[04/08/2009] News

Mobilitą pił sostenibile? C'era una volta la parola pianificazione...

LIVORNO. Una rete di infrastrutture efficienti è senza ombra di dubbio un elemento fondamentale per sostenere l'economia di un paese. E quando si parla di infrastrutture è indubbio che quelle legate alla mobilità rappresentano un nervo importante per garantire lo spostamento di merci e persone e rispondere ad una esigenza che trova origine da motivi economici e culturali.

Quello che spesso accade - particolarmente nel nostro paese- è il fatto di utilizzare il termine infrastrutture come sinonimo di rete viaria fatta di autostrade, svincoli, viadotti passanti, bretelle con relativi annessi e connessi. E molto poco ci si occupa, invece di un sistema più complesso che vada ad ordinare la mobilità, fatto di strade come di reti ferroviarie, di corridoi marittimi come aerei e che utilizzi sistemi alternativi- nel senso più stretto del termine- all'auto privata per la mobilità urbana.

Il tema delle infrastrutture è tra quelli che occupano la gran parte dei piani nazionali e regionali, che compongono la maggioranza dell'elenco dei punti in discussione al Cipe, che ottengono priorità nei finanziamenti e si aggiudicano la fetta più grossa dei fondi disponibili.

Ma sempre di strade si parla. Così come le strategie che vengono elencate in questi giorni per evitare quell'effetto imbuto che ha provocato lo scorso week end la coda di più di cinque ore e di oltre 35 chilometri sul passante di Mestre sono nient'altro che ulteriori arterie che dovranno accogliere altro traffico, con l'illusoria speranza che questo vada così a diluirsi. Ma «le strade generano traffico» sosteneva a ragione già più di venti anni fa il sociologo Filippo Strati e quindi ad ulteriori strade non potrà che corrispondere ulteriore traffico.

La strategia ipotizzata e finanziata per evitare l'effetto imbuto della Lombardia, che si articola in un trittico di grandi arterie autostradali urbane(Brebemi, Pedemontana e Tem, tangenziale est milanese) che dovrebbero essere completate entro il 2015 e che ha come obiettivo di alleggerire il traffico sulla metropoli milanese, è figlia del suddetto approccio. Che non renderà più facile la vita dei pendolari delle province lombarde diretti su Milano che si troveranno a dover condividere ancora le - seppure ampliate - corsie autostradali con ulteriori carichi di merci che percorrono le direttrici commerciali tra il nord e il sud e tra est e ovest.

In queste strategie per dotare la mobilità di infrastrutture adeguate poco spazio hanno le reti ferroviarie e ancor meno quelle vie d'acqua che rappresentano elementi cruciali, invece, per il resto del nord Europa integrate tra di loro attraverso sistemi intermodali.

Sulle autostrade del mare ad esempio, che sono una priorità nelle strategie di mobilità della Commissione europea, il nostro paese è in grave ritardo e rischia, lo dice nella sua ultima raccomandazione sul tema la Corte dei Conti, di vedere il proliferare di progetti che, sul medio e lungo termine, possono rappresentare un danno per le casse dello Stato, senza nei fatti apportare i benefici sperati.

Per mancanza di una programmazione e di una pianificazione efficace tra progetti e risorse mentre quello che necessita , afferma la Corte (Vedi Italia Oggi), è «Una precisa delimitazione, in sede di programmazione delle rotte e dei porti interessati dalle autostrade del mare», che non tralasci aspetti importanti come «il bacino di utenza» e «le reti stradali e ferroviarie esistenti o realizzabili», e che eviti «il proliferare di terminal di traffico e la dispersione delle risorse».

«Vi è la necessità» aggiungono i magistrati contabili, «di una corrispondenza tra gli obiettivi della programmazione delle scelte espresse in sede di piani operativi triennali e l'individuazione di opere e interventi coerenti con tali obiettivi e immediatamente cantierabili».

Prova ne è il fatto che «gli interventi ultimati abbiano riguardato una parte limitata dei finanziamenti: poco più di 273 milioni di euro su un totale di oltre 1,64 miliardi. Gli interventi ancora in fase di programmazione, pur essendo in numero inferiore, interessano circa un miliardo di euro. Gran parte del progetto generale è, dunque, ancora da realizzare».

La necessità di ricorrere ad una programmazione e una pianificazione più complessa del sistema della mobilità la sottolinea tra le righe anche il presidente di Federtrasporto Gian Maria Gros Pietro, in una intervista sul Sole24Ore di oggi, facendo un'analisi della crisi attraverso il settore dei trasporti.

Riguardo al traffico ferroviario, Gros Pietro evidenzia come rispetto «al dato 2008 il traffico nazionale ha perso il 5,6% , mentre il dato complessivo delle merci su ferrovia è cresciuto dello 0,3%» per evidenziare quanto ancora «molto ci sia da fare nel settore della logistica, a livello delle aziende, per contrastare la crisi e andare ad accaparrarsi la merce, anche aggredendo i mercati esteri». Certo molto c'è da fare da parte delle aziende, ma altrettanto da parte delle infrastrutture cui queste aziende potrebbero rivolgersi.

La crisi, evidenzia ancora Gros Pietro, non ha intaccato tutti i settori del trasporto: «è il caso del trasporto pubblico locale, regionale e urbano, che continua ad andare ai ritmi precedenti alla crisi e anzi nel corso del 2008 ha anche guadagnato consistenti quote di mercato». Segno che questo è un settore in cui non manca la domanda, semmai è l'offerta ad essere non all'altezza. E le proteste dei pendolari che anche quest'anno hanno dovuto levare forte la loro voce- purtroppo senza grandi risultati- ne sono una eloquente testimonianza.

Ed è ancora la Lombardia che prova a dare una risposta anche a queste esigenze e annuncia una joint venture tra Trenitalia e Ferrovie Nord (attraverso LeNord) ciascuna al 50%, per provare a mettere in piedi un nuovo modello di trasporto regionale. L'obiettivo è quello di potenziare il servizio ferroviario mettendo a frutto una sinergia finanziaria e di mezzi e rilanciare in futuro con nuovi treni grazie all'aumento della dote economica di cui potrà disporre la neonata società per le risorse messe a disposizione dallo Stato.

Il Governo infatti avrebbe vincolato i 75 milioni di euro destinati a Trenitalia a questa nuova società che gestirà la rete ferroviaria lombarda, che potrebbero garantire l'incremento dell'attuale dotazione di mezzi ( 1672) con 78 nuovi treni entro la fine del prossimo anno. «Da oggi più treni, soldi e qualità senza nessun aumento di tariffa» ha dichiarato il governatore lombardo Roberto Formigoni.

Senza dubbio un segnale positivo, in particolare per i pendolari della regione Lombardia, anche se una goccia nel mare, dati i numeri che riguardano le persone che utilizzano il treno per gli spostamenti giornalieri sistematici per motivi di studio o lavoro al di fuori del proprio comune e che secondo i dati del Censis sono 1,9milioni di persone, il 14,8% della popolazione.

Una quota- seppur minoritaria rispetto agli altri Paesi europei- che mostrerebbe la volontà di crescere (come dimostra il trend del + 14,5% registrato tra il 2001 e il 2007) e che viaggia in auto proprio per la mancanza di investimenti per il trasporto pendolare.

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