[12/05/2010] News

Verso un Piano nazionale di azione sulla mobilità urbana? Il contributo di Euromobility tra speranze e delusioni

LIVORNO. Che in Italia finalmente si stia lavorando a un Piano di azione sulla mobilità urbana è già una notizia. Che poi alla commissione Trasporti della Camera dei Deputati abbia avuto luogo l'audizione del presidente di Euromobility Arcangelo Merella e del direttore Lorenzo Bertuccio lo è ancora di più, perché significa che almeno in teoria si comincia ad aver chiaro che la mobilità di questo paese va completamente rivista e riconverita verso una di gran lungo più sostenibile. Meno entusiasmante il quadro che emerge dall'incontro dove, a fronte di interessanti proposte da parte di Euromobility, lo stato delle cose resta preoccupante:

Arcangelo Merella ha detto che tra le azioni previste dall'action plan assume rilievo l'azione "1" relativa alla redazione di piani di mobilità urbana sostenibile. «La corretta interpretazione di tale indicazione - ha spiegato - è fondamentale per cogliere appieno il significato innovativo di uno strumento di pianificazione già previsto dal nostro ordinamento (il Pum), ancorché disatteso da molti Comuni, e che dovrebbe rappresentare una modalità di pianificazione della mobilità di persone e merci nelle aree urbane che si dà carico di soddisfare la complessità della domanda di trasporto generata nelle aree urbane secondo principi di sostenibilità ambientale, contenimento dei consumi energetici, efficienza dei sistemi».

«All'interno del Piano di mobilità urbana sostenibile - ha aggiunto - possono trovare soddisfazione tutte le azioni indicate dal Piano d'azione sulla mobilità urbana, per cui è fondamentale che tale adempimento diventi obbligatorio almeno per i Comuni con popolazione superiore ai 100.000 abitanti e la sua adozione costituisca un vincolo per poter accedere a misure di sostegno che non dovranno mancare nelle politiche comunitarie, nazionali e regionali».

Ma Merella ha inoltre messo in luce come in Italia uno strumento già a disposizione per l'adozione del Piano di azione sulla mobilità urbana sia rappresentato dal DM 27 marzo 1998 sulla mobilità sostenibile - ormai 12 anni! - che ha introdotto il mobility management, strumento «che stenta a decollare a causa della mancanza di misure strutturali a sostegno di questa figura professionale». E per questo Merella ha sostenuto che «è necessario innescare un percorso virtuoso che premi le aziende che introducono il mobility management quale requisito per godere di vantaggi sul piano finanziario e/o fiscale o per l'adozione di strumenti volontari, quali ad esempio le certificazioni ambientali o i bilanci di responsabilità sociale di impresa».

Lorenzo Bertuccio, direttore scientifico di Euromobility e responsabile tecnico del Club delle città per il bike sharing, ha affermato che «il mobility management rappresenta quell'insieme di misure soft che a basso costo possono determinare inversioni di tendenza nei comportamenti e negli atteggiamenti dei decision makers e dei cittadini attraverso l'affermazione di altre importanti innovazioni, come le flotte condivise di bike sharing e car sharing, e l'interoperabilità dei servizi alternativi tramite l'utilizzo di smart card».

Effetti importanti, anche sul piano della sicurezza stradale, possono portare le tecniche di eco-guida che consentono il perseguimento dell'obiettivo della riduzione dei consumi e delle conseguenti emissioni in atmosfera e al contempo quello della riduzione dell'incidentalità. In questo caso sarebbe opportuno un intervento legislativo che obblighi alla frequenza di un corso di eco-guida per il conseguimento della patente e/o la concessione del recupero di punti.

Infine Merella ha aggiunto che «la grande sfida della riconversione sul piano energetico, è un'opportunità per uscire dalla crisi e muoversi con veicoli a impatto zero e flotte condivise ci consentirebbe come effetto non trascurabile di renderci meno sensibili alle intemperanze del prezzo del petrolio. E' necessario incentivare una riconversione convinta all'elettrico attraverso l'uso di reti di ricarica alimentate con energia rinnovabile e la messa in esercizio di flotte collettive di veicoli elettrici».

In occasione delle proposte presentate da Euromobility, Carlo Iacovini, fondatore di Euromobility e oggi presidente del gruppo GreenValue Srl, ha dichiarato che, «Oggi non si può parlare più solo di politiche ambientali o dei trasporti. Il governo delle città passa dalla green economy che per un'amministrazione significa costruire la "green city", un mosaico di strategie che partono dalle innovazioni nella mobilità, nella produzione di energia, nelle politiche urbanistiche e ambientali. Alla fine degli anni ‘90 abbiamo introdotto in Italia la mobilità sostenibile, oggi la sfida è quella di introdurre il green public management».

Ecco per punti le proposte di Euromobility sul mobility management:

1.Una maggiore diffusione e rispondenza del mobility management al panorama produttivo italiano potrebbe essere assecondata dall'abbassamento a 100 dipendenti della soglia prevista dal decreto per la nomina del mobility manager e la redazione del Piano spostamenti casa - lavoro (PSCL) e dalla reiterazione dell'obbligo anche per poli commerciali, zone artigianali e industriali.

2. Sul piano fiscale, quale intervento strutturale in grado di favorire la nomina e le iniziative dei mobility manager, è di certo la proposta di modifica dell'Art. 51 co. 2 lett. d D.P.R. 917/86 (TUIR) finalizzata a riconoscere tra le componenti che non concorrono a formare reddito del dipendente le somme erogate, i valori dei beni messi a disposizione e dei servizi forniti nell'ambito dell'attuazione del PSCL che potrebbe sciogliere il nodo sull'erogazione dei buoni per la mobilità.

3. Grandi potenzialità possono avere i meccanismi di credito di imposta da riconoscere alle aziende per le spese sostenute per l'attuazione dei Pscl come ad esempio rastrelliere per le biciclette e navette dedicate.

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