[14/04/2010] News

Terrorismo nucleare, l'accordo di Washington è un bicchiere mezzo pieno di future scorie radioattive

GROSSETO. Si è concluso a Washington il summit di 47 paesi per la sicurezza nucleare definito da Barack Obama, che ne è stato l'ideatore oltre che l'ospite, «un incontro senza precedenti per affrontare una minaccia senza precedenti». L'incontro è in effetti senza precedenti perché è la prima volta che avviene ma diventerà un nuovo appuntamento per l'agenda internazionale, dal momento, che come ha annunciato il presidente Usa la Corea del Sud ha accettato di ospitare l'aggiornamento del vertice nel 2012. Così come è (forse) senza precedenti la minaccia terroristica che potrebbe diventare ancora più pericolosa dell'attuale se venisse in possesso di materiale nucleare.

Ma il risultato del summit di Washington rischia però di non essere all'altezza degli obiettivi che si pone. A partire dalla questione iraniana, considerata uno dei problemi di maggiore rilievo in tema di rischio internazionale dopo il pericolo del terrorismo nucleare.

Sulla questione iraniana, Obama non ha riscosso né l'appoggio della Cina, che era stato dato invece come già acquisito, né quello della Turchia, non disponibili a sostenere pacchetti di sanzioni nei confronti del governo di Ahmadinejad. Proprio oggi la portavoce del ministero degli Esteri cinese Jiang Hu ha affermato infatti che «la Cina ha sempre sostenuto che le sanzioni e le pressioni non possono risolvere alla base il problema e che il dialogo e i negoziati sono il sistema migliore per risolverlo».

Così come il governo turco è contrario a un nuovo pacchetto di sanzioni internazionali contro il programma nucleare di Teheran, auspicato dal presidente degli Stati Uniti, ma che si propone come mediatore nella ricerca di una soluzione diplomatica alla crisi. Lo ha dichiarato il premier turco Recep Erdogan, ricordando che il suo paese ha rapporti strategici con l'Iran fin dal 17esimo secolo.

Quello che si porta a casa con il summit sulla sicurezza nucleare di Washington è quindi un impegno solenne, ma non giuridicamente vincolante, per contrastare tutti assieme la minaccia del terrorismo nucleare, che scemato quella della bomba nucleare, tutti riconoscono ora come il principale dei problemi.

Si provvederà quindi- sulla parola- a mettere in sicurezza in quattro anni tutto il materiale nucleare vulnerabile disseminato nel mondo, ma si ribadisce l'assoluto diritto da parte degli stati di sviluppare ed utilizzare l'energia nucleare a fini civili, quando è proprio l'approvvigionamento di combustibile necessario a far funzionare le centrali elettronucleari a fornire la materia prima per fabbricare armi nucleari di ogni tipo.

Altra cosa che non si dice è come e dove si pensa di mettere in sicurezza questo materiale, comprese le 34 tonnellate di plutonio che in via bilaterale Usa e Russia si impegnano ad "eliminare". O come utilizzerà la Russia l'uranio altamente arricchito di cui ancora dispone l'Ucraina e che ha annunciato di volergli trasferire.

Si presume che entrambi i materiali verranno utilizzati come combustibile nei reattori ad uso civile, ma producendo giocoforza nuovi rifiuti radioattivi, quando non è ancora risolto a livello planetario il problema di dove riporre queste scorie in depositi in grado di garantire la massima sicurezza. Nel senso che non si sono individuati né i depositi né quali debbano essere le barriere in grado di impedire il rilascio di sostanze radioattive nel lungo periodo di tempo. Dato che ad esempio il tempo di dimezzamento dell'isotopo del Plutonio maggiormente prodotto è di ben 24.000 anni e ciò significa che serve quel tempo affinchè la sua attività radioattiva si riduca della metà.

I leader mondiali dei 47 paesi presenti a Washington hanno poi dichiarato l'impegno a rafforzare la cooperazione internazionale per rassicurare i materiali nucleari vulnerabili, ribadendo il ruolo essenziale dell'Agenzia internazionale dell'energia atomica (AIEA), che promettono nel comunicato congiunto «continuerà ad avere la struttura adeguata e le risorse e le competenze necessarie per condurre le sue attività sulla sicurezza nucleare». Che sappiamo però avere dei limiti, come testimoniato dalla vicenda iraniana.

Nel documento di sette pagine pubblicato al termine del vertice, che riconosce i diritti degli stati di sviluppare ed utilizzare l'energia nucleare a fini civili e che richiama alla cooperazione, si rimette però ad ogni Stato la responsabilità di utilizzare e gestire tutti i materiali ed impianti nucleari sotto la sua giurisdizione. Quindi anche i siti dove stoccare questi materiali in sicurezza.

In particolare per quanto riguarda l'uranio arricchito ed il plutonio considerati (a ragione) materiali particolarmente pericolosi oltreché sensibili ai fini terroristici e che richiedono quindi delle precauzioni particolari sia nel rafforzamento delle località nazionali dove vengono stoccati, che una particolare attenzione per garantire la sicurezza del trasporto nazionale ed internazionale.

Un impegno che non sarà così facile che gli Stati possano garantire di rispettare, proprio a causa della mancanza di conoscenze adeguate ad oggi sull'effettiva sicurezza dei siti di stoccaggio delle scorie, che possono benissimo essere utilizzate per i cosiddetti ordigni sporchi che non sono vere e proprie armi e non hanno lo stesso potenziale distruttivo, ma sono comunque in grado di contaminare vaste aree e di uccidere molte persone.

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