[08/06/2010] News

Trivellazioni petrolifere in Italia, interrogazione parlamentare di Realacci

GROSSETO. In Italia, nonostante i problemi emersi nel Golfo del Messico, stanno aumentando le richieste per le trivellazioni petrolifere e a tale proposito Ermete Realacci (PD), ha presentato  un'interrogazione parlamentare alla Presidenza  del consiglio dei ministri, al ministro per lo Sviluppo Economico (di cui ha l'interim il presidente del Consiglio) e al ministro dell'Ambiente.

«La tragedia ambientale del Golfo del Messico è un monito che non può essere ignorato» sottolinea Realacci in una nota stampa che spiega i motivi dell'interrogazione mentre « in Italia sono moltiplicate le richieste per le esplorazioni petrolifere offshore ma non esiste una normativa adeguata né per tutelare l'ecosistema nelle aree interessate dalle trivellazioni, né per il risarcimento in caso di disastro ambientale».

«Nel nostro paese- spiega il parlamentare del Pd- oltre alle 66 concessioni di estrazione petrolifera offshore con pozzi già attivi, sono in vigore 24 permessi di esplorazione offshore, soprattutto nel medio e basso Adriatico a largo di Abruzzo, Marche, Puglia e nel Canale di Sicilia, con un'area delle esplorazioni che supera gli 11.000 kmq».

Nonostante questa intensa attività già in atto «lo scorso anno il ministero dello Sviluppo Economico ha reso note delle mappe che dimostrano un forte incremento delle richieste di trivellazioni esplorative la cui superficie complessiva pur non essendo nota, si può stimare che sia almeno il doppio di quella in cui le ricerche sono già state autorizzate. Una situazione che desta non poche preoccupazioni sia dal punto di vista economico che ambientale».

Pertanto nell'interrogazione presentata da Realacci si chiede «quali risorse tecniche e obblighi legislativi sono stati messi in campo dai Ministri interrogati per fronteggiare una possibile emergenza ambientale dovuta ad un incidentale fuoruscita di petrolio off-shore e quali sono gli obblighi di tempestiva comunicazione alle Autorità civili per affrontare l'emergenza» e inoltre si chiede che «il Governo intervenga con urgenza per verificare la situazione, l'effettiva economicità dell'attività estrattiva del nostro paese e provveda ad emanare una normativa più stringente per tutelare il Mediterraneo, un mare chiuso, dal fragile equilibrio e purtroppo fra i più inquinati al mondo da idrocarburi, con 38 mg per metro cubo di catrame pelagico».

Tra l'altro si legge nella interrogazione «la qualità del petrolio italiano off-shore  è di pessima qualità perché bituminoso, con un alto grado di idrocarburi pesanti e ricco di zolfo» e come prodotto di scarto il petrolio bituminoso ha l'idrogeno solforato (H2S), sostanza che anche a piccole dosi può provocare gravi danni alla salute umana. Mentre, nel nostro paese, non esistono limiti di emissione in mare. A questo si aggiunge che «le compagnie petrolifere hanno poi bisogno di speciali "fluidi e fanghi perforanti" per portare in superficie i detriti perforati. Questi fanghi sono tossici e difficili da smaltire. Lasciano, infatti, tracce di cadmio, cromo, bario, arsenico, mercurio, piombo, zinco e rame: elementi pesanti nocivi e che si bioaccumulano nel pesce che mangiamo».

Inoltre «in Italia- scrive ancora Realacci nell'interrogazione-le royalties dovute allo Stato per l'attività estrattiva sono tra le più basse al mondo pari al 4% della quantità estratta. Annualmente i primi 300.000 barili di petrolio costituiscono poi titolo di franchigia gratuita. Ciò significa che sono oltre 800 i barili di petrolio gratis che ogni giorno andrebbero alle compagnie petrolifere».

Una contropartita davvero irrisoria a fronte dei danni noti che questo tipo di attività produce e di quelli possibili che un incidente potrebbe comportare per l'intero ecosistema.

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