[31/03/2010] News

Sulle tracce del gemello cattivo del global warming

LIVORNO. Secondo lo studio "Paleo-perspectives on ocean acidification", pubblicato oggi su Trend in Ecology and Evolution,  «Dall'aumento delle emissioni di CO2 di origine antropica in atmosfera derivano mutamenti fondamentali e senza precedenti nella chimica degli oceani. Ciò ha portato a cambiamenti nella fisiologia di una grande varietà di organismi marini e, di conseguenza, nell'ecologia dell'oceano. Questa ricerca esplora i recenti progressi nella comprensione dell'acidificazione degli oceani, con un'attenzione particolare ai cambiamenti avvenuti nel passato nella chimica degli oceani e su cosa possono dirci sulle modifiche attuali e future».

Carles Pelejero, dell' Institució catalana de recerca i estudis avançats , Eva Calvo dell'Institut de ciències del mar di Barcellona e Ove Hoegh-Guldber, del  Global change institute dell'università australiana del Queensland, spiegano: «Noi sosteniamo che le condizioni degli oceani siano molto più estreme rispetto a quelle delle quali hanno fatto esperienza gli organismi e gli ecosistemi marini per milioni di anni, Questo sottolinea l'urgente necessità di adottare politiche che riducano drasticamente le emissioni di CO2».

Secondo i ricercatori l'acidificazione degli oceani, che è ormai soprannominata "Evil twin of global warming" (il gemello cattivo del riscaldamento globale) è in atto più velocemente di quanto si pensasse: «Le prove raccolte dagli scienziati di tutto il mondo nel corso degli ultimi anni suggeriscono che l'acidificazione degli oceani potrebbe rappresentare per la biologia del nostro pianeta una minaccia pari, e forse ancora più grande, del riscaldamento globale» ha detto  Ove Hoegh-Guldberg.

Più del 30% della CO2 rilasciata dall'utilizzo di combustibili fossili, produzione di cemento e acciaio, deforestazione ed altre attività antropiche va a finire negli oceani, «L'acidificazione che ne risulta avrà un impatto su molte forme di vita marina, in particolare sugli organismi i cui gusci o scheletri sono fatti di carbonato di calcio, come i coralli e crostacei - spiega Hoegh-Guldberg - Questo potrebbe interferire con la riproduzione delle specie di plancton che sono una parte vitale della rete alimentare nella quale i pesci e tutta la vita marina dipendono gli uni dagli altri».

Secondo i tre scienziati  ci sono prove  convincenti che le passate estinzioni di massa avvenute sul nostro pianeta, come il "Great Dyng" di 251 milioni di anni fa e la più "recente" estinzione di 55 milioni di anni fa, siano state accompagnate da un'acidificazione degli oceani, che può avere dato il colpo di grazia a molte specie che non erano in grado di affrontarla.

Carles Pelejero spera che «Questi periodi passati possono servire come grandi lezioni per quello che possiamo aspettarci in futuro, se continuiamo ad aumentare l'acidificazione degli oceani. Prendendo in considerazione gli effetti che vediamo dai reperti fossili, non c'è alcun dubbio che bisogna ridurre immediatamente di almeno la metà  la velocità alla quale stiamo immettendo biossido di carbonio nell'atmosfera».

Eva Calvo sottolinea  che «Oggi, le acque superficiali degli oceani si stanno acidificando ad una media di 0,1 unità di pH rispetto ai livelli pre-industriali, e stiamo vedendo i segni di questi impatti anche nelle profondità oceaniche».

Hoegh-Guldberg sottolinea che «La futura acidificazione dipende molto da quanta CO2 emetteranno gli esseri umani da ora in poi, però varie proiezioni dicono che entro il 2010 gli oceani si saranno acidificati di un ulteriore 0,3 - 0,4 unità di pH, che è più di quanto molti organismi come coralli possano sostenere. Questo creerà delle condizioni che non si vedono sulla Terra per almeno 40 milioni di anni».

Queste circostanze nei prossimi 10 anni potrebbero rendere particolarmente difficile la calcificazione per molte specie del nord Atlantico e del Pacifico, mentre nei prossimi decenni il fenomeno potrebbe estendersi anche alle specie degli Oceani meridionali. «Inoltre - dice Hoegh-Guldberg - avremo un impatto diretto sul settore della pesca e il suo contributo alla fornitura alimentare umana, in un momento in cui la domanda alimentare globale è raddoppiata, una grande moria negli oceani influirebbe anche su molti uccelli e specie terrestri e modificherebbe profondamente la biologia della Terra nel suo complesso».

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