[11/05/2010] News

Gli indios dell’Equador contro Correa per la “privatizzazione” dell’acqua

LIVORNO. Il rapporto tra gli indios ecuadoriani e il governo di sinistra del presidente Rafael Correa sembra essersi definitivamente rotto. Dopo le divisioni sulle trivellazioni petrolifere in territori indigeni, le più importanti organizzazioni degli indios dell'Equador, hanno rivolto un appello per radicalizzare la lotta iniziata la settimana scorsa contro il progetto in discussione all'Asamblea Nacional Legislativa dal novembre 2009, che prevede la privatizzazione dell'acqua. Da ieri alcune comunità indigene hanno iniziato a bloccare le strade di accesso alla capitale Quito innalzando barricate con legname, pietre e pneumatici  che hanno chiuso al traffico una importante strada di collegamento nella provincia andina di Imbabura, come aveva chiesto il presidente della Confederación de Nacionalidades Indígenas del Ecuador (Conaie), Marlon Santi.

Gli indios temono che la legge privatizzi le risorse idriche, violando quei diritti ancestrali che la costituzione dice di voler tutelare, cedendone l'utilizzo ai privati, in particolare alle miniere. Il governo di Correa nega decisamente che la Ley de Aguas voglia privatizzare l'acqua e accusa i dirigenti indigeni di mentire alle loro comunità solo per fare pressione sul Parlamento per avere accesso ad alcune delle imprese incaricate di amministrare le risorse idriche.

Per oggi il Conaie ha indetto una nuova protesta proprio mentre i parlamentari stanno esaminando i temi centrali della legge. Il 6 maggio Coanie, la Federación de Organizaciones Indígenas, Campesinas y Negras, (Fenocin) e  la Federación de Indígenas Evangélicos (Feine), hanno rivolto un appello alla loro base per inasprire la protesta per impedire l'approvazione della legge, il governo ha risposto aumentando i controlli di polizia ed il ministro Gustavo Jalkh ha avvertito che «La mobilitazione è un diritto, però non si ha il diritto di commettere delitti come chiudere delle strade. I manifestanti possono far arrivare le loro petizioni alle rispettive autorità attraverso i canali pertinenti». Da parte sua il presidente del Parlamento, Fernando Cordero,  assicura che «i rappresentanti dei settore indigeno, campesino e delle  organizzazioni sociali sono stati ricevuti e ascoltati. I dirigenti della protesta vogliono confondere il Paese ancora di più quando dicono che la nuova legge cerca di privatizzare l'acqua. Come privatizzeremmo quello che è già privatizzato e che durante la redazione della Costituzione, a Montecristi, è stato consacrato che non ci può essere privatizzazione dell'acqua? Quello che si fa con la legge è di sviluppare questi precetti costituzionali perché in Equador finisca la concentrazione di questa risorsa in poche mani, il cosiddetto accaparramento».

Un po' poco sia per impaurire che per calmare un movimento indigeno che nel passato è riuscito a far cadere diversi governi e a far fuggire all'estero qualche presidente. La proposta di legge prevede 238 articoli, una "disposizione unica" e 18 transitorie e derogatorie, è questo groviglio che temono gli indios, anche se la legge proibisce la privatizzazione dell'acqua e ne stabilisce la gestione esclusivamente pubblica.

Il presidente della Fenocin, Luis Andrango, non è convinto e in un'intervista a TeleSur ha chiesto che «La legge inserisca meccanismi per de-privatizzare l'acqua così come chiesto in 50 work-shop nelle quali è stata discussa. Si è avuto un processo di discussione largo sulla stessa legge. Chiediamo che vengano incluse le osservazioni del mondo indigeno».

Invece, sta dalla parte del governo José Agualsaca, presidente della Confederación de Pueblos y Organizaciones Indígenas Campesinas del Ecuador (Fei) che ha sottolineato che «L'acqua è un patrimonio nazionale, abbiamo studiato e vogliamo dire che in Equador non si sta discutendo una legge con la quale si privatizzerà l'acqua. Esistono molte organizzazioni che mentono per mobilitare la gente. L'acqua è un diritto, un patrimonio umano, che non può essere privatizzato, quelli che la hanno privatizzata sono i proprietari terrieri. Noi abbiamo integrato le proposte all'Asamblea Nacional. Il documento che si discute non è sul tema della privatizzazione, piuttosto garantisce il diritto all'acqua come flusso ecologico, garantendo i diritti del popolo. Non siamo d'accordo che si mantengano i modelli neoliberisti. Quello che dobbiamo fare è di mettere più tasse ai "camaroneros" (gli allevatori di gamberi) che hanno distrutto le mangrovie della zona. Questo dibattito sull'acqua è diventato una questione politica».

Ma la posizione filo-governativa del Fei sembra minoritaria e le altre più grandi organizzazioni indigene continuano a chiedere sulle strade e nelle piazze un cambiamento radicale della Ley de Aguas prima della sua approvazione, tanto che qualcuno pensa che i forti movimenti indigeni vogliano utilizzare il tema dell'acqua pubblica per far cadere il governo Correa che loro hanno fortemente contribuito ad eleggere e a rieleggere.

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