[17/06/2010] News

Usa: i costi della legge clima-energia sono sostenibili

LIVORNO. Secondo l'Union of concerned scientists (Ucs) le analisi svolte dall'Environmental protection agency (Epa) sull'American Power Act e pubblicate il 15 giugno «Dimostrano che la normativa ridurrebbe drasticamente l'inquinamento da global warming, ridurrebbe le spese energetiche delle famiglie entro il 2030, e aumenterebbe solo marginalmente i costi complessivi delle famiglie tra il 2030 e il 2050». L'Ucs è la più importante Ong scientifica Usa, fondata nel 1969 «Lavora per un ambiente sano e un mondo più sicuro». La sua sede centrale è a Cambridge, Massachusetts, ma ha anche uffici distaccati a Berkeley, Chicago e Washington.

L'Epa ha definito l' American Power Act «Un investimento a basso costo che potrebbe contribuire in futuro a creare posti di lavoro nell'energia pulita e ad evitare  costi molto più elevati del non fare nulla» e secondo le sue stime l'Epa, il disegno di legge presentato a maggio dal senatore democratico John Kerry e da quello indipendente Joseph Lieberman, costerebbe alle famiglie una  media tra i 79 e i 146 dollari all'anno fino al 2050. I consumatori Usa avrebbero un incremento della bolletta energetica fino al 2020, ma poi ci sarebbe un progressivo calo. L'analisi dell'Epa ha inoltre evidenziato che i prezzi per i carbon permits e per il cap and trade market proposti nella Kerry-Lieberman dovrebbero essere abbordabili: 16 - 17  dollari per tonnellata nel 2013 e a 23 - 24 dollari per tonnellata nel 2020.

Secondo il presidente dell'Ucs, Kevin Knobloch, «L'analisi dell'Epa toglie ai senatori le ultime scuse che potevano avere per non far passare una forte legislazione su clima ed energia in questa sessione. Conosciamo le cause del riscaldamento globale. Recentemente l'Accademia Nazionale delle Scienze ha detto che la combustione dei combustibili fossili è la fonte principale del cambiamento climatico. E ora sappiamo che il disegno di legge Kerry-Lieberman servirebbe ad investire in un futuro ad energia pulita a costi minimi. Questo non è sorprendente. La National Academy of Sciences ha rilevato che l'economia continuerà a crescere in modo sostanziale, anche se si tiene conto dei costi di riduzione delle emissioni. Questa analisi ha anche spiegato che cosa è in gioco se non interveniamo. Se il Congresso si rifiuterà irresponsabilmente di rispettare gli impegni assunti dall'Amministrazione al G8 e di Copenaghen, darebbe agli altri Paesi un segnale che l'inerzia è accettabile e noi saremmo in blocco responsabili di alcuni dei peggiori effetti del riscaldamento globale.

L'analisi dell'Epa dimostra che siamo già pericolosamente vicini a superare l'aumento di 2 gradi centigradi della temperatura globale, che la comunità mondiale ha fissato come obiettivo per evitare conseguenze devastanti. Quanto le temperature globali vanno in su, sono dolori. Il nostro Paese ha appena avuto un enorme disastro che non possiamo ignorare, gli americani con il cuore spezzato dal danni dello sversamento nel Golfo del Messico vogliono che il Congresso riscriva la nostra antiquata politica energetica. Oltre al danno di proporzioni drammatiche subito dalla linea costiera, la nostra obsoleta politica energetica  sta portando al riscaldamento degli oceani, a temperature globali più calde ed ad eventi meteorologici più estremi. Più a lungo il Congresso ci terrò incatenati a questa era oscura, più saranno alti i costi del cambiamento climatico. Gli americani vogliono che i loro leader nazionali adottino politiche che riducano drasticamente la nostra dipendenza dal petrolio e dagli altri combustibili fossili».

Le nuove stime dei costi fatte dall'Epa sono simili a quelle dell'analisi del 2009 sul climate bill passato alla Camera dei rappresentanti ma poi bloccato al Senato dall'ostruzionismo dei repubblicani appoggiato dal gruppetto dei democratici più sensibile alle lobby petrolifere e nucleari.

Secondo Divya Reddy, un analista dell'Eurasia Group di Washington, la cosa potrebbe essere un problema: «La linea di fondo dell'analisi dell'Epa non é molto differente da quella dello scorso anno e questo risultato moderato non farà cambiare molto i calcoli in Senato. Molti legislatori degli Stati del carbone e manifatturieri hanno ancora alcune riserve».

Probabilmente la battaglia in Senato prenderà nuova forza dopo il discorso alla Nazione di Obama che proprio il 15 giugno aveva chiesto con forza l'approvazione del disegno di legge per ridurre la dipendenza degli Stati Uniti dai combustibili fossili che ha prodotto il disastro della piattaforma offshore della Bp  nel Golfo del Messico.

Chi non l'ha presa bene sembra essere la grande industria che ha subito fatto sparare a palle di cannone dai suoi tink-tank conservatori. L'American Petroleum Institute ha detto che non adotterà una decisione sull'opportunità di sostenere il disegno di legge fino a quando la Energy Information Administration non farà una propria analisi e le Big Oil sperano che questo braccio indipendente del Dipartimento dell'energia Usa sia ancora il più libero dall'influenza dell'odiata amministrazione Obama.

Il senatore Kerry non la pensa proprio così: «Abbiamo progettato una legislazione sul cambiamento climatico e l'energia che é buona per i consumatori americani» e il leader della maggioranza democratica in Senato, Harry Reid, ha detto che vuole far passare una legge sull'energia nelle prossime settimane, anche se il tempo stringe in vista delle elezioni di medio termine di autunno e molti candidati democratici temono di affrontare questo tema nei loro collegi.

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