[08/04/2010] News toscana

Quali idee per la Toscana?

PISA. L'intervista a Vannino Chiti (Nella foto) ha il merito di schiodarci da un mero inventario di quanto la Toscana è ‘presente' e conta a Roma e non soltanto nel partito con i suoi uomini ( e donne) dopo i successi elettorali. Per contare, infatti, non basta amministrare bene in casa, ma bisogna avere idee che pesino anche fuori dal ‘proprio' territorio. E noi non partiamo da zero perché questo ruolo ‘nazionale' la Toscana l'ha avuto già in altre stagioni. Chiti ricorda, ad esempio, talune iniziative del presidente Martini sui movimenti no global. Ma forse più che a specifici eventi pure importanti conviene ricordare la sperimentazione - possiamo definirla così - con la quale inaugurammo un modello di governo del territorio che seppe coinvolgere - pur nei limiti di una legislazione nazionale che tardò ad essere rinnovata (la legge urbanistica è sempre ferma sostanzialmente al palo del 1942) - comuni e province che uscirono da quella subalternità che costringeva i sindaci recarsi a Roma con il cappello in mano e fare i conti con i prefetti.

Avviammo così una  partita nazionale in cui una politica di tutela del paesaggio non più appannaggio esclusivo delle sopraintendenze, la tutela della natura con i parchi regionali due dei quali  hanno felicemente tagliato il traguardo dei trent'anni, una politica insomma che cercava un punto di equilibrio fra tutte le scelte, quella della indispensabile tutela e quelle di un eventuale sviluppo sostenibile. E non è una caso che talune leggi toscane abbiano fatto anche in tempi non lontani da modello per altre regioni. Questo e non altro fu ‘il sistema di potere' di cui blatera Bondi. Ora questa partita si gioca sul terreno del federalismo dove finora queste tematiche faticano però ad emergere soprattutto in termini corretti e non ambigui.

Stando alle prime dichiarazioni dei presidenti antipillola per le regioni dovrebbe aprirsi la stagione in cui ognuno comanda in casa propria. E per farlo al meglio molte competenze debbono passare dallo stato alle regioni. Un percorso insomma spartitorio che per molti verso abbiamo già conosciuto con esiti niente affatto brillanti. Intendiamoci, che vi siano competenze da trasferire alle regioni e poi anche agli enti locali è fuori discussione specie nel momento in cui lo stato nonostante le tante chiacchiere sulle riforme, sta mettendo sempre più alle strette comini e province e cerca di togliere il più possibile spazi e competenze alle regioni magari per le centrali nucleari. Eppure la crisi che stanno vivendo le nostre istituzioni che da un decennio aspettano l'attuazione del nuovo titolo V della Costituzione più che su una ripartizione discutibile e sovente inadeguata è dovuta soprattutto alla incapacità complessiva del nostro sistema di funzionare in ‘leale collaborazione' ossia cooperativa e non competitiva e conflittuale.

E la ragione è dovuta al fatto troppo spesso dimenticato - anche recentemente a fronte di eventi pur drammatici come le alluvioni e le frane - che vi sono aspetti, comparti, che per la loro ‘trasversalità' richiedono un concorso di tutti i livelli istituzionali nessuno escluso.

Nessuna regione può tirare giù serrande se devi fare i conti con l'Arno, il Po, l'Appennino, le Alpi, le coste. Ma per far questo servono sedi nazionali, interregionali etc che al momento mancano o se anche ci sono non sono del tutto adeguate. Non lo è la conferenza stato-regioni, non lo è la bicamerale per le questioni regionali, non lo sono le autorità di bacino. E una matassa così complessa non può essere sbrogliata unicamente dai soggetti elettivi ritagliati su confini amministrativi ma che coincidono  sempre meno con quelle dimensioni ambientali che richiedono appunto gestioni ‘speciali' in cui si può e si deve trovare quel punto di equilibrio che dicevamo. La Toscana non può pensare ,tanto per fare un esmpio banale, di gestire una serie di questioni delicatissime senza ricercare intese con l'Emilia, il Lazio, la Liguria, le Marche e non si tratta soltanto delle grandi infrastrutture. Per il mare devi farlo anche con la Sardegna e pure  la Francia e il principato di Monaco etc. Il federalismo leghista su tutto ciò non sembra avere molto da dire, ma anche noi a onor del vero non abbiamo fatto finora granché.

Il ‘territorio' di cui tanto si chiacchiera dopo le elezioni è questo, è anche questo e non basta certo un po' di volantinaggio a farne un terreno politico-istituzionale concreto. In conclusione quella dimensione locale che oggi deve ritrovare un suo spazio per non essere prevaricata ha bisogno anche di una nuova politica nazionale dello stato oltre che delle regioni e degli enti locali, che esso non ha saputo finora esercitare.  Non serve insomma meno stato ma meno centralismo.

Ecco, la regione Toscana forte delle sue tradizioni può oggi ripartire da qui con la consapevolezza che anch'essa deve innovare e superare ritardi che negli ultimi tempi proprio su questo terreno si sono palesati.

Torna all'archivio