[07/06/2010] News

L'urbanistica dei furbi e la prevalenza del cretino

LIVORNO. L'urbanistica (o meglio l'edilizia che si fa urbanistica) sembra diventato lo specchio deformante di un Paese stanco e impigrito dalla rendita che cerca di uscire dal labirinto della crisi e non trova l'uscita. La strategia è ormai diventata un'eterna tattica e la tattica trucchi, come quello delle case fantasma o del nuovo condono in arrivo degli abusi di "necessità" (che non si capisce chi e come dovrebbe definire ed in base a quale norma etica-politico-tecnica) o al più concreto mantenimento della promessa elettorale di condonare lo sfascio pendulo del pericoloso abusivismo campano, dal Vesuvio ad Ischia, che è già costato vittime e tragedie e che ha permesso di costruire nelle zone "rosse", dove non c'era nessun sindaco e Stato a far rispettare norme e leggi ed a proteggere la sicurezza di tutti.

La stessa natura della nuova manovra "lacrime e sangue" del governo sembra improntata a questo virtuosismo alla Robin Hood: il governo prestigiatore che fa tagli "ai "privilegi", che si vanta di voler finalmente combattere l'evasione fiscale (per poi con i condoni mascherati sanare la più evidente elusione-evasione) e scarica semplicemente sugli enti locali, le regioni, le province il peso del sostenimento dei servizi (che una società complessa pretende) e quindi l'imposizione e l'aumento di tasse locali più alte. Così, con l'ennesima operazione creativa tremontiana, il governo diventa "buono" e i comuni cattivi.

E allora ai comuni non resta che rivolgersi all'unica vera fonte di entrate rimasta: gli oneri di urbanizzazione, visto che l'Ici è ormai ridotta ai milioni di seconde case che infestano la penisola (molte delle quali risultano ora prime case per eludere proprio l'Ici). Il territorio e l'ambiente diventano quindi vittime designate e sacrificali di un Paese che non sa uscire dalle sabbie mobili del calcestruzzo. Sembra un ciclo infernale, la storia di un'economia drogata che spera solo che la bolla edilizia non gli scoppi nelle vene nel bel mezzo della crisi. Uno strano Paese dove la gente cerca casa disperatamente mentre milioni di appartamenti sfitti restano vuoti od abitati per poche settimane, di Piani Regolatori realizzati per soddisfare emergenze abitative che invece la ingigantiscono, di Piani di edilizia economica e popolare spartiti fra membri delle stesse famiglie o che addirittura vengono messi sul mercato immobiliare prima ancora che il presunto inquilino che ne aveva teoricamente necessità abbia messo almeno una volta la chiave nella toppa della porta.  La politica del territorio italiana sembra ormai imprigionata in quella che, ribaltando un titolo fortunato di un libro di Fruttero e Lucentini, potremmo chiamare "La prevalenza del furbo", dello speculatore, dell'abusivo impunito in attesa di condono, dell'edilizia contrattata con i gruppi di interessi... e non a caso il  ciclo del cemento che è diventato uno dei più permeabili alla criminalità organizzata e quello dove il lavoro nero raggiunge livelli stratosferici.

E' difficile spiegare ad uno straniero di un Paese, che non sia la Spagna o la Grecia in crisi nera da overdose di cemento, questa bulimia edificatrice, visto che una sola regione italiana (e tra quelle più "moderate") consuma in un anno tanto territorio quanto l'intera Gran Bretagna e visto che il concetto stesso di "condono edilizio" è un ossimoro intraducibile nelle lingue dei Paesi civili.

Non è strano che in Toscana stiano facendo scalpore le parole di buonsenso di un assessore competente che sembra sostenuto da un presidente lungimirante? Eppure Anna Marson ha detto solo cose più che evidenti: attenzione il modello è arrivato al capolinea, bisogna passare dal consumo del territorio e delle risorse al recupero, al riutilizzo ed adeguare la legge 1/2005: «Che ha introdotto elementi positivi come lo sforzo di intersettorialità nel governo del territorio che, in un momento di tagli di risorse agli enti locali, è fondamentale per rendere efficaci i diversi progetti. Ma che va rivista in alcuni punti chiave, a partire dal rapporto tra i piani strutturali, di medio-lungo periodo, e i regolamenti urbanistici che dovrebbero invece corrispondere al mandato di un sindaco».

Nella sua prima  audizione in sesta commissione del Consigli regionale della Toscana la Marson ha spiegato bene la cosa: «Il rapporto tra i due piani è problematico perché i regolamenti tendono ad allocare subito tutte le quantità edificabili previste dai piani strutturali. Oltretutto, visto che in situazioni di crisi come quella attuale il mercato non assorbe tutta l'edilizia, a trovarsi in difficoltà sono gli stessi comuni, costretti a infrastrutturare insediamenti che sorgono a macchia di leopardo, con un saldo anche finanziario spesso negativo sul medio e l ungo termine. Sono d'accordo, in linea di principio, nel riconoscere l'importanza delle autonomie locali ma tali autonomie vanno accompagnate da strumenti di indirizzo, monitoraggio e valutazione adeguati».

Parole di buon senso, moneta corrente nell'Europa occidentale, che hanno fatto subito inalberare non pochi amministratori locali che temono la fine delle regole con la briglia sciolta e  il "buco finale" che, come spiega anche l'urbanista Vezio De Lucia,  permettevano di fare quadri virtuosi  da riempire poi con atti e pratiche che ripristinavano le vecchie abitudini di consumo di territorio e risorse. Le Marson dice una verità evidente, segnata sulle coste e sulle colline dell'ancora bella Toscana, ma è bastato questo a far gridare di giubilo i Comitati di Asor Rosa e dagli ambientalisti ed a scatenare in molti amministratori locali l'istinto ancestrale del cemento, della difesa del tesoretto di entrate e di consenso politico basate sull'eternità di un modello che alla fine non è altro che rendita, mancanza di sviluppo vero, stasi politica e di idee.

In un clima come questo, a livello locale sembrano ormai dimenticata preistoria le battaglie per la buona urbanistica della sinistra italiana, tanto che gente come De Lucia o Tozzi vengono accusati di sfregiare l'immagine delle località turistiche, di fare cattiva pubblicità, quando dicono che si è già superato il limite di carico urbanistico e che non si possono costruire altre seconde case, magari con la nuova scusa della "necessaria infrastrurizzazione", che però gli investitori fanno solo se in cambio hanno la contropartita di nuove seconde case per recuperare subito l'investimento.

Sembra, con le dovute proporzioni, di sentire le accuse a Roberto Saviano, accusato di far fare brutta figura all'Italia e a Napoli in tutto il mondo perché racconta che nel nostro Paese c'è la camorra.

Un Paese che ha paura della verità, che la nasconde per una sorta di quieto vivere, è però un Paese che ha paura del suo futuro e per un Paese senza futuro non c'è speranza e alternativa, c'è solo l'eterno e ristretto orizzonte  del tutto e subito, della prevalenza dei furbi che alla fine si rivelerà per la società italiana, per la sua economia e per il suo territorio in quella "prevalenza del cretino" senza ritorno profetizzata da Fruttero e Lucentini.

Torna all'archivio