[03/08/2009] News

Rapporto Eea: Discariche addio in Ue? C'è ancora molto da fare

LIVORNO. L'Agenzia europea per l'ambiente (Eea),ha diffuso recentemente un report sugli effetti prodotti in alcuni paesi europei dalla direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti. Il report, 'Diverting waste from landfill', pubblicato da Arpat , arriva alla conclusione che la direttiva stessa è stata e può essere ancora un valido aiuto per le amministrazioni nella definizione di politiche - a medio e lungo termine - per la migliore gestione dei rifiuti, anche se non ha prodotto esattamente i risultati attesi. La direttiva pone come obiettivo la riduzione della quantità di rifiuti urbani biodegradabili conferiti in discarica, con step temporali: al 2006 il 75% del totale in peso della quantità prodotta dal 1995; al 2009 del 50%; al 2016 del 35% e stimola al contempo di incentivare il riuso, il riciclo e il recupero di questa tipologia di rifiuti come strategia per la loro diminuzione in discarica.

Lo studio condotto dall'Eaa è andato quindi ad analizzare l'efficacia delle politiche adottate dai singoli stati membri per raggiungere questo obiettivo, dal momento che esistono diversi modi e diversi momenti in cui si può operare la riduzione della percentuale di rifiuti portati in discarica, in conseguenza appunto di diverse politiche (ad esempio la riduzione della produzione, il riciclo, il recupero energetico). Lo studio è basato sulla valutazione di cinque stati (Estonia, Finlandia, Italia, Germania e Ungheria) e una regione (Fiandre, Belgio) andando ad analizzare quali politiche hanno dato migliori risultati e quali meno, e i motivi e i fattori di successo o di insuccesso.

La scelta degli stati è stata compiuta sulla base di specifici criteri quali: varietà di misure adottate per la riduzione dei rifiuti; varietà di dimensioni territoriali; diversità nel tempo di ingresso nell'UE (alcuni stati membri vecchi e altri nuovi); diversità demografica e geografica. L'analisi è stata condotta sulla base di quattro domande: in che modo sono cambiate le strategie per la riduzione dei rifiuti negli ultimi dieci anni; in quale misura questi cambiamenti sono dovuti alla direttiva 31/1999 o ad altri strumenti europei; quali strategie hanno seguito gli stati membri; quali di queste si sono rivelate più efficaci.

Ma già i problemi dell'analisi si scontrano sulla mancanza di omogeneità tra i diversi paesi nella modalità di contabilizzare questa tipologia di rifiuti, che se in media rappresentano tra il 60-70% della quota dei rifiuti urbani , diventano ad esempio il 65% in Estonia, il 57% in Germania, il 62% in Italia e il 52% in Ungheria. Quindi un sistema di armonizzazione dei sistemi di contabilità renderebbe anche più facile stabilire l'efficacia delle politiche intraprese per la riduzione.

Il tratto di similitudine riscontrato riguarda le politiche operate sia sui comportamenti dei singoli cittadini che su quelli delle realtà produttive. Mentre i metodi più utilizzati prevedono una combinazione del riciclo, dell'incenerimento (anche con recupero di energia) e dei trattamenti biologici. In generale è emerso che la direttiva ha avuto più impatto in quei paesi dove le politiche di riduzione dei rifiuti non erano ancora partite, o erano all'inizio, al momento della sua entrata in vigore (come l'Estonia, l'Italia e l'Ungheria), mentre, in paesi quali la Germania e nelle Fiandre, dove esistevano già misure orientate a questo scopo e dopo già la percentuale di rifiuti biodegradabili non va oltre il 35%, l'effetto è stato , ovviamente, meno rilevante.

Nello studio dell'Eea, gli stati membri dell'Unione Europea vengono raggruppati in tre classi diverse classi secondo le diverse strategie messe in atto per la gestione dei rifiuti biodegradabili: al primo gruppo appartengono i paesi che hanno optato sia per un'alta percentuale di riciclo (>25%) e d' incenerimento (>25%) e vi si trovano quelli che già da molti anni (ancora prima della direttiva) hanno attuato strategie per raggiungere l'obiettivo di ridurre il conferimento in discarica, ovvero Francia, Germania, Austria, Danimarca, Svezia, Olanda

Al secondo gruppo appartengono i paesi che hanno una percentuale di riciclaggio oltre il 25% e di incenerimento inferiore al 25% con una conseguente percentuale di rifiuti conferiti in discarica ancora rilevante Sono quei paesi che hanno cominciato l'attuazione di strategie per la gestione dei rifiuti con la pubblicazione della direttiva e vi si trovano Inghilterra, Italia, Spagna, Irlanda, Finlandia.

Infine i paesi che hanno ancora una dipendenza alta dalle discariche per non aver intrapreso efficaci strategie di altro genere e vi si trovano Grecia, Portogallo, Repubblica Ceca, Ungheria, Romania. L'adozione di strategie diverse tra i vari paesi è da ricondursi anche alle diverse condizioni sociali, economiche e geografiche che li caratterizzano, da ciò l'Eea deduce l'impossibilità di attuare le stesse politiche in tutta Europa.

Per raggiungere gli standard previsti dalla direttiva, alcuni paesi hanno aumentato i costi del conferimento dei rifiuti in discarica: una misura economica che ha avuto maggiore effetto laddove, contemporaneamente, sono state promosse anche politiche di educazione dei cittadini alla riduzione dei rifiuti. L'educazione, insieme alla comunicazione mirata, ha avuto (e dovrà avere come previsto anche dalla attuale direttiva quadro sui rifiuti) dovunque un ruolo fondamentale anche per promuovere il riutilizzo dei prodotti ottenuti dal riciclaggio. Che è uno dei problemi che accomunano praticamente tutti i paesi studiati. In Finlandia e in Ungheria, per esempio, si è evidenziato un pregiudizio nell'utilizzo di fertilizzanti ottenuti dal compostaggio della frazione umida dei rifiuti. E il problema non era dovuto alla qualità del compost ma alla sua origine. Un problema che si evidenzia spesso anche nel riutilizzo agricolo del compost nel nostro paese.

Insomma le conclusioni dello studio evidenziano tutta la problematicità nell'attuazione di una direttiva che nonostante la flessibilità nel fissare obiettivi di medio e lungo termine, lasciando quindi tempo ai diversi stati per adeguarsi, non si è dimostrata abbastanza efficace nella prevenzione della produzione dei rifiuti e nella riduzione della percentuale di materiale conferito in discarica. Un conclusione che - sottolinea l'Eea-sembra emergere anche nei riguardi della direttiva imballaggi.

Il tema quindi della riduzione dei rifiuti - come sembra emergere - sta nell'affrontare il problema più a monte che a valle, o almeno in maniera contemporanea: se non si interviene infatti nelle politiche di produzione delle merci, riducendo lì i materiali utilizzati sarà assai difficile pensare di raggiungere concreti obiettivi di diminuzione dei rifiuti prodotti e quindi da inserire nel circuito della gestione. Ciò è comunque impossibile se d'altro canto, invece, i volumi prodotti continuano ad essere pianificati in crescita e l'obsolescenza degli stessi prodotti viene programmata.

 

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