[22/03/2010] News

De-crisi da scienza post-normale

BARCELLONA (Spagna). Ad Alang in India, oltre 200 barche oceaniche si smantellano sulla spiaggia; opera di 40.000 lavoratori in condizioni di schiavitù. Quella che era un paradiso per pescatori e dei, oggi è un ammasso di rifiuti tossici irrecuperabile. Sintomo dell'eccessiva capacità produttiva ad cui è scaturita la crisi economica, come i milioni di disoccupati europei e non (tossici anche questi?).

La crescita economica privatizza i profitti, mentre esternalizza e collettivizza i costi. Il sistema finanziario è arrivato vicino al collasso, per eccessivi debiti contratti. Debiti prontamente riscattati dai governi con fondi pubblici (senza poi implementare alcuna riforma significativa del sistema). La crescita economica (con i suoi potenti) è la responsabile della crisi sistemica e multidimensionale (economica, sociale ed ambientale) che ci troviamo a dover affrontare.

Gli effetti della crisi li sentiamo sulla nostra pelle, ma è importante non perdere la prospettiva. Ricordiamo alcune sue caratteristiche. Primo, l'urgenza. Se non sapremo attuare con prontezza alcuni cambiamenti globali diventeranno irreversibili. Secondo, l'incertezza. Non sappiamo quali saranno le sue reali conseguenze, e non le sapremo con sicurezza finché non sarà troppo tardi. Terzo, giochiamo grosso. La posta è alta, nel lungo termine la esistenza stessa della specie umana.

Pensiamo, tra gli altri, allo spreco delle risorse non rinnovabili, al cambiamento climatico, alla perdita della biodiversità e delle fonti di sostentamento per milioni di persone.

Le proposte di New green deal o 'crescita verde' appaiono quantomeno bizzarre nella loro impossibilità ed insensatezza. Non vale neanche la pena discuterle. Sarà molto più saggio elaborare un piano di de-crisi, che come caratteristica di partenza rifiuti la causa del problema, cioè la crescita, iuttosto che proporla come soluzione. *

La riflessione e proiezione di una visione alternativa che consideri la limitatezza delle risorse e la diminuzione delle diseguaglianze, non è nuova. Quello di cui abbiamo bisogno oggi, è di declinare ed articolare le sue proposte pratiche e politiche: un ricettario per l'azione (individuale e collettiva). Molte già esistono, siamo chiamati ad innovare e crearne altre.

A scanso di confusioni, all'interno di un contesto veramente democratico, dovrebbero essere le persone a decidere sull'evoluzione della società, non la tecnologia ed il mercato. A questo fine sarà compito nostro (di tutti), la creazione di situazioni dove prevalga l'umanità, la responsabilità e la creatività.

Questo è la cornice con la quale è stata organizzata la seconda conferenza internazionale sulla decrescita dal 26 al 29 Marzo 2010, a Barcellona, con la partecipazione della società civile, un esperimento da scienza post-normale.

L'intenzione è quella di stimolare la ricerca cooperativa attorno alle tematiche della decrescita per la costruzione di un progetto politico. A questo fine, è necessario elaborare, discutere e sviluppare proposte politiche concrete, congiuntamente ad una agenda della ricerca prioritaria, sui temi dell'occupazione, monete, istituzioni finanziarie, infrastrutture, pubblicità, risorse naturali, reddito minimo e massimo, tra gli altri. L'esperimento sta in una conferenza organizzata con metodi partecipativi (o di micro-democrazia).

La bozza di dichiarazione finale della conferenza, sarà un documento guida su cui siamo a chiamati a contribuire (ed attuare) nel futuro.

Gli oltre 300 partecipanti, sono invitati a contribuire ai quattro giorni di conferenze, dibatti, presentazione di più di 200 articoli scientifici e 30 laboratori partecipativi su temi chiave. Per questi ultimi, la vera novità del congresso, sono stati preparati vari articoli di stimolo (steering / stirring papers) giá consultabili su www.degrowth.eu. Ad ognuno dei gruppi di lavoro parteciperanno ricercatori, attivisti, praticanti ed amministratori che per le loro attività (teoriche e/o pratiche) potremmo chiamare esperti.

Gli scienziati possono contribuire a questi processi, offrendo le loro analisi ed informazioni. Tuttavia sul 'che fare', 'come farlo' e 'farlo', tutti sono chiamati a partecipare, sia nella teoria che nella pratica.

Facciamo un esempio. É giunta l'ora che il Pil vada in pensione. Per quanto riguarda la sostenibilità, gli economisti ecologici ci offrono una serie di indicatori alternativi: impronta ecologica, analisi dei flussi di materiale (Mfa), appropriazione umana della produzione primaria netta (Hannp), analisi input-output (Ioa), analisi del ciclo di vita (Lca), evoluzioni integrate multidimensionali (MuSiasem), etc... Esistono varie proposte per rendere il processo di presa delle decisioni più trasparente e democratico, come l'analisi multi-criteriale (o multi-fattoriale) partecipativa proposta dall'economista Giuseppe Munda.

Francois Schneider, tra i promotori della conferenza, precisa che la decrescita non consiste solo nell'andare oltre il Pil, si tratta: di riconoscere che c'è qualcosa al di là dei soldi, qualcosa al di là della onnipresenza dei mercati e degli interscambi nelle nostre relazioni, qualcosa al di là l'essere consumatori e produttori, qualcosa a parte la società industriale. Lo sfruttamento delle risorse e delle persone può decrescere (come il numero di barche tossiche che va ad Alang). Condividere è fondamentale, cosi come l'approfondimento della democrazia.

La decrescita è un movimento sociale nato dalle esperienze di sovranità alimetare, democrazia diretta e partecipativa, ecologismo, co-housing, occupazioni, neo-rurali, rivendicazioni degli spazi pubblici, cooperative di consumo, energie rinnovabili, riciclo e prevenzione dei rifiuti. É uno slogan, un movimento, e presto un programma di ricerca. Secondo Joan Martinez Alier, un ottimo caso di 'activist-led science' (scienza guidata dagli attivisti), verso un nuovo ramo delle scienze sociali per la sostenibilità che si potrebbe chiamare 'studi sulla decrescita economica' o 'studi sulla transizione (o meglio trasformazione) socio-ecologica. Per di più, la decrescita offre l'opportunità di articolare i movimenti sociali. Il nuovo progetto di Enric Duran, attivista per la decrescita, si chiama: 'Reti in rete: tessendo alternative' (redesenred.net).

Non esiste una sola soluzione. Esistono complementarietà e multidimensionalità dei problemi e delle soluzioni. Senza dubbio, abbiamo bisogno di abbandonare il pensiero economico (unico) e sfidare i mercati globalizzati, mentre nel frattempo ci servono mercati locali delle verdure e forme di economie aperte (re)localizzate. Abbiamo bisogno di fare meno e certamente farlo in modo diverso. Per questo motivo, la decrescita non è solamente una transizione, è una trasformazione.

versione copyleft

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* L'occasione è ghiotta per ribadire la posizione di greenreport, al di là delle sfumature (e del caos alimentato anche dalle traduzioni) sui significati tra loro in realtà spesso sovrapponibili di termini come descrescita, sviluppo sostenibile, economia ecologica o green economy.

Per greenreport l'obiettivo è quello di comprendere cosa può crescere -anche quantitativamente- e cosa non deve crescere -neppure qualitativamente- perché si vada in direzione di una sostenibilità dei flussi di energia e di materia che sta alla base di un nuovo modello di sviluppo, dove la qualità della vita, dell'ambiente in cui si vive, della socialità siano contabilizzati per il loro vero valore.

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