[09/03/2010] News

Nucleare, luci ed ombre al supermarket parigino

LIVORNO. La Conférence intenationale sur le nucléaire civil che si chiude oggi a Parigi sta puntando molto, con la complicità della dirigenza dell'Ocse e di quella del presidente della Commissione europea Manuel Barroso, ad indicare la via francese al nucleare come la più virtuosa per realizzare le centrali e per scongiurare allo stesso tempo la corsa alla non proliferazione delle armi nucleari.  Una via che in realtà ha una storia molto più accidentata, avviata con esperimenti nucleari in Algeria dei quali proprio in questi giorni spuntano le vittime dimenticate, e legata a filo doppio proprio alla proliferazione nucleare ed alla costituzione della Francia in potenza atomica con una "force de frappe"  di dissuasione nucleare voluta da De Gaulle già nel 1958. Il nucleare civile francese ha quindi un padre militare, come quasi tutti quelli delle grandi potenze del club nucleare che oggi vorrebbero impedire che altri facciano quel che loro hanno iniziato per prime.

La "force de frappe" di De Gaulle, ereditata dal gollista Nicolas Sarkozi, è ora messa al servizio delle industrie nucleari (statali) francesi che guardano con l'acquolina in bocca (e le tasche piene di debiti) alla torta degli oltre 450 nuovi reattori che secondo la World Nuclear Association (Wna), dovrebbero essere costruiti nel mondo in 35 Paesi (Italia compresa) entro il 2030. Che la Wna sia la confederazione delle imprese nucleari istituita nel 2001 e che rappresenti il 95% della produzione di elettricità nucleare del mondo al di fuori degli Usa, non sembra disturbare assolutamente i delegati dei 60 (o 65 a seconda delle fonti) paesi riuniti alla sede dell'Ocse a Parigi, evidentemente abituati a questi enormi conflitti di interesse e che accolgono come oro colato previsioni che, se realizzate, prosciugherebbero gran parte dei finanziamenti destinati alle energie rinnovabili e allo sviluppo sostenibile e farebbero schizzare alle stelle il prezzo del già scarso uranio. Il gigante nucleare francese Areva ha spiegato che il 20% del mercato dei nuovi reattori da costruire sarà in Paesi senza nessuna esperienza nucleare.

In effetti sono diversi gli Stati che cercano di accaparrarsi una centrale nucleare o di rilanciare un programma nucleare civile «Per ridurre la loro dipendenza energetica dal carbone, dal petrolio e dal gas e ridurre le loro emissioni di CO2», come ripetono, quasi fosse un mantra, tutti i relatori, fra i quali alcuni dei maggiori finanziatori dei gruppi eco-scettici e rappresentanti di governi che dicono che il global warming non dipende dalle attività antropiche e dai gas serra. Tutti portano ad esempio gli Emirati arabi uniti che hanno appena affidato la realizzazione di 4 reattori ai sudcoreani della Kepco e alla conferenza è evidente la soddisfazione per la marcia indietro di Barack Obama, costretto dalle lobby energetiche Usa a concedere finanziamenti per 40 miliardi di dollari al nucleare Usa.

Sarkozy ieri, dopo essersi lamentato degli scarsi finanziamenti internazionali pubblici al nucleare, ha anche chiesto l'istituzione di una «banca del combustibile» gestita dall'Iaea per evitare le interruzioni dell'approvvigionamento di uranio, ammettendo implicitamente che il nucleare ha gli stessi problemi di accesso alle risorse del petrolio, come dimostra anche il recente colpo di Stato in Niger, la bottega nucleare che Areva pensava di tener aperta a proprio piacimento.

Invece l'Institut international de l'énergie nucléaire che secondo il presidente francese «Concentrerà i migliori insegnanti e ricercatori per offrire una formazione di qualità molto alta» vedrà «il primo centro messo in funzione in Giordania», che il Paese arabo abbia una lunga fila di pretendenti davanti al palazzo reale per costruire una centrale nucleare non dovrebbe essere una coincidenza da poco per il piazzista atomico Sarkozy che cerca con questo gadget una rivincita ad Amman per la sconfitta subita dai coreani ad Abu Dhabi. Sarkozy è scatenato: ha chiesto addirittura una specie di eco-label nucleare. L'Iaea dovrebbe realizzare una classificazione, in base alla loro sicurezza, dei reattori nucleari proposti alla vendita sul mercato internazionale: «Oggi il mercato non classifica che secondo criteri di prezzi. Che l'Iaea si prenda la responsabilità di dire: ecco i differenti reattori che sono sul mercato, ecco la loro classifica sul tema della sicurezza».

Il segretario aggiunto per l'energia Usa, Daniel Poneman, ha detto: «Dobbiamo continuare a concentrarsi sulla sicurezza. Un incidente nucleare da qualche parte è un incidente dappertutto. Gli incidenti di Three Mile Island (Usa) nel 1979 e di Cernobyl (Ucraina) nel 1986 avevano portato al congelamento della maggior parte delle costruzioni di centrali nucleari nel mondo. Questa pagina sembra attualmente ben girata».

Sulla sicurezza è intervenuta la vera padrona di casa, la presidente di Areva Anne Lauvergeon, fresca reduce dalle polemiche su Niger e dintorni e sulle rivelazioni fatte da "Sortir du Nucléaire" sui pericoli del reattore Epr, il presunto "gioiellino" atomico francese. La Lauvergeon ha avuto l'improntitudine di mettere in guardia la Conferenza dallo sviluppo di centrali nucleari nei Paesi emergenti dove i prezzi andrebbero a detrimento della sicurezza: «Non possiamo vedere svilupparsi un nucleare a due velocità: un nucleare low cost e cheap per alcuni e un nucleare high standards per gli altri». Russi e cinesi non sono sembrati molto contenti né di Sarkozy né di Areva.

Qualche richiamo alla prudenza di fronte a tanto entusiasmo nuclearista viene da una parte insospettabile: la Cina. Oggi l'agenzia ufficiale Xinhua, facendo una cronaca della conferenza di Parigi, scrive: «Il costo del nucleare resta però molto elevato, al livello di tre o quattro miliardi di euro al minimo per reattore. Si pone anche il problema del ritrattamento, dello stoccaggio dei rifiuti e della disponibilità di competenze professionali». Una prudenza della quale sarà bene tengano conto  anche i cantori del "rinascimento" nucleare evocato anche da Sarkozy, perché se la conferenza parla francese, la lingua del nucleare del futuro sembra soprattutto il mandarino cinese.

Il rappresentante della Cina a Parigi, il vice-direttore dell'Amministrazione energetica nazionale della Cina, Wu Yin, ha detto che «La Cina sostiene lo sviluppo dell'energia nucleare attraverso una via ordinata e sotto dei regolamenti. L'energia nucleare gioca un ruolo importante nella conservazione dell'energia, la protezione dell'ambiente e la lotta contro il cambiamento climatico. Si tratta di una scelta importante per lo sviluppo dell'energia per molti dei Paesi emergenti. Modificare il modello di sviluppo energetico, ottimizzare la struttura energetica e ridurre le emissioni di anidride carbonica fanno parte dell'aspirazione comune del mondo. La Cina ha accelerato la costruzione delle centrali nucleari in questi ultimi anni. Oltre alle 11 centrali in servizio, altre 21 sono in costruzione».

Wu ha fatto anche alcune richieste: «La sicurezza dell'energia nucleare è un problema al di là delle frontiere. Dobbiamo operare per adottare una cultura dell'utilizzo sicuro dell'energia nucleare: Chiedo ai Paesi sviluppati di aiutare i Paesi in via di sviluppo a stabilire dei regolamenti riguardanti l'utilizzo dell'energia nucleare».

Nonostante le luci e la pubblicità e l'insegna lampeggiante, il supermarket nucleare di Parigi deve fare i conti con il problema irrisolto della sicurezza e, a quanto pare, i cinesi sono pronti a piazzare accanto alla vetrina di Sarkozy, Areva ed Edf una bottega del nucleare a basso costo, o forse anche un discount.

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