[15/06/2010] News

La fusione è esplosa

ROMA. La fusione nucleare? Ancora un paio di decenni e sarà pronta. Sono sessant'anni che si cerca un modo, controllato e affidabile, di ricavare energia utile dalla reazione di fusione nucleare controllata. Una fonte rinnovabile e, almeno in linea di principio, pulita. E sono sessant'anni che l'annuncio è sempre lo stesso: fra vent'anni la tecnologia sarà pronta.

Ma ora, la previsione dovrà essere rivista. Al rialzo. I vent'anni potrebbero diventare cinquanta o forse cento. Non solo e non tanto per motivi tecnici (che continuano a esistere). Ma anche e soprattutto per motivi di bilancio. I costi del progetto ITER (International Thermonuclear Experimental Reactor) per la costruzione della prima centrale termonucleare sperimentale capace di produrre più energia di quanta ne consumi sono lievitati sono triplicati rispetto al 2006, hanno superato i 15 miliardi di euro. E si fa fatica a trovarli, di questi tempi.

Ma andiamo con ordine. La prova che la reazione di fusione termonucleare con liberazione di energia sia possibile l'abbiamo, ogni giorno, davanti nei. È con questa reazione che il Sole illumina e riscalda il sistema solare da quasi 5 miliardi di anni. È con questa reazione che miliardi e miliardi di le stelle illuminano gli spazi, altrimenti bui, dell'universo. La reazione sul Sole consiste, essenzialmente, in due nuclei di idrogeno dotati di un'energia cinetica sufficiente a vincere le forze di repulsione colombiane (i nuclei di idrogeno hanno una carica positiva) che si avvicinano così tanto da fondersi, producendo un unico nucleo di elio. La reazione di fusione nucleare libera una quantità enorme di energia. Tanta da consentire non solo al Sole, dotato di enormi riserve di idrogeno, di autosostenerla, ma anche di illuminare e riscaldare una larga fetta di spazio intorno a sé (il sistema solare, Terra compresa).

Anche l'uomo ha acquisito la capacità di produrre una reazione di fusione nucleare a catena. Sono ormai sessant'anni, infatti, che ha riprodotto sulla Terra la reazione solare e ha realizzato la cosiddetta bomba H: la bomba a fusione mille volte più potente delle bombe nucleari a fissione che hanno distrutto Hiroshima e Nagasaki. Il guaio è che sappiamo come produrre la reazione, ma non come controllarla.

Affinché i nuclei di idrogeno possano fondersi occorre che siano dotati di molta energia: equivalente a milioni di gradi. In un reattore nucleare a fusione controllata, dunque, occorre raggiungere stabilmente questo ordine di temperatura. Il guaio è che non esiste contenitore materiale al mondo capace contenere un gas così caldo senza fondere a sua volta. Il ferro, per esempio, fonde a circa 1200 °C. Il platino a 2.000. A 5.000 gradi non c'è atomo conosciuto che riesca a trattenere elettroni intorno a sé. In altri termini, in un reattore a fusione la temperatura deve raggiunge valori un migliaio di volte più elevati di quelli che la materia ordinaria riesce a confinare. Occorrono pareti non materiali, dunque. Pareti magnetiche, per esempio.

ITER è, infatti, un reattore a sconfinamento magnetico. Ma uno dei problemi è proprio questo: riuscire a produrre in maniera stabile e sicura campi magnetici così elevati da tenere confinato in uno spazio ben limitato un gas a milioni i gradi che, a sua volta, emette energia la quale deve essere controllata e utilizzata per produrre energia elettrica.

Non è facile. ITER deve dimostrare che è possibile. Il progetto esiste da svariati anni (almeno dal 1990) e più di recente è diventato internazionale, con la partecipazione dell'Unione Europea (che si è accollata il 45% delle spese), oltre che di Stati Uniti, Russia, Cina, India, Corea del Sud e Giappone. Il reattore deve essere costruito nei pressi di St-Paullès-Durance, in Francia.

Il progetto è stato più volte rivisitato. E anche ridimensionato: nella forma e nel budget. Finché, nel 2006, si è calcolato che sarebbe stato realizzato entro 10 anni al costo complessivo di 5 miliardi di euro. Una previsione che si è dimostrata, ancora una volta, troppo ottimista. Nuove analisi tecniche ed economiche, consigliano di rivedere il progetto nei tempi, nei modi e nel budget. Quest'ultimo, in particolare, sarebbe davvero esploso. Secondo alcune indiscrezioni, raccolte dalla rivista scientifica Nature, sarebbe lievitato fino a 15 miliardi di euro. E in una memoria fatta circolare lo scorso 5 maggio, infatti, chiede ai suoi 27 stati membri di trovare complessivamente 7,2 miliardi di euro per ITER: e 7,2 miliardi sono il 45% di 16 miliardi, appunto.

Nascono a questo punto due problemi. Il periodo per chiedere più soldi agli stati europei è il più infelice nella storia dell'Unione. Tutti, dopo la crisi innescata dal caso della Grecia, stanno tagliando i bilanci. Chi in Europa (ma anche fuori dall'Europa) è disponibile a chieder nuovi sacrifici ai propri cittadini e tirar fuori i quattrini per ITER?

Secondo: allo stato delle conoscenze, vale la pena continuare a inseguire una tecnologia dall'esito ancora così incerto e comunque così futuribile? A questa domanda si aggiungono alcune subordinate: ITER può essere ancora ridimensionato? Oppure: è l'unica tecnologia possibile per la fusione nucleare controllata? Ancora: la fusione è davvero una opzione desiderabile?

Inutile dire che molti esperti saprebbero cosa rispondere a queste domande. Il guaio è che spesso si tratta di risposte molto diverse tra loro. Converrebbe, dunque, che si aprisse una discussione più allargata e serrata. Perché nessuno può pensare di allocare in questo momento 16 miliardi di euro (7,2 per l'Europa) senza il consenso dell'opinione pubblica.

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