[30/03/2010] News

Commodities tra stagnazione e boom: le due facce nello stesso pianeta

LIVORNO. «Un trend di "ingiustificata e costante" ascesa data la generale stagnazione  della domanda a livello mondiale che ha portato le quotazioni di marzo a lievitare  del 70% rispetto ai prezzi dello scorso novembre». Stiamo parlando di metalli non ferrosi, la frase è tratta dal Sole 24 ore di oggi e le virgolette sono il pensiero di Assofond, la federazione nazionale delle fonderie, a cui spetta la quotidiana lamentela contro i costi dell'energia in Italia: ridurre questi costi è considerata «l'unica strada» percorribile per affrontare un mercato «dominato da colossi come Cina e India  che hanno la necessaria liquidità per fare incetta  di materie prime su tutte le piazze mondiali».

La contraddizione è evidente e la seconda affermazione smentisce indubitabilmente la prima: la stagnazione della domanda a livello mondiale è un'enorme boutade, una favola buona solo per giustificare lamentele e richieste di aiuto: la complessità dell'economia mondiale è data proprio dalle diverse velocità che si misurano nei diversi stati ma addirittura all'interno di ciascun stato tra settori diversi. Per questo, invece, non è affatto «incontrollabile e contraddittorio l'aumento del costo della ghisa e del rottame», ma anzi è facilmente spiegabile da una parte con i cali di prezzi quelli sì reali, dell'anno scorso delle materie prime, che hanno messo fuori gioco i rottami e le materie prime seconde, dall'altro proprio con una domanda che nei paesi in via di sviluppo si fa quasi beffe della stagnante domanda dei paesi già sviluppati.

La crisi, infatti, il mondo occidentale la sta ancora vivendo in pieno, con le sue conseguenze sociali prima di tutto, che disegnano generalmente una leggiera ripresa economica a fronte di un'occupazione che invece continua a calare e stenterà a lungo prima di ripartire (quindi una decrescita tutt'altro che felice). Contemporaneamente in Paesi come la Cina  o l'India la crisi è stata poco più di un singhiozzo, la crescita a doppia cifra è già ricominciata (non si è mai arrestata) e in una situazione come questa (oggi diamo conto in un altro pezzo del sorpasso industriale cinese ai danni del Giappone) è ovvio che la sintesi globale mette il segno ‘+' sui prelievi di materie prime, sulle lavorazioni e alla fine della catena, sulla produzione di rifiuti, in tutte le fasi del processo.

Lo sa bene il Sole, che al contrario di quanto afferma nel pezzo su Assofond snocciola nella pagina dedicata alle commodities le statistiche che giustificano l'ulteriore salita dei prezzi, soprattutto di rame e nickel con quest'ultimo che sbanca grazie proprio alla prorompente crescita della produzione cinese di acciaio inossidabile «che dovrebbe toccare il nuovo record di 2,77 milioni di tonnellate a trimestre».

 Ancor più emblematico il motivo ipotizzato dal Sole per un futuro calmieramento dei prezzi: non certo minori consumi, minori prelievi, più efficienze o più riutilizzo di materie prime seconde, bensì il lancio di un nuovo prodotto, che i cinesi chiamano ‘pig iron' ottenuto dalla lavorazione di minerali a basso contenuto di nickel, in grado di sostituire il metallo raffinato.

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