[26/02/2010] News toscana

Tutti i numeri, le fonti e i trend del Pm10 primario e secondario in Toscana

FIRENZE. Per il solo Pm10 primario, dati Irse ripresi nelle analisi relative al progetto "Patos" (Particolato atmosferico in Toscana), indicano che fino al 1995 il principale comparto di emissione era la mobilità, con una stima di 4473 tonnellate presenti in atmosfera a fine anno. Seguivano il riscaldamento (4065 t), l'industria (3179 t) e le altre sorgenti, comprese quelle naturali come le polveri crostali e quelle marine (954 t). Dal 2003, i rapporti di forza si sono invertiti: il riscaldamento, con 4695 t, ha superato le 4379 t derivanti dal comparto mobilità.

Al 2005, le proporzioni tra le fonti emissive vedevano spiccare il comparto riscaldamento (5496 t), che ha visto in questi anni una crescita costante, mentre le emissioni derivanti dalla mobilità sono rimaste sostanzialmente stabili (4434 t): in forte calo, invece, le emissioni industriali di pm10, che hanno raggiunto il picco nel 2000 (3389 t) e sono poi calate fino alle 1942 t del 2005.

Forti oscillazioni invece, com'è ovvio vista la significatività in esse della componente naturale, hanno caratterizzato la categoria "altro". Nella parte superiore dell'immagine, che riprende studi presentati in gennaio da Mario Romanelli - dirigente del settore Qualità dell'aria della Regione - si possono osservare agevolmente le variazioni presentate.

In termini percentuali, l'incidenza al 2005 del riscaldamento domestico sulla concentrazione di Pm10 primario era del 44%, quella della mobilità del 27%. Significative emissioni di polveri derivavano anche dall'industria e in generale dal sistema produttivo (9%-10%), dalle attività di trasformazione dell'energia (5%) e dall'agricoltura (3%).

Ma qual è il rapporto quantitativo tra Pm10 antropico primario, antropico secondario e naturale? Come si osserva nella parte inferiore dell'immagine, questo rapporto cambia a seconda della tipologia di stazione cui facciamo riferimento: il Pm10 primario vede le sue massime concentrazioni nelle stazioni di tipo "urbano traffico", e va considerato anche che - molto probabilmente - una significativa frazione della categoria "non attribuibile" è riportabile proprio al Pm10 primario, anche se ciò non è dimostrabile scientificamente. Il Pm secondario si riscontra soprattutto nelle stazioni del tipo "urbano fondo" e in quelle "periferico fondo", mentre le polveri naturali si distribuiscono in modo più uniforme.

Secondo quanto spiegato da Romanelli in occasione della presentazione dei dati sulle emissioni inquinanti regionali negli ultimi 7 anni, l'evidenza più significativa che emerge da questi dati è che «nei siti classificati come urbani fondo (quelli realmente significativi per valutare l'effettiva qualità dell'aria al di fuori dei punti "di picco", nda) il Pm10 secondario contribuisce per oltre un terzo (sino al 45%) ed è nettamente prevalente rispetto al Pm10 primario». Su scala regionale media, quindi, il contributo del Pm10 secondario «insieme al contributo del naturale rappresenta oltre i due terzi del livello di concentrazione di Pm10 misurato».

E considerazioni simili possono essere avanzate anche per i siti "urbani di traffico", dove «i contributi percentuali delle masse del Pm10 secondario e del Pm10 naturale ai livelli di concentrazione superano insieme oltre la metà della massa di Pm10 misurato».

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