciò che proviene dalle importazioni di beni per avere un bilancio il più possibile veritiero. Una contabilità che però attualmente non viene fatta se non con scadenze piuttosto lunghe.

L'unico raffronto possibile che si può fare è sull'energia. In questo caso una riduzione della produzione generalizzata da parte dell'industria, al netto di un lieve aumento nell'importazione (dati Terna) di energia elettrica potrà certamente avere un risultato positivo in termine di minor emissioni. Anche se ciò non ha ancora niente a che vedere sull'efficienza e sui veri risparmi di energia.

Ma al di là del dato bruto che questi dati esprimono (calo della produzione e quindi dell'economia) e delle possibili connessioni che si possono cercare in termini di flussi di materia ed energia, varrebbe la pena analizzarli con la lente della riconversione ecologica dell'economia, da cui trarre conclusioni su quali strategie mettere in campo per costruire l'industria di domani. Ovvero trovare il modo di far quadrare il cerchio tra sostenibilità sociale e ambientale: la sfida delle sfide.

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