[17/05/2010] News

Disastro del Golfo del Messico: la Bp mette il tubo

LIVORNO. Ormai degli annunci della Bp non si fida più nessuno, nemmeno dell'assicurazione data ieri dalla multinazionale che finalmente sarebbe riuscita a "infilare" un tubo nel pozzo petrolifero offshore della Deepwater Horizon, esplosa e affondata il 20 aprile nel Golfo del Messico, riuscendo ad estrarre una parte della fuoriuscita di petrolio. Secondo quanto ha detto in una conferenza stampa a Huston il vicepresidente della Bp Kent Wells: «Questo funziona come previsto e accresciamo molto lentamente il flusso proveniente dalla risalita equipaggiata per affiorante in superficie. D'ora in poi, avremo quindi del petrolio e del gas da caricare», ma non ha voluto dire quanto greggio questo allaccio potrà evitare che finisca nel Golfo del Messico a rimpinguare il già colossale disastro politico ed economico provocato dall'ingordigia e dall'imperizia della sua multinazionale. Fonti della Bp parlano di 1.000 galloni al giorno.

Probabilmente Wells è consapevole che un tubo da 4 pollici in una condotta da 21 pollici che connette per la prima volta il "derrick" con il pozzo sottomarino non è un gran contributo, anche se dimostra la possibilità di intervenire. Secondo Satish Nagarajaiah, professore di ingegneria civile e meccanica della Rice University di Houston «Questo è un buon passo in avanti, ma il sifone è probabile che non riesca a catturare più del  15-20% del petrolio».

Wells ha anche detto che tubi simili e robot sottomarini potrebbero essere usati per iniettare fango nel pozzo per sigillare le fughe di petrolio e che questa operazione potrebbe essere portata a termine in un periodo di 7 - 10 giorni. Ma intanto il disastro ambientale nel Golfo del Messico si sta rivelando ancora più grande di quanto si pensasse e il greggio ha raggiunto aree molto lontane da quelle che si prevedevano.

La credibilità della Bp è ormai a zero, tutte le sue iniziative si sono rivelati penosi e costosi fallimenti, lo stesso presidente Usa Obama è furibondo: «Devo dire inoltre di non aver apprezzato quel che considero uno spettacolo ridicolo nel corso delle udienze al Congresso su questo tema. Si sono sentiti dirigenti di Bp, Transocean ed Halliburton accusarsi reciprocamente e puntare il dito per condannare qualcun altro». La Bp è ora anche sotto accusa per le misure di sicurezza nelle sue raffinerie costiere... ma speriamo che ce la faccia a chiudere la voragine che erutta petrolio, perché la disperata medicina a cui si sta pensando di utilizzare potrebbe essere pericolosissima.

Il presidente Usa ha inviato in Louisiana un team di cinque scienziati nucleari per trovare soluzioni in grado di fermare la fuoriuscita. Della squadra farebbe parte anche l'ottantaduenne Richard Garwin, uno dei progettisti della prima bomba all'idrogeno. Evidentemente Obama si sta preparando a tutto anche all'utilizzo di una bomba atomica tattica, tentato dalla possibilità di risolvere la tragedia petrolifera del Golfo del Messico con un esplosione nucleare sottomarina, come gli hanno suggerito di fare i russi, confessando di aver utilizzato questo metodo per sigillare pozzi petroliferi offshore che avevano avuto incidenti simili a quello Deepwater Horizon, ma si trattava dei tempi dell'Unione Sovietica e dei deserti mari artici russi, utilizzare la bomba nel Golfo del Messico, a due passi dai paradisi turistici caraibici e per mani di una democrazia costretta a rimediare con un incredibile azzardo nucleare ad un ecocidio provocato da una multinazionale straniera, forse non sarebbe ben accolto dalla democrazia americana.

Intanto la tragedia del Golfo sta preoccupando sempre di più i Paesi vicini: Cuba ha incaricato un gruppo di scienziati di sorvegliare da vicino la situazione. Orlando Rey Santos, un esperto del ministero cubano delle scienze, tecnologia e ambiente ha detto che «L'espansione della coltre petrolifera non pone minacce immediate a Cuba, ma il suo movimento fino ad ora si dimostra irresistibile, quindi dobbiamo tenerci gli occhi addosso. Il movimento della coltre di petrolio dipende da diversi fattori complessi ed imprevedibili, soprattutto dalle correnti oceaniche, dai venti e dal clima, che potrebbero spingere la macchia di petrolio verso le coste cubane».

Anche il Messico ha avviato degli studi per capire se la marea nera avrà delle conseguenze per il Paese. Il ministro dell'ambiente Juan Rafael Elvira ha detto durante una conferenza stampa che «al di fuori di qualche uccello e pesce morti, non è stato provato alcun impatto ambientale, ma lavoriamo sulla questione e contiamo di condurre bene le ricerche fino all'obiettivo. Le ricerche sono condotte in coordinamento con gli Stati Uniti ed ogni Paese gestisce i dati ottenuti nelle sue acque territoriali».

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