[22/02/2010] News toscana

28 febbraio, sorpresa: l'inquinamento esiste ancora...

FIRENZE. L'inquinamento esiste? «Certo che si». Lei è d'accordo con misure finalizzate a contrastarlo? «Certo che si». Lei è d'accordo che in casi emergenziali si rende necessario attuare forme di blocco della circolazione? «Certo che no: sono misure inutili, simboliche, possono soltanto rallentare le emissioni per un giorno, come uno scoglio rallenta il mare per qualche secondo. Ci vuole ben altro».

... Ed ecco che il conformismo interessato e il benaltrismo si riaffacciano ancora una volta, non solo nei bar di periferia ma anche sulle pagine dei giornali, in occasione del venturo blocco della circolazione che coinvolgerà molti comuni italiani (e quasi tutta la pianura Padana) domenica 28. E improvvisamente, per una volta, le posizioni della Lega nord e quelle di gran parte della galassia dell'ambientalismo scientifico vengono a collimare: servono misure strutturali, serve una mobilità sostenibile, altro che misure puntuali che servono solo a sensibilizzare, e che «non hanno nessuna utilità pratica».

Tutto vero, tutto indubitabile. Il problema, però, è che questa posizione («il blocco è inutile») è la stessa che assume uno qualsiasi di quei tanti italiani per cui la "libertà" corrisponde alla velocità, all'ingombro, all'eccesso, all'occupazione di spazio a scapito dello spazio altrui. E' una posizione che, se da una parte è espressione della volontà da parte del movimento ambientalista di superare le misure emergenziali e anti-popolari del passato e indurre la politica ad attuare scelte strutturali, dall'altra esprime solamente il "me ne frego" che tanti nostri compaesani prendono come orizzonte da perseguire ogni volta che si mettono al volante.

Il punto è che, negli ultimi anni, in ampi settori della società italiana, l'inquinamento "non esiste" più, a livello di percezione popolare. "Esiste", certo, nei casi eclatanti, "esiste" accanto a impianti di combustione e intorno alle arterie più trafficate, "esiste" nel momento in cui sono da attivarsi proteste per la protezione del proprio giardino, ma per il resto niente o quasi. E, pur nell'indubitabile contributo dato al percorso di evoluzione del sistema socio-economico verso la sostenibilità rappresentato dall'allarme-global warming, sicuramente la lenta progressività dell'innalzamento delle temperature e delle conseguenze associate, che ha portato gran parte dell'opinione pubblica a ritenere il gw un problema secondario e rimandabile, ha poi influito anche sull'oblio cui è stato sottoposto, in questi anni, l'emergenza-smog.

E la prima conseguenza di ciò è da valutarsi in termini di consenso alle misure strutturali sopra citate, e quindi (nell'era della politica-marketing) in termini di effettiva applicabilità di queste misure: se il cittadino sa che la gran parte dei comuni padani, e molte altre municipalità locali sparse per la penisola, fermeranno il traffico automobilistico con una misura collettiva che non ha precedenti su questa scala in Italia, sarà obbligato a chiedersi perché questa misura sarà attuata. Sarà obbligato ad informarsi (per esempio sull'esistenza della possibile procedura comunitaria di infrazione), e quindi capirà che - anzitutto - la sua salute è davvero messa in pericolo, e che lo è anche il suo portafoglio. E soprattutto sarà, il cittadino, costretto a limitare per un giorno la sua libertà di spostamento: e sarà solo a quel punto che esso si troverà nella condizione di accettare (mille volte di più che in assenza di questi limiti imposti) le inevitabili limitazioni, le inevitabili spese, i disagi, i cantieri che si renderanno necessari per la realizzazione di quelle opere strutturali sopra invocate.

Insomma, la domenica anti-smog non ha, tra le sue sfumature positive, solo una vaga "sensibilizzazione". Queste misure, se condotte su così vasta scala, rappresentano anzi il terreno ideale su cui seminare poi l'adozione di misure strutturali, per il semplice fatto che il cittadino, anche il più individualista, riesce a comprendere la necessità di queste misure solo se il suo "cuore duole", cioè se "il suo occhio vede". Altrimenti, in assenza di una reale percezione del problema, il sostegno alle misure necessarie per la sua mitigazione proverrà solo da una ristretta nicchia politica, come infatti oggi tipicamente avviene in Italia e come le grottesche vicende della tramvia fiorentina hanno simboleggiato limpidamente.

Non è un caso, insomma, che è solo in questi giorni che la proposta del ministro Prestigiacomo per la riduzione dei limiti di velocità, già lanciata in passato ma caduta poi nel dimenticatoio, stia finalmente venendo presa sul serio dal sistema dei media e dagli altri esponenti del sistema politico. Non si sa se essa andrà a buon fine (il ministro Matteoli, intanto, ha già ribadito la sua nota contrarietà alla misura) ma comunque è indubitabile che essa solo oggi può essere realmente dibattuta, mentre fino ancora a qualche giorno fa essa sarebbe stata accolta dalla "maggioranza silenziosa" con un'alzata di spalle, se non con una risata.

E lo stesso vale per l'ipotesi della realizzazione di un terminal off-shore a servizio delle idrovie interne, che costituirebbe un'evoluzione dello scalo costiero già presente a Porto Levante (Rovigo): un'infrastruttura il cui impatto andrà valutato attentamente dal punto di vista paesaggistico e per i maggiori traffici fluviali che indurrà in un'area delicata quale la foce del Po, ma comunque un sistema che, secondo "La Stampa", potrà avere una capacità di movimentazione di 1,5 milioni di t/anno, che saranno in gran parte sottratte al traffico su strada nella misura di «57-58000 camion completi».

E valutazioni analoghe possono essere fatte per la realizzazione delle linee 2 e 3 della tramvia fiorentina, o anche per la percezione della Tav stessa in tutte le aree dove essa deve ancora essere messa in opera: insomma, certo non finirà la sindrome Nimby per un giorno di blocco auto nazionale, ma è comunque indubitabile che, da domenica 28 ma già in questi giorni a causa delle grande risonanza che sta ricevendo la notizia, il fiume in cui naviga il dissenso alle opere per la mobilità sostenibile diminuirà di un bel pezzo la sua portata attuale.

Torna all'archivio