[11/02/2010] News

Se la sovracapacità fosse di pensiero...

LIVORNO. La ripresa economica c'è, ma l'obiettivo di tornare ai livelli pre-recessione resterà per molti, appunto, solo un obiettivo a cui tendere, ma comunque irraggiungibile. Ancora una volta è la dinamica dei flussi di materia, tante volte negletta, a venire incontro agli economisti impegnati in delicate previsioni. Il colosso della siderurgia ArcelorMittal nel 2009 ha quasi azzerato gli utili e ora guarda con un po' di ottimismo al 2010, dove prevede che le cose andranno meglio grazie a una ripresa delle economie mature: in America ed Europa Arcelor Mittal stima infatti che la domanda crescerà del 15% (contro una media globale del 10%) con un  ritmo pari a quello di Brasile e India e addirittura superiore a quello della Cina (+5%). I numeri tornano se si considera da una parte che la Cina nel 2009 ha salvato i destini della siderurgia mondiale ammassando scorte fino ad esaurire quasi i depositi di stoccaggio, ma soprattutto se la percentuale di crescita viene considerata nel suo valore storico: se infatti nel 2010 la domanda di acciaio dell'Occidente raggiungerà un +15% rispetto al 2009, allora vorrà dire che America ed Europa chiederanno al mercato il 23% in meno rispetto a quanto accaduto nel 2008.

Come dire che i livelli pre-recessione, in quasi tutti i settori, non torneranno mai più, per un semplice motivo: per anni abbiamo viaggiato con il motore a mille, sovraproducendo e sovra consumando rispetto a quelle che erano le reali necessità, disegnando un mondo irreale alla mercé delle più ardite speculazioni finanziarie. La crisi ha fatto ripiombare la terra nel suo guscio, ben delimitato e ben poggiato sulle solide basi dei limiti del suo sviluppo. Lo vediamo oggi con l'acciaio, lo abbiamo visto nei giorni scorsi con le benzine e lo ritroviamo anche finalmente nelle parole dei manager. Istruttiva in questo senso l'intervista che oggi Sissi Bellomo del Sole 24 ore fa con Angelo Caridi dell'Eni: dopo le ovvie rassicurazioni sulla non intenzione da parte di Eni di chiudere le 3-4 raffinerie italiane in perdita, arriva la risposta cruciale:  «La crisi congiunturale gravissima si è innestata su una crisi strutturale: nel bacino mediterraneo la riduzione dei consumi è irreversibile». E una seconda verità: «Inoltre, in Europa c'è da tempo un'eccessiva capacità di produzione di benzine (in Italia anche di gasolio)».

Terza fondamentale questione riconosciuta da Caridi: «Finora la spensierata prodigalità dei consumi americani ci ha consentito di esportare, ma ora le cose stanno cambiando anche negli Usa». Manca solo la logica tesi finale: senza una riconversione ecologica dell'economia (e nello specifico anche una riconversione ecologica delle singole situazioni di sovracapacità produttiva) si torna a quel modello produttivo (e di consumo) obsoleto che ha provocato la catastrofe economica, finanziaria e ambientale che qualcuno vorrebbe già dimenticare, ma i cui effetti sono ancora sotto i nostri occhi. Basterebbe forse che la sovracapacità entrasse nella testa di chi governa e potrebbe orientare l'economia, guardando al di là del proprio naso (e del proprio mandato).

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