[21/04/2010] News

Gianfranco Bologna all’Accademia di Scienze forestali: «La sostenibilità è adattamento e gestione dei cambiamenti»

FIRENZE. «In un mondo composto di sistemi sociali ed ecologici - tra loro interconnessi - che sono sottoposti a cambiamenti costanti, la sostenibilità passa in primo luogo per la capacità di questi sistemi di adattarsi ai cambiamenti senza perdere le loro caratteristiche qualitative determinanti», cioè in una parola nella «resilienza» di questi sistemi. Inoltre, la sostenibilità passa anche per «le risposte che la politica può dare per evitare l'eccessivo degrado degli ecosistemi, sia per quanto riguarda i cittadini del futuro ma anche per la società attuale», risposte che potrebbero comprendere anche «la definizione di nuovi indicatori di sviluppo e benessere».

Parole con cui Gianfranco Bologna, direttore scientifico del Wwf Italia, ha oggi descritto il percorso che, dalla presentazione del rapporto "The limits to growth" (1972, con aggiornamenti nel 1992 - conferenza di Rio - e nel 2004 alla conferenza di Johannesburg) in poi, ha caratterizzato il dibattito sulla sostenibilità dello sviluppo attraverso una progressiva presa di coscienza della necessità di un approccio scientifico - e non più esclusivamente dialettico o etico - all'analisi delle relazioni tra i sistemi ecologici e quelli umani.

L'intervento di Bologna ha costituito la prolusione della cerimonia - tenutasi oggi nel capoluogo toscano - per l'apertura del 59° anno accademico dell'Accademia italiana di scienze forestali (Aisf), centro studi afferente alla facoltà di Agraria dell'università di Firenze.

E non poteva esserci, per una relazione inerente il percorso di quantificazione (e quindi di orientamento dei prelievi sulle soglie evidenziate) del capitale naturale nelle sue accezioni umana ed ecologica, sede più adatta: le scienze forestali in generale, infatti, e la loro branca determinante rappresentata dalle discipline selvicolturali, rappresentano uno degli ambiti didattici e pratici in cui più (e prima) è stato affrontato alla radice il criterio della sostenibilità dei prelievi. Fin dalle prime normative della repubblica veneta, che già nei primi secoli del secondo millennio pose vincoli al prelievo legnoso dai boschi delle prealpi venete, e passando per le normative forestali attuate in Germania nel 19° secolo, la selvicoltura infatti è stata sempre - in sostanza - incentrata su un unico obiettivo determinante: obiettivo che da una parte si concretizza nella «massimizzazione del reddito fondiario» (come spiegato dal presidente dell'Accademia Orazio Ciancio nella sua relazione), ma dall'altra parte sul garantire la perennità del reddito ottenibile attraverso una gestione accurata e pianificata (che oggi definiamo "sostenibile") del patrimonio boschivo.

In questo senso quindi, la selvicoltura e le scienze forestali hanno per primi evidenziato la stretta relazione di dipendenza che sussiste tra la ricchezza prodotta e la consunzione del capitale naturale da cui questa ricchezza è generata, ponendo quindi le basi per le odierne discipline riunite nella didattica inerente all'economia ecologica.

Ma gli elementi che rendono paralleli il percorso di evoluzione che in questi decenni ha caratterizzato sia le discipline forestali sia "l'ambientalismo" propriamente inteso non si fermano a quanto evidenziato: parallela è, tra le due discipline, anche quella che Ciancio ha definito «la ricerca delle uniformità che regolano il comportamento dei sistemi complessi». E parallelo è anche il percorso di uscita dalla settorialità disciplinare, poiché come ha sostenuto Bologna «viviamo in un tempo in cui la conoscenza e la cultura non possono più essere parcellizzate, mentre la scienza della sostenibilità è da vedersi come una azione multidisciplinare finalizzata a comprendere le interrelazioni tra i sistemi naturali e sociali, e la maniera migliore per gestire questi sistemi e queste interrelazioni».

Possiamo quindi dire che se, come affermato da Ciancio, «le scienze forestali potranno percorrere nuove frontiere solo se all'ecologia e all'economia si assocerà l'etica», analogo discorso può valere per quelle che qualche decennio fa erano le "discipline ambientali" e che, se oggi possono essere definite a ragione "scienza della sostenibilità", è proprio perché alla loro carica etica e alla loro azione di "advocacy" ecologica si sono affiancati, in questi anni (fino a divenire poi predominanti), elementi di analisi economica e/o di matrice scientifico/matematica.

In altri termini, se è vero che, come ricordato da Bologna in riferimento alla relazione Teeb ("The economics of ecosystems and biodiversity", studio tuttora in corso che è finanziato dall'Ue e la cui prossima relazione sarà presentata a Nagoya - Giappone - nel prossimo ottobre) l'economia ecologica non significa solo «conoscere la natura del valore» (cioè evolvere il concetto di "capitale" comprendendovi anche il capitale umano e quello naturale) ma anche «conoscere il valore della natura» (cioè identificare e quantificare - non solo in termini economici - i servizi materiali e immateriali forniti dagli ecosistemi), ecco che gli stessi obiettivi possono essere considerati anche quelli focali per il percorso di evoluzione delle scienze forestali. E qui sta il principale elemento comune tra le due discipline, che altro non sono che branche di un'unica scienza, destinata a studiare (al fine di poterle gestire) le interrelazioni tra i sistemi economici, umani ed ecologici.

Ed è a causa di questa intrinseca comunanza dai punti di vista storico, disciplinare, metodologico che all'apertura del 59° anno di attività dell'Accademia di scienze forestali è stato invitato a tenere la prolusione il direttore scientifico del Wwf, che ha descritto agli intervenuti il percorso di evoluzione sopra discusso, citando tra gli altri alcuni istituti (come il Club di Roma o il Santa Fe institute), alcune iniziative (l'Earth system science partnership - Essp, o lo stesso studio Teeb), alcuni studiosi (Kauffman, Laughlin, Anderson, Peccei) che più hanno avuto un ruolo determinante nella crescita di quella che oggi è, a pieno titolo, una vera e propria scienza della sostenibilità. Scienza che oggi, come ha ricordato Bologna, vede tra i suoi ambiti di analisi fondamentali il modo migliore di perseguire il «mantenimento della condizione di resilienza dei sistemi naturali davanti all'incremento degli elementi di vulnerabilità: ed è, questo equilibrio tra resilienza e vulnerabilità, elemento centrale dell'analisi odierna e dell'intera scienza della sostenibilità».

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