[10/05/2010] News

Il trasloco del desman, profugo ambientale assistito dell'estinzione da global warming

LIVORNO. Tre ricercatori dell'università danese di Aarhus (Naia Morueta-Holme, Camilla Fløjgaard e Jens-Christian Svenning) hanno pubblicato su PlosOne lo studio "Climate change risks and conservation implications for a threatened small-range mammal species" nel quale evidenziano che «Il cambiamento climatico sta già danneggiando la distribuzione di molte specie e può portare a numerose estinzioni nel corso del secolo successivo».

Secondo i biologi una particolare attenzione deve essere rivolta alle specie con un piccolo areale di distribuzione. Per capire come il global warming stia influendo sulle specie a rischio e come i cambiamenti climatici incidano sulla loro salvaguardia, i ricercatori danesi hanno scelto di studiare il desman iberico (Galemys pyrenaicus), un insettivoro endemico e filogeneticamente isolato nel sud-ovest dell'Europa.

Il Galemys pyrenaicus è un piccolo mammifero semi-acquatico che può vivere più di 3 anni e mezzo, lungo 11-16 cm, con una coda di 12-16 cm; pesa 35-80 g, la femmina è più grande del maschio. E' considerato "vulnerabile" dalla Lista rossa dell'Iucn ed è elencato negli allegati II e IV della direttiva Ue Habitat e nell'Annex II della Convenzione di Berna. Appartiene alla sottofamiglia Desmaninae (Soricomorpha: Talpidae), che annovera una solo altra specie ancora esistente: il desman russo (Desmana moschata), più grande e che vive in Russia, Ucraina e Kazakhstan nonostante la caccia spietata a cui è stato sottoposto per la sua pelliccia.

L'attuale distribuzione del G. pyrenaicus copre i Pirenei e il nord della penisola iberica, dove vive nei fiumi e nei torrenti montani freddi e altamente ossigenati, nutrendosi quasi esclusivamente di invertebrati acquatici. Il piccolo desman era ampiamente distribuito in Europa durante l'ultima era glaciale, ma il riscaldamento successivo ha ridotto il suo impero ad un piccolo regno montano dove sopravvive temendo di scomparire solo per una diminuzione del tasso di precipitazioni annuali e sempre più assediato dall'uomo che distrugge il suo habitat con le centrali idroelettriche e l'inquinamento, innalzando barriere invalicabili per questo animaletto.

I ricercatori danesi hanno valutato la sua distribuzione in base ai dati su clima, topografia e impatto antropico e verificato le ipotesi sui fattori che determinano la distribuzione di questa singolare specie. E poi sviluppato modelli predittivi proiettati su scenari climatici per il 2070-2099 per valutare i rischi del cambiamento climatico e le possibilità di una conservazione del desman. E' emerso che «La temperatura media estiva ed il bilancio idrico sembrano essere i principali fattori che influenzano la distribuzione del G. pyrenaicus G. E' previsto che il cambiamento climatico darà luogo a significative riduzioni dell'areale della specie».

Secondo lo scenario peggiore, un aumento delle temperature estive potrebbe portare all'estinzione totale del desman in Spagna. Le proiezioni sull'areale in Europa indicano che una "migrazione assistita" potrebbe essere una possibile strategia per la conservazione a lungo termine del G. pyrenaicus di fronte al riscaldamento globale. Gli scienziati danesi concludono che «I cambiamenti climatici rappresentano chiaramente una grave minaccia per questa rappresentativa specie endemica. I nostri risultati confermano che le specie endemiche possono essere altamente vulnerabili ad un riscaldamento del clima ed evidenziano il fatto che la migrazione assistita ha un potenziale come strategia di conservazione per le specie minacciate dai cambiamenti climatici».

Quindi questo strano insettivoro endemico delle montagne spagnole, considerato l'ornitorinco europeo per le sue caratteristiche fisiche (è una talpa acquatica con le zampe palmate, il muso da toporagno a due "canne" dotato di sensibilissimi recettori e una coda appiattita), potrebbe diventare un profugo ambientale assistito, con intere popolazioni spostate in montagne, comprese le Alpi italiane, dove gli impatti dei cambiamenti climatici saranno meno sconvolgenti che nei Pirenei, molto lontane dal suo attuale e ridotto areale di distribuzione.

«Data la capacità chiaramente limitato la dispersione del G. pyrenaicus - sottolineano Morueta-Holme, Fløjgaard e Svenning - la migrazione assistita è quindi potenzialmente una componente essenziale della strategia di conservazione integrata al cambiamento climatico per la specie. I futuri studi sul G. pyrenaicus dovrebbero concentrarsi su come chiarire la sua sensibilità alle temperature, come la gravità della minaccia del riscaldamento globale dipenda fortemente di per sé dalla sua sensibilità alle temperature elevate. I risultati del presente studio confermano la conclusione di Ohlemüller et al. che molte specie endemiche possono essere altamente vulnerabile al riscaldamento climatico».

La maggior parte delle specie endemiche sono a rischio per il loro areale ristretto e per la loro limitata capacità di dispersione rispetto a specie più cosmopolite ed adattabili. «Tuttavia - spiega lo studio - la misura in cui il clima attuale limita la distribuzione delle specie endemiche non è chiara; in particolare, la ricchezza di specie endemiche, spesso scarsamente correlata con il clima attuale ed è più fortemente correlata a fattori che descrivono la sopravvivenza a lungo termine e la speciazione. Tuttavia, un recente studio ha rilevato che le zone con un alto numero di specie con un piccolo areale sono più fredde e situate ad altitudini più elevate rispetto a quelle delle regioni circostanti, suggerendo che queste siano aree relitte interglaciali per le specie adattate al freddo con una elevata vulnerabilità al futuro global warming»

Per il desman iberico e per altre specie endemiche dell'area mediterranea gli effetti del global warming potrebbero essere distruttivi e portare a gravi perdite di biodiversità a livello mondiale nel XXI secolo. Visto il forte rischio di estinzione per specie incapaci di adattarsi ad un cambiamento climatico antropogenico, la migrazione assistita diventa una possibile strategia di salvaguardia: «Si tratterebbe di traslocare le specie in aree ecologicamente adatte ma attualmente non occupate, ma che probabilmente rimarranno adatte per i prossimi 100 anni o più, nei casi in cui altre strategie di conservazione non saranno probabilmente sufficienti a garantire la loro sopravvivenza - dicono i tre biologi - Ci sono molti esempi in cui le introduzioni biologiche hanno avuto effetti biologici e socio-economici negativi, ed è necessaria quindi una grande attenzione prima di attuare la migrazione assistita», valutando la sua fattibilità tecnica ed i costi-benefici biologici e socio-economici.

«In questo quadro, un primo passo importante consiste nel valutare in quale misura gli approcci più convenzionali (ad esempio, riduzione dei fattori di stress locali, riduzione della frammentazione degli habitat, o la conservazione ex situ) sarebbero sufficiente a proteggere una specie di fronte ai cambiamenti climatici».

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