[15/04/2010] News

Summit del Bric a Brasilia: nel menù crisi, cambiamenti climatici e nucleare

LIVORNO. Inizia oggi a Brasilia l'attesa due giorni del summit del Bric (Brasile, Russia, India e Cina) il secondo dopo quello del giugno del 2009 ad Ekaterinburg, in Russia. A Brasilia si discute soprattutto dei problemi finanziari che verranno dibattuti al prossimo G20 in Canada: stabilità delle monete mondiali e possibilità di pagamenti diretti tra i Paesi partner, e i pericoli insiti nell'uscita dalla crisi globale. Gli altri due dossier importanti sul tavolo di Lula, Dmitri Medvedev, Manmohan Singh e Hu Jintao sono il cambiamento climatico e il nucleare iraniano.

Roberto Jaguaribe, il coordinatore brasiliano del summit, ha spiegato che «Secondo il Fondo monetario internazionale (Fmi), il Bric ha contribuito al 46,3% della crescita mondiale nel 2008 e questa percentuale è probabilmente ancora più elevata nel 2009. Tra il 2008 e il 2014, il 61,3% della crescita  mondiale dovrebbe essere imputata al Bric. Il gruppo è diventato uno strumento di analisi economica e del commercio internazionale, il che ha permesso una più grande integrazione tra i Paesi membri ed ha attirato l'attenzione dei media e degli ambienti universitari. Il Bric insuffla grandi cambiamenti nel contesto internazionale e lavora all'allargamento delle relazioni tra I Paesi membri. Il blocco del Bric non tenta di essere un gruppo regolatore, ma piuttosto un gruppo di  convergenza con l'ambizione di difendere più efficacemente le nostre posizioni davanti ai forum multilaterali legittimati».

Il Bric è stato battezzato così già nel 2003 in un rapporto della società di investimenti Usa Goldman Sachs, quando il quartetto delle potenze emergenti stava appena emergendo dalla crisi port-sovietica e dalla globalizzazione galoppante, eppure il rapporto, presentato al Forum di Davos del 2004, citava le economie del Bric come quelle caratterizzate da un Pil e da una capitalizzazione del mercato più dinamici e prevedeva che entro la metà di questo secolo la Cina e l'India sarebbero diventate le maggiori economie del pianeta, mentre il Brasile e la Russia seguiranno un trend diverso. Alla fine le previsioni per « Cindia » si sono rivelate fin troppo prudenti ed oggi il Pil del Bric ha raggiunto cifre inconcepibili solo pochi anni fa.

In questi anni i rapporti del Bric si sono cementati in una serie di incontri dei ministri degli esteri delle finanze, dell'agricoltura e dei presidenti delle banche centrali. I 4 Paesi all'Onu ed in altri summit internazionali votano spesso nell'identica maniera  e propongono sempre più spesso risoluzioni congiunte.

Ieri Dmitri Kossyrev scriveva su Ria Novosti: «Effettivamente, il mondo è fondamentalmente cambiato in due decenni. La divisione tra Est ed Ovest, o tra Nord sviluppato e Sud in via di sviluppo scomparirà, se non è già scomparsa, e sarebbe difficile invidiare un collega che cercasse di valutare cosa stia accadendo in termini di bipolarismo, di fatto volatilizzato. Quale struttura del mondo lo rimpiazzerà? Qualunque essa sia, i meccanismi interni dell'economia mondiale impediranno la ricomparsa dei due blocchi, anche se con altri membri. L'esistenza del Bric non mira a limitare, scacciare, colpire e opporsi agli Stati Uniti, all'Ue ed all'Occidente nel suo insieme. Non punta a «un cambiamento di leader mondiale». Tutto si tiene. Gli Usa sono il primo partner commerciale della Cina ed un partner molto prezioso dell'india, per esempio, nel settore del nucleare civile, così come, ma in misura minore, del Brasile e della Russia. Al contrario, questi due Paesi affidano una grande importanza all'Unione europea. Lo studio attento dei due documenti finali del  summit di Ekaterinburg e del programma del summit di Brasilia mostra che i quattro Paesi del Bric hanno bisogno della stabilità economica globale, compresa di quella del dollaro».

Questo non vuol dire che il Bric non abbia obiettivi strategici che non sono proprio quelli degli Usa e dell'Ue ad iniziare dalle richieste di radicale cambiamento di alcune istituzioni internazionali come il Fmi e la Banca mondiale Bm) e che non abbiano idee diverse su come regolamentare i mercati finanziari per evitare nuove crisi mondiali come quella nella quale siamo ancora impantanati.

Secondo Jaguaribe, «Il bisogno promosso dal Bric  di cambiare il modello della governance internazionale ha già permesso di ottenere risultati significativi. Nel settore finanziario, cambiare il G7 in G20 costituisce un progresso estremamente importante. Anche se non si è constatato nessun cambiamento strategico corrispondente a livello politico-strategico». Un cambiamento invece chiesto a gran voce dal presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva che nei giorni scorsi ha detto: «Chiedo che vengano presentate importanti riforme al Fmi e alla Bm perché entrambe le istituzioni, nate dall'accordo di Bretton Woods, cessino di imporre condizioni distruttive all'interno della loro politica di finanziamento per i Paesi in via di sviluppo. E' necessario che la Banca mondiale e il Fondo monetario internazionale mettano da parte i loro dogmi obsoleti e i condizionamenti distruttivi. Il Brasile non è diventato un creditore di questi organismi perché le cose continuino come prima. Esigiamo una riforma profonda perché i Paesi in via di sviluppo abbiano una voce attiva nella definizione del loro futuro». Lula ha spiegato che «In piena crisi internazionale del capitalismo, il Brasile ha acquistato quote del Fmi per 10 miliardi di dollari nel 2009», ora comincia a chiedere il conto, partendo dal summit del Bric.

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