[04/08/2009] News

Pil, capitalismo e contabilità ambientale ai tempi della crisi

LIVORNO. Se non si nega la crisi ecologica e la necessità, per porvi rimedio, di un nuovo modello economico più sostenibile ambientalmente e socialmente, si capisce (dovrebbe capire) bene perché le critiche al Pil che noi muoviamo non siano affatto spinte da una battaglia meramente ideologica. E che questo dibattito non sia sovrapponibile tout court con il concetto di ‘decrescita' e con chi la identifica come panacea di tutti i mali della moderna società. La discussione si è dipanata proprio (e anche) sulle nostre pagine confrontando due correnti di pensiero rappresentate bravamente dal direttore di Wwf Italia Gianfranco Bologna che ritiene «pericolose le proposte di sostituire il concetto di 'sostenibilita' dello sviluppo' che ormai sebbene con diverse sfaccettature si è consolidato nel dibattito politico-internazionale, con quello di ‘decrescita', mentre diventa sempre più importante un'opera di diffusione e informazione sul vero significato di sostenibilità»; a cui ha risposto Joan Martine Alier dicendo «che dobbiamo cercare l'alleanza tra i due movimenti. Nel nord del mondo, un movimento per la decrescita economica che sia socialmente sostenibile, come già disse Georgescu-Roegen, come oggi affermano Serge Latouche e altri autori. Nel sud del mondo l'economia deve crescere, però senza distruggere tante vite umane e tante risorse naturali».

 

Difficile trovare la quadratura del cerchio, come si evince da questo breve riassunto di due pensieri piuttosto complessi, ai quali noi abbiamo aggiunto il nostro che vede nel distinguo di "cosa deve o non deve crescere" il suo slogan, avendo come criterio direttore quello della ecosostenibilità. Ed è qui che entra in gioco la contabilità ambientale che è la cosa dirimente che invece omette Guido Gentili sul Sole24Ore di oggi nel suo "Non ci sarà mai più il Pil di una volta", mentre - pur non nominandola direttamente - vi allude Giorgio Ruffolo su Repubblica con "La fine della crisi e il capitalismo che verrà". Tutti i vecchi e nuovi indici alternativi che elenca Gentili - Isu, Isew, Gpi, Ef - difettano, infatti, di un dettaglio che Tale non è: questi indicatori e quelli ambientali in particolare non sono standardizzati a livello mondiale, ma neppure europeo per non dire dei singoli stati e quelli che esistono, almeno in Italia, si basano sui dati delle associazioni ambientaliste con tutti i pregi e i difetti che questo comporta.

 

La proposta di una contabilità ambientale - vedi sempre greenreport http://www.greenreport.it/contenuti/leggi.php?id_cont=20217 - fatta (e dovrebbe essere un merito...) dal precedente governo, viene portata avanti oggi dall'Ispra, ma in modo volontaristico. E' chiaro, quindi, che se non si parte da qui difficilmente qualsivoglia indicatore risulterebbe meno cogente del Pil che con tutti i suoi difetti è però calcolato allo stesso modo negli stati africani come in quelli sudamericani e in quelli europei. Non solo, bando alle ideologia noi sosteniamo che il punto non sia affatto la ‘decresita', ma come detto cosa cresce e quindi la proposta è il riorientamento dell'economia dentro le logiche di un mercato, visto che nessuno ci pare abbia proposto la sua abolizione. Per questo ha ragione Ruffolo quando dice, parlando di come "cambierà l'economia capitalista" dopo la crisi, che «l'aspetto decisivo, che viene oggi oscurato dalla preoccupazione dominante, di uscire comunque e al più presto dalla crisi» è «quello della sostenibilità della crescita», ma «oggi siamo guidati da un indicatore fuorviante, il Pil, che viola il principio fondamentale dell'economia, la distinzione dei redditi dai costi: una vera assurdità, per non dire una vergogna».

 

La logica del ‘via lacci e laccioli' e della crescita ad ogni costa in nome del Pil ha prodotto (non solo secondo noi) danni ambientali e sociali, bisogna dunque ripartire ricordandosi che - citiamo ancora Bologna - «l'economia, che è generalmente il motore dell'agire politico e dell'operare umano, si basa sul concetto chiave di ‘capitale, cioè lo stock dal quale derivano i flussi di beni e servizi alla società. La sostenibilità afferma chiaramente l'importanza centrale del ‘capitale naturale' nel processo economico». Non solo: «Non esistono processi economici senza l'utilizzo di energia e risorse naturali (flussi di materia e di energia, ndr). Il capitale naturale costituisce quindi la base sulla quale si dovrebbero costruire economie di sostenibilità». Dunque l'economia del futuro, del dopo crisi, o sarà ecologica (e la misura di quanto lo sarà può darcela solo un indice diverso dal Pil ma ugualmente standardizzato e efficace), o non sarà.

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