[26/02/2010] News

Mongolia: l’Undp avvia un progetto “cash-for-work” per recuperare 5 milioni di carcasse di bestiame

LIVORNO. L'United nations development programme (Undp) sta cercando di arginare in Mongolia una catastrofe economica e umanitaria che potrebbe trasformarsi in un incubo ecologico e sanitario. Ieri l'agenzia Onu per lo sviluppo ha lanciato un progetto "cash-for-work" (denaro per lavoro) per raccogliere le carcasse di centinaia di migliaia di animali da allevamento morti a causa del gelo polare e dell'eccezionale caduta di neve. Gli animali colpiti comprendono capre, pecore, cavalli, cammelli, mucche e yak.

I mongoli sono abituati alle temperature rigide ed a condizioni difficili per allevare il loro bestiame, ma quest'anno si è presentato un fenomeno climatico estremo che localmente viene chiamato "Dzud", un inverno glaciale e pieno di neve, con temperature arrivate a meno 50 gradi centigradi. Una vera e propria catastrofe in un Paese dove un terzo della popolazione viveva già al di sotto della sogliadi povertà, un numero che lo Dzud sembra destinato a far crescere molto.

Circa il 60% della Mongolia è sepolta sotto una coltre di neve ghiacciata che va da 20 a 40 centimetri che impediscono al bestiame di spostarsi verso le zone di pascolo per cibarsi. Sarebbero già morti almeno 2,5 milioni di animali e le loro carcasse rappresentano ora un rischio sanitario terribile, secondo l'Unpd «A contatto con la neve, questi cadaveri di animali potrebbero inquinare i suoli e favorire la propagazione di malattie e di infezioni».

Il progetto dell'Onu prevede che 60 mila pastori mongoli ricevano un salario per raccogliere ed interrare le carcasse. L'iniziativa è rivolta in particolare agli allevatori più vulnerabili che disponevano di mandrie con meno di 200 capi.

Il rappresentante dell'Undp in Mongolia, Akbar Usmani, spiega che «Il bestiame costituisce il principale mezzo di sussistenza per numerosi mongoli e molte persone hanno perso tutte le fonti di guadagno e di alimentazione».

La tragedia del bestiame non sembra ancora finita, secondo il governo di Ulan Bator e la National emergency management agency (Nama), che ha già affrontato il devastante Dzud del 2001, entro la fine del lungo inverno mongolo, che dura fino a giugno, moriranno altri 3 milioni di animali. Per raccogliere le carcasse di almeno 5 milioni di animali il governo chiede 4 milioni di dollari, l'Unpd ne ha già stanziati 300.000 e continua a fornire risorse supplementari con l'aiuto di altre agenzie Onu. Secondo Usmani «Mentre i bisogni urgenti di cibo, ripari riscaldati e cure sanitarie devono esser regolamentate questo approccio ha il merito di evitare la diffusione di malattie ed anche di permettere alle famiglie di nutrirsi durante l'inverno».

In Mongolia, a causa dei cambiamenti cliatici e dell'espansione dell'estrazione mineraria, le aree a pascolo sono in forte regressione, ma nel contempo aumenta il bestiame privato. La Nama spiega che «Questa combinazione sta esercitando una pressione crescente sulle scarse terre pastorali. Pochi pastori hanno competenze alternative o accesso alla formazione per acquisire nuove competenze. L' Early recovery plan si baserà su soluzioni a lungo termine per migliorare la gestione dei pascoli, fornire mezzi di sussistenza alternativi agli allevatori e rafforzare la prevenzione delle calamità nel Paese».

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