[31/05/2010] News

Il mercato punirą la BP pił della politica?

LIVORNO. Il valore in borsa della Bp è crollato di 34 miliardi di euro dopo l'esplosione e il naufragio della sua piattaforma offshore nel Golfo del Messico, tanto che il giornale finanziario francese "Les Echos" scrive che «L'ipotesi di un'Opa su questo gruppo indebolito non è più del tutto inverosimile». Il disastro della Deepwater Horizon sarà fatale per la Bp a differenza di quel che è successo con il naufragio della Exxon Valdez per la Exxon o per quello dell'Erika alla Total, uscite praticamente indenni e con risarcimenti contenuti dalle loro magagne petrolifere ? La Bp é sotto attacco, ma i suoi dirigenti britannici pensano di poter assorbire la mazzata, nonostante la loro evidente incapacità ed imperizia tecnologica che dai fondali del Golfo del Messico sta lordando la loro immagine mondiale, fatta anche di robuste iniezioni di greenwashing sempre ben pubblicizzate dalla stampa e dai governi amici.

Ma i costi dei risarcimenti danni già previsti, 930 milioni di dollari già stanziati per gli Stati Usa colpiti e per i pescatori, rischiano di essere un bruscolino se la montante rabbia di Barack Obama si trasformerà in sanzioni anche penali, invece che in richieste di risarcimenti. Per ora la Bp, che ha nascosto dossier preoccupanti e dati sulla scarsa sicurezza, guarda la perdita del Golfo come un incidente di percorso in uno dei tanti pozzi che nel 2009 hanno portato nelle casse della multinazionale un benefit da 17 miliardi di dollari.  Questa volta però la marea nera, il "danno accessorio" e spesso mai pagato dell'industria petrolifera, non si è verificato in qualche sperduto luogo del mondo in via di sviluppo, con qualche governo autoritario e corrotto che si volta dall'altra parte e aspetta che il greggio soffochi qualche minoranza etnica, questa volta il disastro è avvenuto sulle coste del Paese più ricco e potente del mondo  e i risarcimenti rischiano di essere enormi, schiere di avvocati sono già riunite per fare le note dei danni e delle spese e grandi associazioni ambientaliste sono lancia in resta contro la Bp e le Big Oil.

Secondo Credit Suisse alla Bp l'incidente potrebbe costare  18 miliardi di dollari: tra i 4 e i 9,8 miliardi per ripulire le zone invase  dal greggio ed 8,6 miliardi per difendersi nei tribunali. Poi ci sono i danni all'immagine che sono incalcolabili (negli Usa è già cominciato un boicottaggio spontaneo della BPp e le pessime relazione che si sono instaurate con l'amministrazione Obama.

Les Echos spiega che «Gli investitori lo hanno capito bene: in Borsa il valore della Bp è precipitato del 25 %, cioè 34 miliardi di euro, dopo l'incidente. Rischia di calare ancora questa settimana, dopo il fallimento della colmata. Questo indebolimento potrebbe incitare un concorrente a lanciare una Opa sul gruppo, nel quale le altre attività restano molto sane».

Tra le Big Oil gli avvoltoi non mancherebbero: la Chevron ormai vale più della Bp, mentre il crollo successivo alla marea nera ha ridotto lo scarto tra Bp e Total dal 40 al 22%. Secondo gli analisti della Ing però la Bp è ancora abbastanza forte per potersi difendere, qualche problema in più di tenuta potrebbero averlo la Transocean, la società svizzero-statunitense proprietaria della defunta piattaforma Deepwater Horizon, ed anche la famigerata Halliburton, la società Usa che metteva le tubature per la trivellazione per conto della Bp. Però, mentre gli Usa vivono probabilmente la peggiore tragedia ambientale della loro storia, la Transocean ha già messo le mani avanti dicendo che arriverà al massimo fino a 27 milioni di dollari come risarcimento dei danni.

La Bp rischia davvero di restare con il cerino in mano. Nei giorni scorsi il Wall Street Journal ha pubblicato una esauriente inchiesta che accolla alla multinazionale britannica gran parte delle colpe del disastro: la BP sapeva che le modalità di realizzazione del pozzo lo avrebbero reso più vulnerabile alle conseguenze dell'esplosione della piattaforma. «In ritardo sul suo piano di marcia, avrebbe in particolare abbreviato una procedura per  captare e rimuovere il gas dal pozzo, omettendo di testare il cemento intorno al foro di trivellazione ed utilizzando meno strumentazione di quella che era stata raccomandata per centrare la tubazione flessibile».

Le Big Oil sono terrorizzate perché il disastro della Bp potrebbe portare alla fine delle trivellazioni offshore in acque profonde negli Usa, costringendo Obama a tornare indietro rispetto alle generose aperture fatte prima del disastro.

Il Golfo del Messico fornisce da solo il 29% della produzione degli Usa, il più grande consumatore di petrolio del pianeta, ed ormai le trivellazioni avvengono soprattutto in acque profonde. Il disastro della Deepwater Horizon ha rivelato quanto fosse falsa la favola della supersicurezza delle piattaforme offshore e questo proprio mentre le trivellazioni stavano per espandersi in tutto il mondo, anche nelle acque più pericolose e tempestose come quelle dell'Artico. L'esplosione della piattaforma della BP e la marea nera inarrestabile hanno messo davanti agli occhi inorriditi dell'opinione pubblica occidentale (l'unica che conta per le Big Oil) tutti i limiti di tecnologie che si spacciavano come sicurissime. Il risultato è stato che a Wall Street.sono precipitate le azioni delle imprese specializzate in prospezioni petrolifere. La Transocean dopo l'esplosione della sua piattaforma ha perso il 38%, ma i suoi concorrenti non stanno meglio: la Diamond Offshore e la Noblesono calate del 31%, Pride International del 25%, Baker Hughes del 24%...

Secondo la Wood Mackenzie, la moratoria di 6 mesi annunciata da Obama ha prodotto il blocco immediato di investimenti per circa 1,6 miliardi per le ricerche offshore e la Shell ha dovuto richiamare indietro la sua flotta già partita per i mari dell'Alaska e fatto saltare un altro progetto in Virginia. Ma la cosa che preoccupa di più le Big Oil é la sospensione di 33 trivellazioni già in corso nel Golfo del Messico, una decisione che colpisce una quindicina di compagnie in particolare la Shell (5 pozzi), ma anche la nostra Eni, Marathon e  Anadarko.

Quanto peserà tutto questo? Secondo Deutsche Bank, «A breve termine, la produzione del golfo del Messico rischia di essere un po' meno importante del previsto. Circa 160.000 barili al giorno, cioè il 10% dei volumi attesi in quest'area, potrebbero mancare all'appello nel 2011».

A medio termine le Big Oil temono che i provvedimenti di Obama possano portare ad un giro di vite rispetto all'allegro andazzo del passato. Per gli analisti della underlich Securities, «Per forare nella regione, ci vorranno senza dubbio assicurazioni, personale ed attrezzature supplementari. Il Golfo del Messico dovrebbe mantenere il suo ruolo centrale, ma con dei costi più pesanti». 

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