[24/03/2010] News

Le super-megalopoli cinesi del futuro: la Repubblica Popolare dei servizi

LIVORNO. Il Quotidiano del Popolo, in coincidenza con il summit di UN-Habitat a Rio de Janeiro, pubblica un interessante dossier intitolato "L'urbanizzazione futura della Cina" che traccia un quadro che ricorda certa fantascienza: «Delle vaste megalopoli, di uno stile ancora mai visto prima nel mondo, potrebbero essere il modo per andare verso un futuro più verde in Cina».

Il giornale comunista cinese riprende un dossier di The climate group, un'associazione ambientalista americana che a quanto scrive non sembra certo tra le più a sinistra, che spiega che entro il 2025, la Cina avrà 8 megalopoli con più di 10 milioni di abitanti: Pechino, Shanghai, Chengdu, Chongqing, Guangzhou, Shenzhen, Tianjin e Wuhan, e secondo i dati forniti dalla McKinsey & Co «Questo farà parte di una massiccia tendenza all'urbanizzazione che vedrà, nello spazio di meno di una generazione, 325 milioni di persone vivere nelle città».

Secondo Wu Changhua, direttrice di Greater China, affiliata a The Climate Group, «E' possibile fornire energia e servizi essenziali in maniera più efficace in quanto si tratta di zone urbane a forte concentrazione. L'urbanizzazione è considerata come uno delle soluzioni ai problemi relativi all'energia ed al clima. Perché si può ottenere un utilizzo più efficace dell'energia. Gli urbanisti cinesi hanno l'occasione di progettare nuove città che saranno effettivamente carbon neutral, e questo utilizzando delle tecnologie di punta».

Le cifre sono enormi: secondo l'agenzia americana di valutazione McKinsey, entro il 2030, 120 milioni di persone (il doppio della popolazione italiana) vivranno nelle megalopoli cinesi, 34 milioni in più che nel 2007, e solo Pechino e Shanghai usciranno da questa categoria. Chongqing potrebbe essere la prima città cinese a raggiungere i 30 milioni di abitanti, con una crescita 6 volte superiore a quella conosciuta da Chicago per svilupparsi nei 50 anni prima del 1900. Così un insieme di piccolo centri e villaggi si trasformerà in una delle più grandi nuove conurbazioni urbane del pianeta.

Il Quotidiano del Popolo riporta anche il parere di Matin Jacques, autore di "Quando la Cina dominerà il mondo" (cioè entro il 2050) che mette in guardia: «La Cina dovrà far fronte alle sfide che pone questo tasso di sviluppo con nuove soluzioni. E' evidente che queste città non potranno essere costruite intorno all'automobile, perché se il tasso di proprietà delle auto arrivasse a quello dell'Occidente, queste città sarebbero completamente bloccate».

Il vicepresidente dell'Accademia di ricerca macroeconomica della Commissione nazionale per lo sviluppo e la riforma, Ma Xiaohe, è preoccupato per come l'emergenza megalopoli si rifletterà anche sulle città medie e piccole «Le città più grandi potrebbero allora condividere le loro risorse con le città piccole e medie, creando così delle economie della logistica, una grossa riserva di manodopera, ma anche riducendo i costi generali. Lo sviluppo di megalopoli è la migliore soluzione possibile per un Paese come la Cina, dove la popolazione è particolarmente densa e dove i terreni e l'acqua sono rari. Per le città che non faranno parte di questi nuovi centri urbani, il rischio è quello di restare indietro. L'economia delle zone situate al di fuori di questi grandi insiemi urbani potrebbe anche crollare. E' d'altronde quel che è successo in Giappone, dove il 70% del Pil prodotto da solo tre aree urbane: Tokyo, Osaka e Nagoya».

Un addensamento sociale ed economico e una conseguente "rigidità" energetica che fanno paura anche ai comunisti cinesi, che sanno quanto sia difficile già ora, nonostante la dittatura, controllare queste complicate "macchine urbane che sembrano sfuggire ad ogni pianificazione urbanistica e delle risorse.

Secondo Lu Bin, a capo del dipartimento di pianificazione urbana e regionale dell'università di Pechino, il problema è se davvero in queste megalopoli ci saranno tanti posti di lavoro nei servizi per sostenere popolazioni grandi come quelle di Stati. Evidentemente Li ha ben presente la lezione delle città occidentali post-industriali "dei servizi": «E' altrettanto importante che ci siano delle città piccole e medie per sostenere la città principale. Le città più piccolo potrebbero offrire dei posti di lavoro nell'industria e le persone potrebbero spostarsi all'interno della conurbazione. E tutti i vari poli di questa megalopoli si nutrirebbero, in un certo modo, gli uni degli altri ed avrebbero degli scambi di attività economiche e di popolazione».

Attualmente in Cina vivono nelle città 600 milioni di persone, il 45% del miliardo e 300 milioni di abitanti del Paese, ma nel 2030 i cinesi urbanizzati saranno un miliardo e più del 70% saranno migranti che provengono dalle zone rurali. Un vero è proprio gigantesco rivolgimento sociale, economico ed ambientale che cambierà il volto della Cina e del mondo e probabilmente anche quello del potere politico. Eppure Pu Yufei, ricercatore emerito del Centro di informazione dell' Stato, il think-tank del governo comunista, è convinto che «Questo livello di urbanizzazione darà un maggiore impulso all'economia del Paese. Il processo di urbanizzazione creerà delle enormi opportunità di fare affari e creerà così una domanda di beni e servizi. D'altronde, si avvera quello che i vecchi contadini si rivelano spesso essere degli imprenditori che hanno successo quando si installano in città».

Il potere cinese ha evidentemente già pronto il piano di ingegneria sociale dell'urbanizzazione, somiglia terribilmente a quanto già accaduto da noi in occidente, ma non lo vogliono e non lo possono dire... una cosa è certa, la Repubblica popolare dei contadini e degli operai verrà sostituita da quella degli imprenditori e dei servizi.. e magari dei precari.

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