[25/03/2010] News

Ecco dove prenderà l’Uranio il Giappone: in Kazakistan, la pattumiera atomica dell'Asia

LIVORNO. Il piano del governo giapponese di costruire 14 nuove centrali nucleari entro il 2030 ha un problema: dove trovare l'uranio in più per il loro funzionamento? La risposta è arrivata dal ministro degli esteri del Kazakistan, Kanat Saudabaiev, che ha annunciato all'agenzia giapponese Nikkei che il Paese ex sovietico aumenterà le sue forniture di uranio verso il Giappone per arrivare ad una presenza sul mercato del sol levante che addirittura decuplicherà molto rapidamente.

«Le nostre intese sull'ampliamento della cooperazione nel ciclo del combustibile nucleare permetteranno di portare la quota dei prodotti di uranio kazaki sul mercato giapponese dal 4% al 40%», ha detto  Saudabaiev e poi ha spiegato che in particolare un accordo già stipulato tra la Kazakhatomprom (l'operatore statale kazako per l'esportazione dell'uranio e dei suoi derivati, di terre rare, di combustibile nucleare e di attrezzature e materiali sia per il nucleare civile che per quello militare) e delle imprese giapponesi, prevede «la conversione del concentrato di uranio giapponese nell'impianto metallurgico di Oulba (Kazakistan orientale). Questi prodotti di uranio serviranno più tardi a fabbricare "compresse" di combustibile».

L'aumento esponenziale delle forniture è il primo frutto dell'accordo firmato il 2 marzo  tra Astana e Tokyo per la cooperazione nel nucleare civile. Il ministro degli esteri di Astana spiega che «L'accordo permette di ampliare il campo della nostra cooperazione. Il Kazakistan vuole soprattutto ottenere le tecnologie giapponesi per la sua industria nucleare».

Che il Kazakistan sia un regime autoritario retto da una satrapia familiare e che sia stato accusato anche recentemente di traffici nucleari con l'Iran sotto sanzioni, non sono problemi che sembrano sfiorare il nuovo governo democratico e di centro-sinistra del Giappone, così come a nessuno sembra davvero interessare che questa dittatura centro-asiatica sia forse il Paese del mondo con il più alto livello di inquinamento radioattivo e chimico, una bruttissima eredità dell'epoca sovietica e della guerra fredda, quando le miniere di uranio venivano sfruttate senza nessuna preoccupazione ambientale ed il Kazakistan era un poligono di tiro per testare le armi nucleari  e una discarica dove ammassare le armi ed i rifiuti chimici dell'Urss.

Quello che conta nella corsa all'uranio del Kazakistan non sono certo i diritti umani, la democrazia o la devastazione ambientale, sono le 13.500 tonnellate di uranio che il Paese ha prodotto nel 2009, con un aumento del 58% rispetto al 2008, che hanno fatto diventare il più grande Paese dell'Asia centrale il leader mondiale della produzione di uranio.

Il 15 dicembre scorso l'agenzia nucleare di Astana annunciava: «Le entrate consolidate di  Kazatomprom nel 2009 saranno del 53% superiori ai risultati del 2008. Kazatomprom sviluppa anche degli assi promettenti come il riciclo e l'arricchimento dell'uranio naturale, la produzione di combustibile per reattori, la realizzazione e  l'utilizzo di reattori a bassa e media potenza. La società progetta inoltre di creare in Kazakistan delle unità di produzione di terre rare».

Il supermarket nucleare centroasiatico è aperto e a nessuno sembra interessare la fedina penale del padrone e la sporcizia tossica nascosta sotto gli scaffali.

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