[02/04/2010] News toscana

Comunità montana del Casentino: approvato il Piano di gestione delle foreste casentinesi

FIRENZE. E' stato approvato il 15 marzo, da parte della Giunta regionale uscente, il piano di gestione forestale 2008-2017 del complesso "Foreste casentinesi". L'area, gestita dalla locale Comunità montana, ha una superficie complessiva di 5868 Ha, di cui 5247 sono situati all'interno dei confini del Parco nazionale delle Foreste Casentinesi, monte Falterona e Campigna.

Nel testo si ricorda, di conseguenza, come la pianificazione abbia, per ottenere il nulla osta dal Parco, «fatto proprie le finalità generali contenute nel piano del Parco (approvato in consiglio regionale nel dicembre 2009, nda) utilizzando la possibilità della deroga, prevista per i piani delle proprietà pubbliche, per approntare strumenti di gestione adeguati a una realtà complessa e diversificata in cui i valori ambientali coesistono con un'attività selvicolturale intensa, legata a importanti filiere produttive a cui va fatta risalire l'origine di un ambiente forestale particolare ». Durante la stesura del Piano di gestione forestale «si è instaurato un proficuo confronto fra il personale dell'Ente Parco, del Corpo Forestale dello Stato, della regione Toscana, della Comunità montana e della società incaricata della redazione del piano, finalizzato alla verifica puntuale delle previsioni di intervento. Da questo confronto risultano valorizzate sia la funzione programmatica dell'Ente Parco sull'intero territorio sia la funzione programmatica della Regione e della Comunità montana all'interno della proprietà gestita».

A questo proposito, anche se, si afferma, «restano alcuni problemi legati al contenuto del piano del Parco, laddove i limiti posti sono originati da provvisorie volontà di salvaguardia divenute successivamente permanenti», comunque «la collaborazione ha permesso di superare una situazione di conflitto creatasi nel primo decennio di istituzione del Parco nel corso del quale erano emerse sostanziali divergenze tecniche in particolare sulle modalità di esecuzione dei tagli intercalari nelle giovani fustaie».

Il piano degli interventi prevede 3265 ettari di interventi forestali e 191 Ha di interventi agronomici e di salvaguardia delle aree aperte, elemento quest'ultimo di notevole importanza per mantenere la biodiversità in una zona dove, in assenza di interventi, si andrebbe verso una eccessiva uniformità delle specie biologiche, e in particolare verso una eccessiva predominanza della faggeta. La produzione lorda vendibile stimata è di circa 1,5 milioni di euro/anno. Su una superficie di 2.380 ettari, pari al 40% del complesso, non sono invece previsti interventi nel decennio di validità. Il 90% degli interventi previsti ricade all'interno del Parco nazionale, più precisamente il 26% in zona B e il 64% in zona C. Tra gli interventi più significativi previsti vanno citate «le azioni volte al mantenimento delle praterie di crinale (nardeti) e più in generale delle aree aperte, al mantenimento di ampie porzioni di abetina pura, all'incremento dei livelli di maturità e complessità dei soprassuoli forestali». Inoltre, sono da segnalare gli ambiti di intervento previsti relativi al «generale miglioramento delle caratteristiche ecologiche e dei livelli di naturalità delle formazioni forestali» e la «programmazione di interventi selvicolturali compatibili con le consistenti popolazioni di ungulati».

Riguardo a questi (ricordiamo che, per il solo cervo, le popolazioni stimate nell'area ammontano a circa 3000 unità) il Piano sottolinea un fattore ritenuto molto incidente soprattutto negli ultimi anni, e cioè il fatto che «i danni provocati dagli ungulati interessano ormai la totalità della rinnovazione forestale sia naturale che artificiale. Fino dal 1987 nei rimboschimenti di abete sono state impiegate protezioni individuali in rete metallica che si sono però dimostrate inefficaci nei confronti del cervo». Di conseguenza, «è già in fase di sperimentazione la realizzazione di chiudende di piccole dimensioni disposte all'interno della tagliata (..). La loro realizzazione richiede costi elevati, ma al momento, questo può essere considerato l'unico sistema applicabile per proteggere i giovani impianti e per garantire la conservazione dell'abetina».

Gli interventi previsti saranno compiuti secondo i principi della cosiddetta "selvicoltura naturalistica": di conseguenza, «escludendo gli interventi di rinnovazione delle abetine, l'obbiettivo è quello di evitare il più possibile nuovi impianti artificiali favorendo i processi di insediamento naturale». Inoltre, «viene rafforzata la necessità della salvaguardia delle aree non boscate tramite il ripristino e il miglioramento dei pascoli utilizzati per uso zootecnico mentre per le altre tipologie di aree aperte non utilizzate sono previsti interventi periodici di mantenimento e di controllo della vegetazione arbustiva».

 

 

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