[11/02/2010] News

Speriamo davvero che sia ĞL'Anno della tigreğ

FIRENZE. A Fine gennaio, si è tenuta ad Hua Hin, in Thailandia, la prima  Asia Ministerial Conference on Tiger Conservation dalla quale i governi asiatici hanno inviato un forte messaggio per rafforzare gli sforzi per salvare dall'estinzione le ultime tigri selvatiche e i loro habitat. In Thailandia si erano dati appuntamento i 13 Stati dell'areale di distribuzione delle tigri: Bangladesh, Bhutan, Cambogia, Cina, India, Indonesia, Laos, Malaysia, Myanmar, Nepal, Russia, Tailandia e Vietnam ( anche l'Iran sta pensando a misure di reintroduzione), che si sono impegnati ad attuare iniziative e progetti per raddoppiare entro il 2022 il numero delle tigri allo stato selvatico. Attualmente ci sono circa 3.200 tigri in libertà, solo un secolo fa erano più di 100.000

La dichiarazione finale della Conferenza impegna i Paesi asiatici a proteggere le tigri selvatiche e le loro prede dal bracconaggio, attraverso pattugliamenti regolari degli habitat della tigre e l'eliminazione del commercio nazionale transfrontaliero di tigri e di parti di tigri, ma anche a sostenere le comunità che vivono nei pressi delle aree frequentate dalle tigri e a minimizzare i conflitti uomo-tigre.

I 13 Paesi hanno anche lanciato un appello alle istituzioni internazionali perché contribuiscano a finanziare e sostenere i nuovi sforzi per la salvaguardia di questi grandi felini.

Ha risposto positivamente il presidente della Banca Mondiale, Robert B. Zoellick,  che in un messaggio video inviato alla conferenza ha detto: «La Banca mondiale è pronta a sostenere i progetti regionali nei Paesi dell'areale s della tigre e a mobilitare la comunità dei donatori per sviluppare strumenti finanziari innovativi a sostegno dei fondi per la conservazione delle tigre».

Il governo della Thailandia ha annunciato un aumento dei pattugliamenti anti-bracconaggio negli habitat della tigre, la disponibilità ad assistere i Paesi confinanti nel recupero delle popolazioni di tigri e maggiori finanziamenti per l'Asean-Wildlife Enforcement Network.

Michael Baltzer, a capo della Tiger Initiative del Wwf, ha detto: «Siamo felici di vedere un raggio di speranza per la tigre rappresentato dagli impegni dei Paesi dell'areale della tigre di lavorare insieme per raddoppiare il numero delle tigri selvatiche entro il 2022».

Proprio dal Wwf  viene oggi, a 3 giorni dall'inizio dell'anno della tigre, un nuovo allarme: «La regina della giungla ha ancora bisogno di noi», illustrato con una mappa delle 10 maggiori criticità per la conservazione della specie.

L'anno della Tigre come da calendario cinese è alle porte (scatta il prossimo 14 febbraio), mentre l'Anno internazionale della Biodiversità è in corso. Il Wwf ha, quindi, deciso di "unire" queste due celebrazioni per porre la tigre come simbolo della natura che scompare e che dobbiamo difendere se vogliamo salvare anche l'uomo stesso. I numeri, ricordati dall'associazione ambientalista, su questo splendido mammifero non sono certo incoraggianti: dal 1940 si sono già estinte tre sottospecie di tigre (una quarta, la tigre della Cina meridionale, non viene più avvistata in natura da circa 25 anni) mentre dal 1998, l'ultimo anno della tigre, il loro habitat si è ridotto del 40%, arrivando ad occupare solo il 7% del loro range storico. In base alle stime pare che siano ormai rimaste in natura solo 3200 tigri tutte concentrate nel Sud-est asiatico.

«Le tigri vengono ancora oggi sterminate in tutto l'areale che ancora occupano, avvelenate, braccate con ogni mezzo, catturate per il commercio illegale di loro parti e prodotti, e cacciate dai loro antichi territori a causa della distruzione degli habitat - ha sottolineato Massimiliano Rocco, responsabile del Programma specie del Wwf Italia - Ma noi riteniamo e ci auguriamo che nell'Anno della Tigre ci sia ancora speranza per questa magnifica specie. I governi non hanno mai preso prima d'ora un impegno così ambizioso come il raddoppio del numero di esemplari in natura. Gli obiettivi fissati sono cruciali e impegnativi, sia per la salvezza sia della tigre, sia delle persone che condividono con questi animali questi ambienti unici, speriamo fortemente che saranno raggiunti». In effetti dalla recente conferenza ministeriale asiatica sulla Conservazione della tigre, tenutasi in Tailandia a fine gennaio, sono arrivate buone notizie: i 13 stati range della tigre riuniti si sono impegnati a raddoppiare il numero delle tigri presenti in natura entro il 2022. In vista del Summit internazionale che si terrà in settembre in cui governi ed importanti istituzioni realizzeranno un'agenda per salvare la tigre, il Wwf ha voluto mantenere alta l'attenzione realizzando una mappa mondiale delle criticità che mettono a rischio questo animale. «Quello che serve ora è il concreto sostegno politico garantito dal più alto livello governativo degli stati range e dall'intera comunità internazionale che sfrutta in maniera insostenibile e il più delle volte senza preoccuparsi delle proprie responsabilità le risorse naturali di quei Paesi» ha concluso Rocco.

Questi i 10 maggiori punti critici per la sopravvivenza della tigre evidenziati nella mappa del Wwf:

India: la riduzione dell'habitat ha inasprito i conflitti tra persone e tigri che convivono in territori troppo ristretti; Bangladesh: dove il cambiamento climatico potrà comportare entro fine secolo la perdita del 96% della foresta di mangrovie del Sunderbans, habitat della tigre; Russia e regione del Mekong: areali distrutti a causa  della deforestazione causata dal mercato illegale del legname o dalla costruzione di strade e dighe; Cina, Vietnam e Nepal: per il commercio di ossa, pelli, carne di tigre e prodotti derivati per produrre medicinali e costumi tradizionali; Indonesia/Malesia: le industrie per la produzione di olio di palma, polpa di legno, carta, caffè e gomma stanno distruggendo a ritmi devastanti gli ambienti forestali ancora presenti. Stati Uniti: ospitano molte più tigri in cattività (più di 5.000) di quante ne siano rimaste in natura, con poche leggi per evitare che le parti di tigri finiscano sul mercato nero incrementando la domanda di questi prodotti. Stati Europei: hanno una domanda annuale di circa 5,8 milioni di tonnellate di olio di palma, una delle cause principali della deforestazione nell'area asiatica.

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