[28/05/2010] News toscana

Agricoltura: da settore d'impatto ambientale a comparto di riduzione delle emissioni di gas climalteranti

FIRENZE. Cosa può fare il settore agricolo per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra? Per Legambiente, Arsia, Regione Toscana e associazione Chimica verde, molto, a patto che i sistemi di coltivazione vengano correttamente indirizzati. Per dimostrare la fattibilità di alcune pratiche agronomiche per la mitigazione dei cambiamenti climatici, queste associazioni ed enti hanno incontrato a Terra Futura (Firenze) Ispra, Fao, Icea, Regione Sicilia, associazioni del biologico (Aiab e Federbio), per favorire l'adozione di meccanismi di valutazione e di riconoscimento economico delle attività agricole che garantiscono la compensazione delle emissioni e la restituzione di carbonio e sostanza organica al terreno.

«I cambiamenti climatici in corso influenzano direttamente la produzione di cibo e rappresenteranno sempre più un fattore di moltiplicazione dei rischi esistenti di sicurezza alimentare e malnutrizione - ha sottolineato Beppe Croce, segretario di Chimica Verde e responsabile Legambiente agricoltura non food - Il settore agricolo sarà quello più colpito dagli effetti nefasti degli eccessi climatici e i piccoli agricoltori, soprattutto nei paesi in via di sviluppo, sono sicuramente il gruppo più vulnerabile. Da qui l'urgenza di intervenire proprio nel settore della produzione agricola per contribuire alla mitigazione dell'effetto serra».

La sfida per trasformare l'agricoltura da settore di impatto ambientale a comparto di mitigazione, non è banale. Secondo alcuni studi l'agricoltura è responsabile del 10-12% del totale dei gas serra (GHG) emessi nei paesi dell'Europa a 25, così come è responsabile della metà delle emissioni di metano e di quelle di protossido d'azoto, gas che ha un potenziale di riscaldamento globale pari a 310 volte la CO2. Ma al contempo l'agricoltura è anche il sistema produttivo più idoneo per ridurre le emissioni di CO2 attraverso l'applicazione di tecniche a ridotto impatto ambientale (adottando sistemi di coltivazione biologica, limitando o eliminando l'uso di input di sintesi, grazie all'uso di sovesci, di rotazioni lunghe ecc.), per sottrarre, mediante la fotosintesi, la CO2 atmosferica, fissandola nelle piante e, attraverso il parziale o totale interramento della biomassa, in parte nel suolo sottoforma di sostanza organica. In questo processo, come è intuibile, la ricerca e la formazione tecnica potranno giocare un ruolo di rilievo se opportunamente sostenute.

La giornata di studio tenuta oggi a Firenze ha come obiettivo finale quello della costituzione di un tavolo di lavoro nazionale "Agricoltura biologica e cambiamenti climatici", che possa sensibilizzare le istituzioni italiane e l'opinione pubblica, favorendo lo sviluppo di attività agricole idonee a mitigare i cambiamenti climatici. A livello internazionale è già stato attuato un percorso simile (Round table on organic farming and climate change), in cui collaborano prestigiose organizzazioni del settore: Fibi (Svizzera), Icrofs, Daas e l'università di Aarhus (Danimarca), Icea (Italia), Seae (Spagna), Soil and more e l'Università di Wageningen (Olanda), Soil association (Gran Bretagna).

 

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