[07/05/2010] News

Cooperazione internazionale e aiuti allo sviluppo (ma quello nostro) - terza parte -

ROMA. Ma perché in una paese a cronica carenza energetica come l'Albania la popolazione si dimostrerebbe contraria a questa nuova centrale che costruirà l'Italia e di cui abbiamo parlato nei due articoli precedenti? (vedi link a fondo pagina)

Il motivo è dato dai numeri in gioco. Lo studio di Via presentato da Enel parla chiaro. La centrale a carbone è di taglia grande (anche per un paese industrializzato), 1600 MW sono l'equivalente del 2,9% del fabbisogno energetico di punta italiano, o se preferite, la stazza di una centrale nucleare di ultima generazione.

Il problema è che i 13 TWh prodotti in un anno dalla centrale di Durazzo equivalgono a due volte il fabbisogno elettrico albanese (produzione+import, secondo i dati 2005 del ministero dell'energia albanese) ma l'85% di questa produzione sarà dirottata in Italia, tramite il cavo sottomarino di cui abbiamo parlato all'inizio. Solo il 15% della produzione sarà riversata sul mercato albanese, a prezzo di costo, precisano dall'Enel.

Ma la beffa non finisce qui. Anisa Xhitoni dell'Eden Center sostiene che "per l'Enel i benefici derivanti dal progetto sono piuttosto chiari. La costruzione di una nuova centrale in Albania, invece che in Italia, permette alla compagnia di non comprare dei permessi per le emissioni e, qualora il prezzo del carbone non dovesse aumentare in maniera sensibile, di risparmiare tra i 230 e i 320 milioni di euro all'anno fino al 2020".

Ed in Albania rimarrebbero le emissioni di gas serra, che sono il doppio di quelle generate dall'Albania in un anno intero. Infatti la centrale emetterà, stando agli studi di VIA, ben 1166 tonnellate di C02 all'ora, moltiplicate 8.000 ore di funzionamento medio annuale, si arriva a 9.328.000 tonnellate. Le emissioni correnti del Paese sono quantificate in 5,5 milioni di tonnellate (esclusi LUCF - Land Use Change and Forestry).

Di conseguenza, la media di emissioni per persona salirà a 4,6 tonnellate ogni dodici mesi, più di un punto oltre ai valori previsti dal Protocollo di Kyoto per i cosiddetti Paesi non-Annex 1 - ovvero quelle realtà che, siccome in via di sviluppo, non sono tenute a rispettare gli obblighi derivanti dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici, a meno che non su base volontaria. Questi numeri fanno capire da soli l'enorme divario tra le poste in gioco. Ma c' è di più. L'Enel insiste a dire che la centrale userà carbone pulito e che quindi non c'è da preoccuparsi.

Già il fatto che la parola "carbone pulito" è un ossimoro (come benzina verde), ma forse nessuno si è posto il problema che né in Albania né in Italia esistono sufficienti disponibilità di carbone (ne servono almeno 4 milioni di tonnellate l'anno) che quindi dovrà essere importato (si parla dal Sud Africa, praticamente dietro l'angolo). Per questo motivo sarà costruito anche un molo di 950 metri, visto che in quella zona i fondali sono bassi e sabbiosi.

Parlando invece della tecnologia adottata, esistono sicuramente diverse tecniche per la "pulizia" del carbone e per limitarne gli effetti nocivi ma hanno il duplice difetto di non essere esaustive (quindi una parte di emissioni rimangono) e soprattutto necessitano di una discreta quantità di energia per funzionare (si va da perdite del 30% del sistema "Coal washing" al 20% del sistema "Integrated Gasification Combined Cycle".

Ora siccome l'Enel dichiara che nella sua centrale di Durazzo gli autoconsumi si attesteranno al 5,1% dell'energia prodotta, qualcuno ci spiega in che modo il carbone sarà "pulito"?

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