[03/06/2010] News

Catastrofi naturali, in testa i poveri, ma l’Italia è ad alto rischio e seconda in Europa

LIVORNO. Bangladesh, Indonesia, Iran e Pakistan, sono questi i Paesi a "rischio estremo" per le catastrofi naturali secondo il Natural Disasters Risk Index (Ndri) della Maplecroft che prende in considerazione 229 Paesi. L'indice misura l'impatto umano delle catastrofi naturali in termini di decessi all'anno per milioni di abitanti, con la più elevata frequenza di eventi e di terremoti, di eruzioni vulcaniche, di tsunami, di tempeste, di inondazioni, di siccità, di frane, di temperature estreme e di epidemie.

Il continente messo peggio è l'Asia che dal 1980 conta il maggior numero di morti legati alle catastrofi naturali. I Paesi a rischio estremo sono 15 paesi, tra i giganti ci sono sia l'India (11) che la Cina (12). «Questi - spiega il rapporto che accompagna la classifica - sono gli stessi Paesi per i quali si prevede un trend di crescita che li inserisce tra le principali economie emergenti. Secondo le stime dell'Fmi il Bangladesh è cresciuto  del 5,49% nel 2009, l'Indonesia del 4,54% e l'Iran dell'1,82%, mentre la Cina è cresciuta dell'8,73% e l'India 5,66%. Questi paesi costituiscono anche importanti anelli delle catene di forniture di molte aziende. Classificare i Paesi più vulnerabili ai disastri naturali negli ultimi 30 anni potrebbe permettere agli imprenditori ed agli investitori di identificare i rischi delle attività internazionali, aumentando il sostegno agli sforzi umanitari per spingere i governi ad investire nelle iniziative per la riduzione dei rischi e dei disastri».

In Europa il Paese più a rischio è la Francia che è al diciassettesimo posto, ma subito dopo arriva l'Italia diciottesima, poi la Spagna, I soli tre Paesi europei classificati  ad "alto rischio". A portarle così in alto in classifica sono state le 40.000 persone decedute durante le ondate di caldo del 2003 e del 2006 e, soprattutto per l'Italia, il dissesto idro-geologico e geologico del nostro Paese, insieme ai terremoti ed ai vulcani attivi o pronti a rientrare in attività come il Vesuvio.

Negli Usa, trentasettesimi con 8.000 morti negli ultimi 30 anni, i pericoli principali vengono da uragani, tempeste e frane. Giappone (41), Germania (50), Russia (54) e Canada (107) sono tutti a "medio rischio", mentre la Gran Bretagna (111) è considerata a "basso rischio".

I Paesi africani a rischio estremo sono Etiopia, Sudan e Mozambico con il 95% delle vittime dovute alla siccità che dal 1980 ad oggi ha fatto 9.800 morti all'anno in Etiopia, 5.300 in Sudan (quinto in classifica mondiale)  e più di 3.400 in Mozambico (nono). Ma il Ndri avverte  che «I danni causati dalla siccità, al contrario dei terremoti e delle tempeste, sono difficili da determinare, tanto in termini di vite umane che di perdite economiche, perché è un disastro che si presenta progressivamente».

La sfortunata Haïti  piegata dal terremoto è ottava in classifica mentre la Cina dei disastri quotidiani è dodicesima tra i Paesi a più alto rischio perché il terremoto nella provincia cinese del Qinghai del 13 aprile  2010, quasi della stessa magnitudo di quello che ha colpito Haiti il 12 gennaio,  è costato la vita a 2.187 persone rispetto alle 230.000 vittime di Haiti.

I Paesi meno a rischio sono piccoli o desertici: Andorra, Bahrein, Gibilterra, Lichtenstein, Malta, Monaco, Qatar, San Marino ed emirati Arabi Uniti. In alcuni di questi, come Malta e Monaco, la natura può fare davvero  pochi "danni", visto che l'uomo l'ha praticamente cancellata sotto il cemento.

Utilizzando i dati della Maplecroft, uno studio del Programma per lo sviluppo dell'Onu ha detto che l'85% delle persone esposte negli ultimi 10 anni a terremoti, cicloni tropicali, inondazioni e siccità vivono in Paesi che hanno uno sviluppo umano medio o basso. Pedro Basabe, il direttore dell'ufficio per l'Africa della Stategia internazionale dell'Onu per la riduzione dei rischi di catastrophe (Unisdr), ha detto all'agenzia Irin: «In questo genere di classifiche, le variabili che occorre guardare sono il periodo, i dati analizzati, i generi di rischi e delle vulnerabilità alle catastrofi naturali. In effetti, I Paesi chef anno fronte a schemi identici di rischi naturali conoscono spesso degli impatti molto differenti quando il disastro si produce, il che è dovuto in gran parte dovuto al tipo di scelta di sviluppo che hanno fatto. Se guardiamo la frequenza dei terremoti e dei cicloni ad Haiti durante gli ultimi 100 anni, la situazione del Paese non sarebbe da considerare come inquietante, contrariamente agli ultimi 100 anni, con forti perdite umane causate dalle inondazioni quasi annuali e dagli uragani del 2004, 2005 e del 2008. Per esempio, in termini di impatti, il recente terremoto in Cile, della stessa magnitudo di Haiti, ha causato centinaia di morti, ma in termini di perdite economiche ha raggiunto i 22 miliardi di dollari, contro una stima di 8 miliardi per Haiti. Così, la vulnerabilità del Cile in termini di perdite economiche è più elevata che ad Haiti, che al contrario ha subito più perdite in vite umane».

Secondo il Centro per la ricerca sull'epidemiologia dei disastri (Cred) negli ultimi 10 anni ci sono stati 3.852 disastri che hanno ucciso 780.000 persone ed hanno colpito con i loro effetti più di 2 miliardi di persone, causando perdite economiche per 960 miliardi di dollari. In testa ai disastri naturali più pericolosi ci sono i terremoti, seguiti dalle tempeste e dalle temperature estreme. Secondo l'Isdr la peggiore catastrofe degli ultimi 10 anni è stato lo tsunami del 2004 nell'Oceano Indiano con 226.408 morti, seguito dal ciclone Nargis in Birmania del 2008, che ufficialmente ha ucciso 138.366 persone e poi il terremoto dello Sichuan in Cina, sempre nel 2008, con 87.476 vittime.

Anna Moss, un'analista ambientale della Maplecroft, spiega che «A causa del cambiamento climatico, gli eventi idro-meteorologici estremi saranno più numerosi facendo si che l'impatto sui Paesi che non sono a rischio possano essere direttamente colpiti da una catastrofe naturale, noi raccomandiamo anche ai Paesi più ricchi di concentrarsi sulla riduzione dei rischi di catastrofe. La povertà è un fattore importante nei Paesi in cui sia la frequenza che l'impatto delle catastrofi naturali sono gravi. Nelle zone più povere in infrastrutture,con più denso sovraffollamento e nelle zone ad alto rischio quali le pianure alluvionali, le rive dei fiumi, i pendii ripidi e nelle bonifiche continue il risultato è un elevato numero di vittime».

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