[22/04/2010] News

ĢEnergia si, Belo Monte noģ, scontro sulla mega diga tra Lula e gli ambientalisti

LIVORNO. Gli ambientalisti brasiliani non hanno proprio preso bene la decisione del governo Lula di dare il via alla gigantesca diga di Belo Monte: Greenpeace Brasil ha scaricato una montagna di tre tonnellate di sterco di fronte all'entrata dell'Agência Nacional de Energia Elétrica (Aneel) a Brasilia, e, tanto per non sbagliarsi, ci hanno innalzato sopra un inequivocabile cartello con si scritto "Belo Monte de merda" ed un altro più "soft": "Belo Monte de... problemas".

«La protesta, in verità, ha assunto contorni escatologici - ammette la stessa Greenpeace - Ma era l'unica maniera per riassumere, in un'immagine, l'eredità maledetta che il governo Lula lascerà al Paese insistendo su questa opera». La  Giustizia Federale brasiliana, su richiesta del  Ministério Público Federal, il 19 aprile aveva emanato un'ingiunzione che sospendeva di nuovo l'appalto della diga, ma il governo è subito intervenuto e in poche ore il Tribunal Regional Federal ha annullato la decisione, e la gara per la centrale idroelettrica è stata realizzata.

Mentre il governo Lula esulta gli ambientalisti non usano mezzi termini: «Belo Monte sarà allo stesso tempo un'ingiustizia economica, un crimine sociale e ambientale e una macchia nella storia del Brasile. Il progetto evoca un modello di sviluppo vecchio, nel quale il Paese non avrebbe nemmeno bisogno di investire, essendo evidente che è assolutamente possibile produrre la stessa quantità di energia con impatti infinitamente minori».

Secondo Sergio Leitão, direttore delle campagne di Greenpeace Brasil «Belo Monte é l'esempio di quella che è l'ultima cosa di cui necessita il Brasile: replicare un antico modello energetico a beneficio di pochi ed al costo di una distruzione socio-ambientale immensa. Belo Monte significa guardare lo sviluppo  del Paese dallo specchietto retrovisore. Il Brasile di oggi e del futuro può seguire un cammino che unisca sicurezza energetica, crescita economica e rispetto dell'ambiente e delle persone».

Per la mega-diga il governo prevedeva inizialmente un costo iniziale 7 miliardi di real (R$) -  già moltiplicatosi a 19 miliardi) - che sarebbe bastato a realizzare un parco eolico della stessa potenza a Itaipu. Il governo di Brasilia giustifica il progetto con un costo di gestione di 83 R$ per megawatt/hora (MWh), ma secondo gli ambientalisti non mette in conto i passivi sociali e ambientali: «Battere su questo tasto è disprezzare la vita delle persone che dipendono dal fiume Xingu, così come l'importanza della foresta per l'equilibrio climatico del pianeta. É ovvio, ma vale la pena ripeterlo a chi governa: il prezzo non giustifica tutto. Il costo di gestione dell'eolico è di R$ 150/MWh e degli impianti di cogenerazione a biomasse di R$ 160/MWh - dice Ricardo Baitelo, responsabile energia di  Greenpeace Brasil - Oggi, l'energia eolica e delle biomasse  biomassa sono opzioni economicamente valide per il Brasile, con impatti socio-ambientali infinitamente inferiori a quelli di Belo Monte. La differenza tariffaria per valore della centrale elettrica prevista, ovviamente non compensa il grave passivo sociale e ambientale inerente all'impresa. l costo della produzione eolica e solare anche molto migliore se confrontato con il  nucleare ed il termoelettrico ad olio combustibile, che presentano rispettivamente costi di R$ 240/MWh e R$ 550/MWh». .

La polemica contro Lula è fortissima: viene accusato di miopia ambientale, di voler distruggere  con la diga il Xingu, una delle più belle regioni dell'Amazzonia, un'area con una ricchissima biodiversità nel sud del Pará, una zona che fino ad oggi era riuscita a salvarsi dall'avanzata della deforestazione e dove vivono ancora tribù indigene. Il progetto inizialmente era ancora più grande, ma anche se è stato ridotto, l'impatto è ancora fortissimo: si dovranno abbattere 50 mila ettari di foresta amazzonica solo per il bacino della diga, ma la deforestazione si estenderà ben oltre: per realizzare l'impianto idroelettrico bisognerà scavare canali lunghi 30 km. e il volume delle escavazioni sarà di circa 230 milioni di m3, più di quello del  Canale di Panamá. Inoltre bisognerà aprire 260 Km di strade e realizzare molti cantieri e soprattutto spostare 20 mila persone dalle loro case e nessuno per ora sa dove e come.

Greenpeace dice sconsolata: «Belo Monte: triste storia. Pensata dal regime militare, resuscitata durante il black-out  del governo tucano e portata avanti nel periodo petista (Il Partito del Lavoro di Lula, ndr), l'impianto ha tutto per lasciare al Paese un'amara eredità»

La storia di Belo Monte, nel Rio Xingu, dove il governo vuole realizzare la terza più grande diga idroelettrica del mondo è iniziata nel 1979, quando terminarono gli studi sulla possibilità di costruire 5 dighe sul Xingu ed una sul Rio Iriri. Poi il disastro sociale e ambientale provocato dalla costruzione di Itaipu, sul fiume Paraná, che ha prodotto migliaia di sfollati ed ha allagato uno dei più importanti parchi nazionali del Brasile, oppure la brutta esperienza delle Sete Quedas, insieme alla crisi finanziaria, avevano fatto accantonare i piani di  Belo Monte, che tornano fuori come grande progetto per titillare l'orgoglio nazionale in vista delle elezioni presidenziali. Le cinque dighe iniziali, grazie alle proteste delle tribù indie, sono diventate una, ma l'impatto sulla flora e la fauna e sui mezzi di sostentamento delle popolazioni autoctone sarà ugualmente devastante.

«In relazione all'energia che Belo Monte dovrebbe produrre - spiega Greenpeace - sembra non ci siano molti dubbi: sarà incapace di produrre gli 11 mila megawatts di energia che il governo promette. A causa di quelle che gli impresari coinvolti chiamano "concessioni" all'ambiente (in realtà insufficienti par impedire i danni ambientali che causeranno) la previsione è che la sua produzione sarà intorno ai 4 mila megawatts/anno. Nonostante le tante domande, provenienti da ogni lato, Lula ha già detto il mese scorso che farà Belo Monte con la "legge o con la forza"».

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