[11/05/2010] News

Pd e dintorni: ci mancava solo la lettera/appello a Bersani per la rinascita nucleare

GROSSETO. Una lettera aperta pubblicata oggi sul Corriere della Sera, e firmata da un gruppo di 70 fra medici, giornalisti, scienziati e manager, chiede a Pierluigi Bersani che il Pd riveda la sua posizione sul nucleare. Tra i firmatari alcuni sono impegnati nel partito, altri vi guardano con attenzione. Tutti si dicono animati da uno spirito costruttivo nella discussione in atto tra i favorevoli e contrari all'energia ottenuta dall'atomo: «Vorremmo dare un contributo serio a questa discussione. Tornando ai fondamentali, come si dice, e cercando di approfondire le questioni con rigore intellettuale e scientifico. E con spirito concreto».

E biasimano  «il pressapochismo con cui, spesso, da parte di importanti esponenti del Pd vengono affrontati temi che meriterebbero una discussione informata e con dati di fatto».

Così «per quel che riguarda i costi del programma nucleare». Così per la sicurezza. Così anche per «il tema dello smaltimento, del deposito e della sicurezza dei rifiuti nucleari».

Per questo i firmatari della lettera  si appellano a Bersani cui reputano «non faccia difetto la sensibilità di capire l'importanza per l'industria italiana di partecipare ad un processo internazionale di rinascita del nucleare che significherà investimenti significativi in tecnologia, infrastrutture e servizi. E nello sviluppo di occupazione qualificata» di rivedere la posizione assunta dal partito.

Tutti temi, appunto su cui non solo chi dall'interno del Pd avversa la scelta del nucleare quale strategia energetica per il futuro, ma anche dall'esterno, nelle sedi scientifiche, giornalistiche, manageriali, si confrontano fornendo numeri, ricerche, dati. Una modalità di affrontare la discussione, quindi, non pressappochista, ma concreta.

Da pari a pari. Opinione contro opinione. Dati contro dati. Numeri contro numeri.

«Un confronto aperto e pragmatico» appunto, come loro stessi chiedono e come è legittimo che sia in democrazia. Così come è legittimo che in democrazia vi siano opinioni diverse, senza dover appellarsi all'irrazionalità o all'antiscientificità se non coincidono con le proprie.

Certo è che quando poi le opinioni portano a scelte di strategia energetica di un Paese è altrettanto legittimo che ognuno dalla sua parte cerchi di appoggiarle o contrastarle e che - in questa seconda ipotesi - porti soluzioni alternative, che a confronto con le scelte nucleari hanno dalla loro sicuramente minori impatti sociali e offrono benefici garantiti e comprovati, sia in termini energetici che di occupazione, che di sviluppo tecnologico.

La Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, ad esempio ha recentemente presentato un rapporto sugli "Scenari elettrici post crisi al 2020 e 2030", in cui si descrivono due contesti: uno blu in cui si ipotizza un miglioramento dell'efficienza elettrica, e uno grigio dove al contrario si prende ad  ipotesi  che l'efficienza peggiori.

«In entrambi gli scenari, sia di miglioramento, sia di peggioramento dell'efficienza elettrica, dopo i cambiamenti in parte prodotti, in parte accelerati dalla crisi, viste le nuove centrali convenzionali in costruzione o già in fase di autorizzazione e visto lo sviluppo delle rinnovabili - conclude lo studio - non c'è spazio per un forte aumento della potenza elettrica come quella di nuove centrali nucleari, almeno fino al 2030».

Nelle due ipotesi si prevede invece un forte aumento delle fonti rinnovabili che, mantenendo l'attuale trend di sviluppo, porterebbero nel 2020 ad una produzione di circa 107 miliardi di chilowattora che potrebbe raggiungere i 165 TWh nel 2030: ovvero il 39% del totale nello scenario blu e il 45% in quello grigio.

Il settore dove converrebbe investire in ricerca e sviluppo tecnologico è quindi quello delle energie rinnovabili, anziché del nucleare, tenuto conto anche degli scarsi risultati a fronte degli ingenti costi che questo tipo di ricerca ha sino ad ora prodotto.

Come dimostra il progetto internazionale Iter, ideato  per fornire indicazioni sulla fisica del plasma così da permettere l'ottenimento di una reazione di fusione stabile, e che ha prodotto sino ad ora risultati del tutto insoddisfacenti e che è adesso anche a corto di risorse economiche . I costi sino ad ora sostenuti per questa ricerca  hanno infatti ampiamente superato le stime iniziali, sulle quali erano basati gli impegni di bilancio dell'Ue. (vedi greenreport del 10 maggio).

Torna all'archivio